Recensione: Miserabilist Blues

Ci sono dischi che permettono ad alcuni ascoltatori di andare indietro nel tempo. Quest’affermazione, va da sé, vale per gli appassionati un po’ più âgé. È un sottile piacere riuscire a tornare, anche solo per tre quarti d’ora, ad un periodo della vita in cui si era (relativamente) poveri ma spensierati, inesperti e per questo ancora capaci di meravigliarsi di fronte agli eventi nuovi e inaspettati. Il dantesco ‘mezzo del cammin di nostra vita’, purtroppo, porta con sé un’insopportabile carico di concretezza e realismo che talvolta va accantonato, esorcizzato…anche solo per tre quarti d’ora, per l’appunto. Il minutaggio di “Miserabilist Blues”, opera prima del duo lombardo Boleskine House, corrisponde guarda caso a circa 40 minuti: tanto basta per riportare alla mente il Gothic/Doom Metal prodotto a cavallo tra gli anni ’90 e i primi 2000, l’impatto di un capolavoro senza tempo come “Storm of the Light’s Bane” dei compianti Dissection e le sferzate Folk/Metal distribuite nei lavori leggermente più recenti di band come gli americani Agalloch.
I Boleskine House hanno piantato le loro radici creative nel fiorente sottobosco del Metal di 20/30 anni fa, come d’altronde loro stessi hanno affermato nell’intervista che ci hanno concesso a maggio del 2024. Questo è il principale punto di forza di “Miserabilist Blues”: i suoi due autori, ben lontani dal diventare meri copiatori di Opeth, Katatonia e compagnia bella, riprendono le fila del discorso interrotto da questi ed altri maestri per adattarle alla contemporaneità. Il risultato è un’opera potente e malinconica, rispettosa del passato ma perfettamente incastonata nel presente, sia per quanto riguarda la struttura poliedrica delle canzoni che dal punto di vista dell’efficace produzione musicale. La tracklist di “Miserabilist Blues” contiene ‘soltanto’ 4 brani, scelta quantomeno coraggiosa in un mondo che sembra privilegiare la brevità di short, reel e post da leggere in una manciata di secondi. La durata dei due brani più corposi, “A Place to Mourn Forever” e la maestosa “Black House Painters”, non deve però spaventare i potenziali ascoltatori. I Boleskine House sono stati molto attenti a garantire una grande varietà nell’esperienza di ascolto: ciò appare evidente non solo ascoltando le tracce ‘di produzione propria’ ma anche quando si arriva all’ultimo brano del disco, una cover a dir poco spiazzante. Dopo averla scelta con cura “When You Sleep” dei My Bloody Valentine è stata opportunamente sviscerata e stravolta, in modo da presentare al pubblico una canzone che, in modo deliziosamente paradossale, riesce ad estremizzare il materiale originale rispettandone contemporaneamente il contenuto.

Gli amanti della velocità e della veemenza sonora non si preoccupino, c’è un occhio di riguardo anche per loro. Le partiture musicali estreme più ‘tradizionali’ inserite dai Boleskine House nei loro brani, oltre a ricordarci come la concitazione sia parte integrante dell’esistenza, vengono bilanciate da strofe e ritornelli più dilatati, attimi in cui è possibile prendere tempo, camminare lentamente, fermarsi di tanto in tanto. Ogni volta in cui gli inserti ritmici in blast beat sembrano tenerci impantanati nella frenesia dei tempi attuali, sappiamo che ci sarà un momento in cui la salita si trasformerà in un tratto pianeggiante: è in quel momento che passeremo accanto alla ‘fatiscente e oscura’ Boleskine House. Ci fermeremo, sentendo il bisogno di seguire la fascinazione verso il mistero e l’oscurità che sembra venire evocata dal secondo brano di “Miserabilist Blues”, “Need”, o preferiremo proseguire privandoci di un’esperienza intima e catartica? Io ho fatto la mia scelta; se vorrete seguirmi ed esplorare questo lugubre ‘non luogo’ mi troverete lì a tenervi aperta la porta. Buon ascolto!

|
|
