Recensione: Magisterial Romance

Di Daniele D'Adamo - 3 Marzo 2023 - 0:00
Magisterial Romance
Band: Constellatia
Etichetta: Season Of Mist
Genere: Black 
Anno: 2022
Nazione:
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78

Il post-black, evoluzione del genere natìo a seguito della miscelazione con lo shoegaze, si sta imponendo sempre più come alternativa alle solite proposte ortodosse che, ormai, perlopiù, hanno avuto il loro tempo. Questo fatto si comprende, anche, osservando la sua distribuzione geografica che, in questo caso, fissa il punto sul Sud Africa. Paese in cui muovono i loro passi i Constellatia. Nati nel 2018, “Magisterial Romance” è il loro secondo full-length, che segue a distanza di due anni il debutto, avvenuto con “The Language of Limbs”.

Benché Citta del Capo non sia propriamente un luogo in cui ribolla la scena metal, i Nostri mostrano una notevole attitudine a interpretare un (sotto)genere che necessita, in primis, di una grande apertura mentale. Sì da generare le magnifiche atmosfere che, a parere di chi scrive, solo il post-black, appunto, riesce a definire con una chiarezza artistica senza precedenti.

“Magisterial Romance” è composto da soltanto quattro song, che durano ben oltre la media della normalità di quelle delle frange oltranziste. Oltranziste? Sì, perché all’interno di dette song non mancano istanti di grande furore, dettati, e non poteva essere altrimenti, da improvvise, furibonde sfuriate al calor bianco originate dagli impossibili ritmi dei blast-beats.

Ma non è questo l’aspetto più importante dell’LP. I brani, infatti, come più su accennato, sono costruiti in modo da generare imponenti atmosfere che assorbono senza possibilità di fuga il fortunato ascoltatore. Il mood non è esageratamente malinconico, tuttavia è attraversato, al contrario, da una robusta vena di melanconia. Forse, meglio, nostalgia. Nostalgia per la vita che spesso scorre in maniera anonima, senza sussulti, trafitta da mille e mille sofferenze. Emozione che, più di tutte, permea LP stesso.

Al fine di dar vita a questi intensi sentimenti di mestizia, è presente una non indifferente sezione dedicata alle ambientazioni, i cui contorni sono disegnati tenuemente da languidi spartiti di tastiere. A volte il dolore si fa però più intenso come in ‘In Vituperation’, traccia in cui emerge, pure, un’abbondante dose di melodia.

Il disperato screaming di Keenan Oakes, cantante nonché bassista, dà bene l’idea dei battiti nostalgici di un cuore che sanguina lacrime dal sapore di epoche passate. Eoni di non-esistenza di cui non si ha conoscenza ma che, latenti, fluttuano attorno alla complessa molecola del DNA umano. Il fatto, poi, che siano presenti due chitarristi, accresce le possibilità che l’apporto delle sei corde sia indirizzato, sia con morbidi arpeggi, sia con delicati orpelli solisti, a una migliore definizione della parte di armonico etere in cui si collocano le canzoni del disco.

Peraltro, grazie a un’opening-track funzionale all’immediato sprofondamento nell’idea musicale del quartetto africano, ‘Palace: I – Shimmering II – Sprawling’, non è difficile farsi trasportare sin a subito nel visionario universo insito nel platter. Del resto, ‘Adorn’, cui compare una voce femminile, non mette molto tempo a entrare nella mente, generando colorati sogni dominati dalle immagini di galassie lontane, sconosciute, in cui è dolce naufragare.

Ed è questo il leitmotiv che tiene su la struttura di “Magisterial Romance”: la sua facilità di apprendimento e quindi di assimilazione di una musica a tratti assolutamente di alto livello tecnico/artistico. ‘Paean Emerging’, la suite di chiusura, assomma a sé un po’ tutti questi elementi fondativi caratteristici insiti nella forza dell’immaginazione che muove i passi dei Constellatia. Perché, in fondo, un vago richiamo alla speranza per un piano di esistenza migliore di quello attuale, c’è.

Constellatia, i quali mostrano con semplicità e immediatezza che il post-black può essere un’entità alla portata di tutti e non solo agli appassionati del genere.

Per sognare…

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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