Recensione: Letharg

Di Daniele Balestrieri - 27 Settembre 2006 - 0:00
Letharg
Band: Fäulnis
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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69

Ascoltando per la prima volta questo “Letharg” mi è venuto in mente che tutto sommato con il black metal non ci si annoia mai. Appaiono progetti di una varietà disarmante, cosa dovuta probabilmente al fatto che non serve essere dei grandi musicisti per creare un album che funzioni.
Così un giorno viene creato un album acustico alla Kveldssanger e il giorno successivo un album come Nattens Madrigal. Chiedi a una persona qualunque cos’è Kveldssanger, e ti risponderà tutto fuorché black metal. Chiedilo a un black metaller e ti risponderà che è black metal. Chi dovrebbe essere preso per pazzo è il black metaller, e invece gli stessi creatori di un disco a tutti gli effetti “a cappella” hanno deciso che è black metal.

Con queste premesse, una volta infranto il muro del paradosso, è semplice creare album dalle infinite sfaccettature. Così arriva Fäulnis, un giovane tedesco che ha deciso di creare una trilogia di cui questo Letharg dovrebbe essere il secondo capitolo. Edizione molto curata, libretto quasi più lungo del disco e tutta una serie di testi deprimenti per lo più parlati, il tutto targato Christhunt – casa non nuova a questo genere di esperimenti.
La canzone è un lungo concept che ruota attorno a una serie di piccoli capoversi che si diversificano tra loro grazie a un approccio diverso a un genere come il depressive sucidal black metal, di per sé abbastanza canonico e autodistruttivo.
Eppure tutto m’è sembrato tranne un disco di estremo depressive, come sembra invece essere dalle parole dello stesso musicista. La prima parte della traccia si pregia di chitarre grezze e percussioni cadenzate, certo, ma il tutto è ricoperto da una seconda chitarra sonora e squillante che conferisce un senso di solitudine abbastanza benefico. Ricorda molto da vicino l’introspezione sonora di “Silent Hill”, un famoso franchise giapponese il cui tema principale scopre più o meno le stesse carte di questo Letharg, e non a caso è considerata una serie di lavori dal clima opprimente e psicotico.

Ma una traccia di 20 minuti è breve nella forma ma lunga nella sostanza, e il disco dà prova di una lenta evoluzione che porta a frammenti in cui il cantato passa da scream a vere e proprie sezioni urlate sulla falsariga dei dischi più significativi di Burzum. Prima canto quasi pulito, poi scream, poi urli, e poi lunghe parti parlate supportate da sonorità spiccatamente ambient rendono quest’unica traccia una buona cavalcata nel black metal moderno, senza punti particolarmente brillanti proprio a causa delle atmosfere dark e cadenzate, che risultano forse le meno interessanti a favore di quelle parti più “cariche” che non fanno che arricchire questo Letharg.

L’album ha il pregio di farsi ascoltare con interesse dalla prima all’ultima nota, anche se questo è un classico degli EP. Pochi contenuti consentono un’attenzione maggiore sia dell’ascoltatore che dell’artista stesso, che può rifinirne i particolari per rendere l’opera godibile e poco “letargica”, nonostante il nome proposto.
Ho constatato purtroppo che in realtà quest’album viene venduto a prezzo pieno, e sinceramente non me la sentirei di consigliare di spendere dai 15 ai 20 euro per una prova di questo tipo. Sì, è un album interessante, ma non così interessante da giustificarne il prezzo, stante la sua brevità e l’indecisione generale.
Tuttavia l’atmosfera che costruisce è abbastanza elitaria e rarefatta, e potrebbe far piacere a tutti i fans più incalliti di questo ramo del black. Per tutti gli altri, direi di trovarsi un buon amico con tendenze suicide e di farselo prestare prima di procedere all’acquisto.

TRACKLIST:

1 – Letharg: das Portrait eines psychischen Totalausfalles

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