Recensione: Moonfog – Crusade from the North

Di Daniele Balestrieri - 31 Marzo 2005 - 0:00
Moonfog – Crusade from the North
Band: AA. VV.
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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77

Leggendaria label del black metal norvegese più elitario e intransigente, la Moonfog ha sempre regalato ai propri fans delle vere e proprie opere d’arte che l’hanno elevata a pieni poteri nell’olimpo dei nomi più significativi del panorama estremo Scandinavo. Oltre alle innumerevoli opere sfornate nella loro singolarità, i prodi norvegesi hanno sempre avuto la buona abitudine di creare delle raccolte personali con il materiale tratto dalle loro band di punta. Questa non è di certo una novità, comunque – moltissime label lo fanno, a iniziare dalla Nuclear Blast fino alla Relapse o alla Black Mark. E non ci sarebbe nemmeno motivo di recensirle, se non fosse che la Moonfog ha fatto molto più che semplicemente vendere una raccolta di gruppi casuali – la loro minuziosità ha impreziosito la compilation che mi accingo a illustrare di finezze da veri e propri cultori, pezzi che difficilmente non faranno gola ai black metallers di un certo retaggio, ai quali mancano determinati tipi di sound da ormai troppo tempo.

Crusade from the North è un doppio CD ottimamente prodotto e pubblicato all’inizio del 1996 – uno dei periodi d’oro della label di Nesoddtangen, il periodo di preparazione all’uscita del sommo Nemesis Divina dei Satyricon e momento in cui si erano affermati quelle gemme di crudele poesia di Panzerfaust e Nordavind, rispettivamente di Darkthrone e Storm, proprio quel momento in cui Fenriz dava sfogo a tutte le sue abilità represse affermandosi come uno dei signori del Black norvegese. L’album – uscito anche in uno splendido doppio vinile in gatefold, contiene diverse canzoni largamente conosciute al grande pubblico e alcune chicche imperdibili.

Senza indugi il primo CD comincia con “Ravnajuv” dei Darkthrone – ma attenzione, non la versione comune di Total Death, piuttosto una versione completamente rimaneggiata appositamente per questa compilation. Chitarre in risalto, registrazione ai minimi storici (come si conviene ai Darkthrone) e una linea vocale leggermente diversa – questa è ciò che definisco un’ “uscita di culto”, specie in un campo dove la voglia di vecchio è sempre molto accesa. Si prosegue con la mai troppo lodata “Oppi Fjellet“, manifesto anticristiano di Fenriz e Satyr reso famosissimo da Nordavind, per arrivare alla prima traccia da brividi: “Oppunder Skrent og Villmark“, la “traccia perduta” di Nordavind. Mai pubblicata fino a quel momento, e assente dal full length, questa canzone ricalca fedelmente lo stile del capolavoro degli Storm con una melodia tenue e ingannevole, introdotta micidialmente da una Kari Runeslatten in forma smagliante, quattro minuti che incanteranno coloro ai quali mancano in maniera distruttiva quei momenti magici degli Storm – ascoltarla vi ghiaccerà la schiena a forza di brividi. Dopo un “Taakeslottet” proveniente direttamente dalle vorticose oscurità di Dark Medieval Times, alla Moonfog hanno pensato di dare risalto a uno dei CD più peculiari delle loro schiere, ovvero Transmission from Empire Algol dei Neptune Tower. Forse non molti conosceranno questo peculiarissimo side-project di Fenriz, ma anche se di nicchia posso dire senza ombra di dubbio che mi ha rapito come pochi. I Neptune Tower si presentano come un progetto totalmente strumentale/elettronico/sintetico con una storia alle spalle davvero interessante – si dice in pratica che Fenriz abbia sognato una notte di comunicare con un pianeta distante anni luce dalla terra – un tale Impero Algol. Pare quindi che abbia tentato di mettersi in comunicazione con gli abitanti di questo luogo creando le tracce del CD “Transmissions from Empire Algol“. Con un colpo di scena, tra l’altro, nella prima traccia, “First Communication – Mode Direct” – assente purtroppo in questa compilation – il pianeta gli risponde con determinate armoniche, creando uno dei punti più ispirati dell’intero CD elettronico. Qui possiamo ascoltare la seconda traccia di Transmission, ovvero “To Cold Void Desolation” – alcuni minuti di immersione ambient-sintetica quasi totale, allo scopo di ricreare quell’atmosfera siderale che non dispiacerebbe sicuramente a prodi pionieri dell’ignoto come Vintersorg. La caotica “Hordes of Nebulah” da Panzerfaust, al tempo appena uscito, continua la parata di capolavori mentre ci si prepara per un’altra hit non indifferente. Trattasi di “Born for Burning“, una canzone mai pubblicata che lo stesso Quorthon dei Bathory scrisse esclusivamente per i Satyricon, un rarissimo incontro di geni come fu Quintessence (di Panzerfaust) con il Conte Burzum, canzone davvero incredibile, forse la più demoniaca di Nocturno Culto. Chiude il primo CD la funebre “Tiden er en Stenlagt Grav” da Fjelltronen dei Wongraven, altro side-project ambient di Satyr e soci.

