Recensione: King Kobra

Di Mauro Gelsomini - 18 Aprile 2011 - 0:00
King Kobra
Band: King Kobra
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
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73

Autori negli anni ’80 di due perle come “Ready To Strike” (1985) e “Thrill Of A Lifetime” (1986), i King Kobra di Carmine Appice cavalcarono l’onda del successo con apparizioni mainstream (MTV, colonne sonore, ecc.) fino al 1988, anno di pubblicazione di “King Kobra III” e della conseguente e ovvia separazione. Una prima reunion si concretizzava nel 2001 con l’uscita di “Hollywood Trash“, troppo mediocre per ambire a una ripresa rigogliosa, e a parte una raccolta il nome King Kobra cadde di nuovo nel dimenticatoio.

Bisogna quindi parlare di una seconda vera e propria reunion, quella del 2010, quando cioè Appice riesce a ripristinare la line-up originale, quella del 1985, con l’eccezione del singer Mark Free, che aveva cambiato sesso nel 1995 per diventare Marcie: oltre a Carmine Appice alla batteria, troviamo in formazione David Michael-Philips (Lizzy Borden), che aveva rifiutato di partecipare alla reunion del 2001, alla chitarra, Mich Sweda (BulletBoys) alla chitarra e Johnny Rod (W.A.S.P.) al basso. Difficile rimpiazzare un’ugola come quella di Mark Free, e come spesso è successo in casi analoghi, si è preferito cambiare totalmente registro. E’ infatti l’ex Quiet Riot Paul Shortino a piazzarsi dietro il microfono, e a dare il suo contributo alla terza fase dei King Kobra.

In realtà più che di ennesima nuova fase, dovremmo parlare di nuovo inizio, anche in virtù del fatto che sia stato scelto il “self-title” per il quinto album della band, quasi a voler tagliare i ponti con un passato ingombrante, il cui confronto, da ogni punto di vista, risulterebbe insostenibile per i nuovi Kobra. Del resto, a più di vent’anni di distanza dai dischi di successo – ma il discorso dovrebbe essere esteso all’intera scena hard’n’heavy nel suo periodo d’oro – riproporre il vecchio stile, anche dal punto visuale, risulterebbe a dir poco ridicolo.
King Kobra“, dunque, suona moderno, sprigiona la stessa energia dei bei tempi andati, anche se l’attitudine glam ha lasciato il passo ad un approccio più hard rock, alla Whitesnake, per intenderci.
Naturalmente è la voce di Shortino a contribuire maggiormente alla virata, grazie alla sua timbrica calda, possente e ruvida, coadiuvata da una sezione corale piuttosto importante, che trova ampia vetrina sui refrain, sfociando a tratti sull’arena rock e l’hair metal delle origini.

E’ il caso di “Tear Down The Walls“, uno dei pezzi forti della tracklist, in cui il titolo della song viene ripetuto allo sfinimento in un chorus semplice e memorabile, e la polifonia si rafforza con i numerosi unisoni, ma anche gli altri brani puntano molto sui ritornelli: la precedente “Live Forever” non ha rivali per ariosità, candidandosi prepotentemente ad highlight insieme all’altro esempio lampante della suddetta coralità, “You Make It Easy“, particolare per l’accostamento tra l’epicità delle tante voci e la malinconicità della melodia portante.
Se da una parte il King Kobra old style viene nostalgicamente privilegiato – ne sono manifestazioni la opener “Rock This House“, la successiva “Turn Up The Good Times” e “This Is How We Roll” – dall’altra si fa largo in diverse occasioni un sound più inglese, combattuto tra Whitesnake e Deep Purple, che, complici timbrica e stile di Shortino, trova terreno fertile in “Midnight Woman” e “We Got A Fever“.

La scaletta prosegue in scioltezza, senza indecisioni ma anche senza acuti da annotare, per una durata medio-lunga (i cinquantadue minuti, per un genere da sempre abituato alla quarantina, avrebbero potuto costituire l’ostacolo maggiore) per giungere alla ballatona finale, “Fade Away“, il titolo tutto un programma, che strizza l’occhio addirittura a certi Bon Jovi…

Insomma, possiamo dire il gradito ritorno dei King Kobra ha prodotto un album più che buono, mancante forse di qualche fattore non meglio descrivibile ma che avrebbe potuto elevarlo un po’ dal rischio anonimato, pur probabilmente dotato degli elementi minimi a catturare l’attenzione dei neofiti più attenti.

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Tracklist:

  1. Rock This House
  2. Turn Up The Good (Times)
  3. Live Forever
  4. Tear Down The Walls
  5. This Is How We Roll
  6. Midnight Woman
  7. We Got A Fever
  8. Tope Of The World
  9. You Make It Easy
  10. Cryin’ Turns To Rain
  11. Screamin’ For More
  12. Fade Away

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