Recensione: Love at First Bite

Di Daniele D'Adamo - 24 Maggio 2024 - 0:00

E arriva l’ora del sesto full-length, per i Cutterred Flesh. “Love at First Bite”, che segue a tre anni di distanza “Sharing Is Caring”. La conferma, semmai ce ne fosse il bisogno, di una formazione dall’approccio assolutamente professionale alla questione, consapevole dei propri mezzi, che ha ormai sviluppato un sound tutto suo.

Un sound che appare in costante evoluzione, nel suo distacco dai dettami più ortodossi del death metal, allo scopo di esplorare nuove frontiere del metallo della morte stesso. Poiché, seppure punzecchiato da iniezioni di deathcore (anche), alla fine dei conti sussiste sempre molto salda la rispondenza alla filosofia death.

Anche il contenuto dei testi, apparentemente volti al solito gore e alla macellazione, sembra abbia avuto un riflesso di originalità coinvolgendo assieme alle trite e ritrite frasi putrescenti, elementi di derivazione cosmica che ben si adattano alle note tematiche narranti annichilazioni e malattie.

L’attacco musicale è ai massimi livelli, come dimostra il ritmo spaccaossa dell’opener-track ‘Xenomorphic Annihilation: Earth Ravaged’ (nomen omen…), movimentata da mostruosi blast-beats per un ritmo assolutamente devastante. Ma è proprio in questo brano che, accanto alla furia demolitrice, assieme a cospicui inserimenti ambient in occasione del ritornello convivono segmenti melodici in cui la tensione cala totalmente per consentire l’assimilazione di istanti acusticamente morbidi e delicati.

La tendenza alla bestiale aggressione musicale è in ogni caso ribadita anche dalla seguente ‘Code of Zuurith’, occasione perfetta a uso e consumo di Jiri Krs per mostrare la sua irreprensibile interpretazione delle linee vocali affrontate sia con un growling bestiale, profondo; sia con harsh vocals da scabra, ugola sanguinolenta.

A questo punto appare chiaro che i Nostri amino unire la rarefazione di situazioni puramente atmosferiche alla compressione di una musica potentissima ma, anche, assai visionaria. Come se l’energia scaturita dall’enorme spinta della sezione ritmica fosse la soluzione per giungere in ambienti alieni, disabitati, posti su ipotetici pianeti senza vita, polverosi oppure ricoperti di ghiaccio. Ove vige la non-vita.

Non manca neppure la melodia (‘Repeated Intersexual Misunderstanding’), a rendere il mood del disco complicato da decifrare. La non-linearità dell’incedere possente della musica fa sì che occorrano molti passaggi, sotto la testina/laser, per comprendere, almeno in parte, il messaggio lanciato dal combo ceco. Un messaggio ricchissimo di frasi per descrivere un progetto votato all’imprevedibilità, seppure legato al death metal. Death metal che a questo punto si può azzardare definire progressista, data la sua tendenza a divagare continuamente dalla strada battuta di migliaia di altri act praticanti death e basta.

Così, la voglia di uscire, di scappare dai soliti cliché porta l’LP a essere un contenitore di oggetti difficili da interpretare, da discernere, da comprende sino in fondo. Circostanza piuttosto rara, in giro, giacché aumenta la longevità dell’LP stesso. Il quale, una volta approfondito nelle sue varie componenti, assume quasi il carattere di un vortice attrattivo verso il cuore del lavoro nel suo insieme, davvero variegato come un coloratissimo, cangiante caleidoscopio.

L’insieme dei brani non offre cadute di tensione o filler riempitivi: tutto è studiato per stipare quante più note possibile nei quasi quaranta minuti di durata del platter. Il che, come detto, non provoca nel modo più assoluto noia ma, al contrario, la curiosità – almeno la prima volta – di non essere a conoscenza di cosa accadrà girando l’angolo. Il songwriting è quadrato, preciso, compatto, figlio di una formazione che sa il fatto suo, molto preparata sia nell’esecuzione delle canzoni, sia nell’esternazione di divagazioni musicali di alto livello qualitativo (‘Sarkam’s Wrath Unleashed’).

Furibonde accelerazioni (‘Amanda’), asfittici rallentamenti, inaspettate divagazioni sostenute dall’elettronica, oscuri tratti ambient, attacchi feroci alla giugulare, delicate carezze melodiche. Insomma, c’è un po’ di tutto – beninteso sempre in chiave death – in “Sharing Is Caring”. Cuttered Flesh. Il nome non deve ingannare. Non si tratta di ordinario brutal death metal ma di raffinato progressive death metal. E con questo si dice tutto.

Daniele “dani66” D’Adamo

Ultimi album di Cutterred Flesh