Recensione: Mental Enforcers
Quando leggo le informazioni contenute nel booklet di un album e riscontro che la formazione è composta da uno o due elementi, uno dei quali è sempre il factotum della baracca, storgo il naso in segno di disappunto. Non che sia un pregiudizio o un preconcetto, ma raramente, se non in casi eccezionali, vengo poi colpito dal genio e dalla capacità del singolo stesso. Ho sempre considerato le band un vero e proprio team, a tutti gli effetti. Un team dove ci può pure essere un unico a portar idee, ma c’è pure un gruppo di gente focalizzata sul proprio strumento, capace ed allenata, esperta alle pelli come al basso, alla chitarra come alle tastiere, e via dicendo. C’è quindi gente in grado di donare quel quid in più ai brani che alla fine caratterizza l’uso dello strumento e lo rende unico nell’insieme compositivo. E dato che possiamo ritenere il palco il più reale banco di prova, come la gestiamo la questione ‘live’? Ecco quindi l’arrivo dei soliti turnisti mercenari che poi devono sedere dietro le pelli o dietro al microfono per andare ad integrare il resto della line-up. “Mental Enforcers” è un disco nato dalla volontà di due musicisti, tali Jim e Nick ovvero i Concrete Force, duo greco autore di un thrash metal vecchio stile, uno thrash metal che oscilla tra ciò che verso inizio anni Ottanta proponevano gli Exciter piuttosto che i Raven ed i primi Exodus e Metallica. I brani hanno una struttura classica: Strofa/Bridge/Ritornello/Solo/Strofa/Bridge/Ritornello/Outro… qualche volta c’è l’accenno ad una intro. I rimandi ai grandi brani che hanno dato vita al genere ci sono tutti sopratutto a livello ‘attitudinale’, però tale aspetto compositivo, oltre ad apparire davvero fuori dal tempo, è atteso più da ragazzini di sedici anni che da adulti alle prese con un disco d’esordio. Vai poi a vedere e constati che, per l’appunto, tale album è uscito nel 2010… sapete, la speranza è sempre quella di certificare che, magari, questi brani non siano stati composti quindici anni fa e solo ora ristampati per dar onore alle passioni di gioventù. No, nulla di tutto ciò. Siamo proprio di fronte ad un disco piacevole (nulla da dire), ma ‘vecchio’ nell’attitudine, vecchio nel modo con cui è stato prodotto, vecchio nelle idee, ma uscito ai giorni d’oggi. Note positive? Il divertimento con cui si fa ascoltare, dei buoni soli e tanto flavour retrò che è possibile rivivere tranquillamente ripescando dalla propria Cd-grafia i vari “Kill ‘em All”, “Stay Hard”, “Bonded By Blood”, “Long Live the Loud” e via discorrendo… che, inoltre, con tutto rispetto per i Concrete Force, superano qualitativamente di gran lunga l’esordio qui recensito.
Una cosa è certa: in giro si ascoltano cose davvero terrificanti! In questo caso invece, ciò che si apprezza, è la coerenza con cui il duo ha affrotnato il songwriting e la maniera con cui l’ha reso fruibile. Ribadiamo: speed/thrash dal gusto ‘antico’, croce e delizia per ogni amante del sound di quegli straordinari anni che, però, nel nostro caso, appaiono davvero un troppo lontani…
Nicola Furlan
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