Recensione: Jera [EP]

Di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno - 27 Marzo 2022 - 11:01
Jera [EP]
Band: Jera
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Metalcore 
Anno: 2022
Nazione:
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75

“Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce”. Questo scrive Lev Tolstoj in Anna Karenina e queste parole, in un fantomatico salto nel tempo, dalla seconda metà dell’Ottocento arrivano fino al 2022, quasi a voler descrivere, tra significati e significanti e in modo assolutamente pregnante, il bellissimo EP Jera della band toscana…Jera.

Tra le parole di Tolstoj e la musica di Jera però c’è una grande idiosincrasia, un grande iato, una profondissima frattura in quanto il disco, al netto della comparazione, suona moderno, modernissimo. In esso si possono ascoltare tutti i trovati del genere declinati nei modi e nei tempi più moderni possibile. Certo, dall’ascolto emergono aderenze con altre band che in questa sede non è il caso di citare per evitare di ledere la grande originalità e il grande lavoro messo in atto dalla band. Anche le tematiche affrontate (nel brano Mother Of Nine per esempio), per quanto siano state abbondantemente utilizzate in chiave musicale, si rivolgono a delle gradazioni molto particolari e affascinanti, che trovano una perfetta catena di unione finanche con la copertina dell’EP. Qui troviamo la chiusura del cerchio di quanto espresso in apertura: i colori, i disegni, la musica, i testi e il cantato si attestano sempre su quella incantevole sospensione fatta di luce, ma al tempo stesso di ombre, di gelo, ma anche di calore (egregiamente irrorato dal cantato clean).

Federico Leggeri, Bruno Malevoli, Giulio Poggio, Duccio Pellati e Gabriele Mazzarri, questi gli Jera, offrono all’ascoltatore un viaggio in atmosfere affascinanti e caratterizzanti e durante l’ascolto dell’EP a volte sembra che siano stati lambiti “territori” lontani, impervi, misteriosi e imprevedibili, ma in taluni passaggi si scopre, con interessanti effetti a sorpresa, che il tutto non è così lontano e può essere visto vicino, pulsante, con una dose di umanità che rende il lavoro ancor più apprezzato e apprezzabile.

La produzione è nitida e potente. Dalle prime note si percepisce subito l’impressione di quale sia uno dei punti di riferimento della band: i grandi Breakdown of Sanity; nello specifico quelli di Perception (disco indimenticabile del 2013). Questo è manifestato a chiare lettere dalle cellule ritmiche sincopate del kick di Gabriele Mazzarri e dalle melodie e dai suoni delle chitarre.

Degna di menzione è la track Mother Of Nine, il singolo che ha anticipato l’uscita dell’EP con un videoclip davvero interessante e professionale.

Lo start è estremo per un brano che poi si rivelerà “contenitore” di tutti gli elementi caratterizzanti della band e che si potranno apprezzare in tutte le altre canzoni a seguire. Le chitarre di Bruno Malevoli e Giulio Poggi si incastrano alla perfezione e macinano riff su riff con un occhio di riguardo alla melodia.

Emerge da subito la voce di Federico Leggeri, versatile e molto potente. Il growl è espressivo e dinamico, si adatta perfettamente al contesto sonoro e risulta ancora più variegato con l’utilizzo della post-produzione (per intenderci con l’immancabile “effetto megafono” o “fuori campo”, ormai dei must in questo tipo di produzioni).

Il suo timbro clean è forse il meno personale tra i tanti di cui dispone, ma è innegabile che come frontman il Federico Leggeri ha stoffa da vendere.

Harvest ha un’introduzione ipnotica con delle chitarre in delay. La stesura iniziale lascia intendere la capacità della band di “costruire” una (o più) song in modo minuzioso e sensato, con i giusti crescendo e le esplosioni lì dove devono esserci. Questo brano si rivelerà forse il punto più alto dell’intero EP nonché il brano sicuramente più maturo.

Questo omonimo EP, uscito solo su piattafome streaming, rappresenta una prova emozionante con una grande carica. Complice il lavoro dietro il banco di Jei Doublerice, cantante dei Despite Exile e produttore/tecnico del suono presso gli Exiled Media Studio, che bilancia melodia e potenza in un mix trascinante.

I cori sono il punto di forza del brano di chiusura (al contrario del relativo finale), assieme ai chiaroscuro dinamici che gli Jera riescono a ricreare all’interno della struttura “canzone”.

Vivamente consigliato.

Jera

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