Recensione: Light Lies
Forse molti storceranno il naso leggendo la seguente affermazione, ma i dati di fatto confermano, mese dopo mese, uscita dopo uscita, la vivacità e la consistenza di un genere spesso snobbato o peggio accantonato quale mera eresia: il metalcore. Dopo una prima ondata di gruppi che, dalla metà degli anni ’80, fusero l’hardcore al thrash, si aggiunse, a metà degli anni ’90, una buona dose di melodia di stampo swedish death metal sì da ammorbidire un po’ l’originario impatto sonoro e, contemporaneamente, rendendolo accattivante per una larga fetta di pubblico, principalmente composta di teen-ager.
Il tempo passa inesorabile e muta lo stato delle cose e quindi, anche per questo genere musicale, si sta assistendo a un terzo step evolutivo, bastato essenzialmente sullo studio di un attento equilibrio fra brutalità e melodia. Una sorta di via di mezzo fra i due orientamenti più sopra citati, spostata con decisione verso il futuro e le sue sonorità elettronico-progressiste. Una via di mezzo cui si sono infilati con coraggio e decisione, con il loro debut-album “Light Lies”, i nostrani Six-Point Lead.
La veemenza della doppia cassa di Cosimo De Nola accompagna l’incipit di “Dog Of War”, song possente, massiccia, dura, inframmezzata da inserti di tastiera, confluente in un ritornello sì melodico, sì accattivante ma non certo sdolcinato o peggio melenso. Si ha subito a che fare, quindi, con tutti gli ingredienti che formano il sound dei Six-Point Lead, compresi i micidiali breakdown, la cui presenza è assolutamente irrinunciabile in questo genere particolare. Le ampie armonie delle keys, stavolta meno cibernetiche rispetto a quelle ascoltate nell’opener, accompagnano il ritmo scoppiettante di “Red”, sferzato dalle unghiate thrash delle chitarre, compresse e stoppate dalla tecnica del palm-muting. Si percepisce molto, qui, la già menzionata sensazione di modernità, che si può materializzare in un’aurea avvolgente dai riflessi metallici, a tratti abbaglianti, sferzanti e taglienti come rasoi. Pure quando si scatenano i blast-beats come in “Altar Boy”. Del resto, non a caso, il nome dei Disarmonia Mundi, epigoni del ‘modern metal’, fa spesso capolino nella biografia di Nostri, peraltro loro concittadini. L’alternanza fra forte e delicato, dolce e aspro – caratteristica senza dubbio riuscita dello stile dei Six-Point Lead – trova un’ottima rappresentazione in “Pitch Black”, canzone struggente, dolce e delicata; sferzata a ondate dalle rabbiose harsh vocals di Benny Bianco Chinto e dalle granitiche ritmiche di Sergio Costa e Alessandro Martinengo.
Si percepisce, quindi, che il combo torinese, e questo è un merito mica da poco, riesce sempre e comunque a mantenere i nervi saldi e a proporre con costanza uno stile personale nonché ben definito nonostante il miscuglio in perenne ebollizione cui roteano linee vocali isteriche, riff spaccaossa, ritornelli catchy, cori trascinanti e ritmiche violentissime. Un miscuglio che mantiene, oltre a ciò, alcuni legami indissolubili con certe sonorità del passato che non si possono dimenticare se si vuole fare metal, come si evince dall’introduzione di “So Slow”. A proposito di tale brano, inaspettato lento in mezzo a tanta forza bruta, si possono scoprire i Six-Point Lead quali fini compositori e Benny come bravo cantante anche nelle parti in clean. In certi momenti, poi, il melodic death metal incastrato nel loro DNA diventa evidente (“Respect”), seppur sferzato dai venti secchi e aridi delle tonalità *-core. Non da meno un po’ di thrash non manca mai (“Light Lies”), con l’hardcore di “Together We’ll Rot” messo lì a dimostrare che, alla fine, davvero il metalcore la fa da padrone. In ogni caso, dato per buono tutto quanto, è con gli episodi più ragionati e introspettivi che i Six-Point Lead danno il meglio di sé. Basta ascoltare lo stupendo cyber death di “Slowmotion” e la strumentale acustica (sic!) “The Road Not Taken”, per ciò.
Davvero valido, questo “Light Lies”. È un’Opera Prima ma l’abilità artistica e la professionalità dei Six-Point Lead emergono in tutta la loro consistenza, dando la percezione di un ensemble presente sulla scena da parecchio tempo. Una larga fetta del metal sta evolvendo in armonia con il passare degli anni, assieme all’evoluzione della tecnologia. E questo progetto, seppur fermamente basato sugli stilemi di base del metalcore (e non solo), fa parte dei coraggiosi navigatori del futuro…
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Dog Of War 4:42
2. Red 4:11
3. Altar Boy 4:36
4. Pitch Black 5:08
5. Dissolve Me 4:37
6. So Slow 5:21
7. Respect 4:48
8. Divine 2:50
9. Together We’ll Rot 2:51
10. Slowmotion 4:36
11. The Road Not Taken 4:10
12. Wrong 4:28
13. Light Lies 5:34
Durata 58 min.
Formazione:
Benny Bianco Chinto – Voce
Sergio Costa – Chitarra
Alessandro Martinengo – Chitarra
Salvatore Lumetta – Basso
Cosimo De Nola – Batteria