Recensione: Kingdom of Oblivion

Di Tiziano Marasco - 21 Aprile 2021 - 9:40
Kingdom of Oblivion
Band: Motorpsycho
Etichetta: All noir
Genere: Progressive 
Anno: 2021
Nazione:
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70

Strano trovare i Motorpsycho su Truemetal.it? Sì, ma fino a un certo punto in realtà. La band norvegese in effetti ha sempre spaziato dal rock alternativo con un occhio alla psichedelia. In questa peculiare mistura di generi ci hanno dato quello che forse è il loro capolavoro, “Timothy’s monster” del 1992. Successivamente sono passati al rock alternativo mascherato da space metal (“Heavy metal fruit”). Infine sono arrivati allo psycho prog più duro e puro, e di questo parleremo oggi, per “Kingdom of Oblivion”.

La carriera dei Motorpsycho in effetti è stata sempre all’insegna del trasformismo, ma anche di una prolificità spaventosa, dato con oltre 20 album in 30 anni di carriera.

Ad ogni modo, negli ultimi anni, la band di Trondheim pare aver deciso di voler occupare lo spazio lasciato vuoto dai loro vicini di casa, gli svedesi The Flower Kings. Ciò significa “fare dello psycho-prog lisergico e, se possibile, dei doppi album o comunque dei dischi singoli che occupano quanto più tempo possibile”.

Il secondo caso è quello di “Kingdom of Oblivion”, che segue alcuni doppi ma si attesta sui 75 minuti. Al netto di questa ben nota piaga del prog moderno, veniamo alla musica, anch’essa comunque in linea con quanto mostrato negli ultimi anni dai norvegesi.

Trattasi infatti di psycho-prog di matrice settantiana debitrice molto più del sound nordamericano (Grateful Dead su tutti) che di quello europeo. Ne viene fuori un disco classicista, molto ancorato alle radici del prog e che sostanzialmente è un recupero e non un effettivo tentativo di fare qualcosa di nuovo. I risultati sono altalenanti, con pezzi ben ritmati che scorrono bene nonostante durate eccessive ed altri molto più adatti ad un acid test, con atmosfere sospese e strascinate senza il sostegno di un’autentica forma canzone.

Senza girarci troppo attorno, dunque, “Kingdom of Oblivion” ha tutti i pregi e difetti di un disco prog classicista che possiamo sentire al giorno d’oggi. Un disco tenuto in piedi dal mestiere, che nel caso dei Motorpsycho è indiscutibile e di lunghissimo corso. Un disco caratterizzato in positivo da un ottimo numero di brani di ottimo livello e viziato in negativo da diversi momenti morti. E, ribadiamo, non dice assolutamente nulla di nuovo. Se non conoscete i Motorpsycho, in sostanza, non cominciate da qui, ma da uno dei dischi citati in apertura, da “Trust us” o da “Demon Box”. Se li conoscete – e soprattutto se vi sono piaciute le ultime prove – date tranquillamente più di una possibilità a “Kingdom of Oblivion”. Difficilmente resterete delusi.

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