Il secondo CD, memore di tanto sfarzo appena trascorso, si apre con la rarissima “The Night of the Triumphator” dei Satyricon, che gli annali vogliono uscita solamente come bonus nel digipak di “The Forest is my Throne”, una canzone che si apre con dei gemiti abbastanza espliciti e prosegue con le classiche staffilate dei tempi più gloriosi dei Satyricon, tra scream assolutamente satanici e gorgoglii di chitarre e percussioni, ben imbrigliate in quella vena particolarmente melodica che da sempre ha caratterizzato la creatura di Satyr e compagni. Si prosegue con la gemma di Høstmørke, Neslepaks, ben conosciuta dai fans di vecchia data degli Isengard – grande conclusione della trilogia folk voluta dall’eccezionale binomio Fenriz – Satyr.

Altro giro, altra meraviglia: la Moonfog ci presenta un mix alternativo di Noregsgard, una delle canzoni più complete di Nordavind degli Storm. La produzione è leggermente cambiata rispetto alla versione ufficiale, e non si può non godere di quel riff tanto simile a quel capolavoro di Quintessence – i fans degli Storm sanno esattamente ciò di cui sto parlando e capiranno la grande importanza che ha un’altra goccia di Storm nell’immenso mare di rimorso per non aver avuto dell’altro da questa grandiosa band. La differenza dalla versone normale non è molta, ma la forza espressiva è completamente invariata – inoltre i più attenti noteranno la flebile presenza corale di Satyr, assente nel Noregsgard di Nordavind.  Segue “Dominions of Satyricon“, direttamente da The Shadowthrone, e “Green Cave Float“, incalzante ruggito da Goatlord, al tempo ancora non uscito e quindi di grande valore per gli acquirenti del 1996. Si prosegue senza sosta con “Caravans to Empire Algol“, seguito lungimirante del concept di collegamento tra i due mondi, che vede gli alieni e gli umani fare il primo contatto nel secondo, omonimo CD dei Neptune Tower. Come se non fosse abbastanza un’ultima gemma impreziosisce e completa il panorama musicale dei compianti Storm con la prova di studio della celebre “Mellom Bakkar og Berg“, rivisitazione stentata e genuina dell’antichissimo canto popolare patriottico norvegese, qui ancor più greve e sintetica della versione ufficiale su Nordavind. Chiude tanta emozione “Skyggedans“, la danza delle ombre, dei Satyricon, in una nuova versione totalmente diversa e mai pubblicata.

Crusade from the North è davvero un funesto bracciale di gemme di valore infinito, una grande raccolta di successi e amenità interamente targati Moonfog. Non è la solita compilation, badate. Troverete retaggi di un passato ormai quasi completamente obnubilato e scolpito nella leggenda, insieme alle fugaci creature fino a quel momento rimaste chiuse nei cassetti, nelle bare e nei DAT di uno degli studi più leggendari del Black norvegese.

Blasphemy be Thy Name, Moonfog.

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