Recensione: Mordbear
I Mordbear sono tre cupi personaggi provenienti dal Portland, Oregon, dediti ad uno Stoner anni ’90 genuino ma non portato all’eccesso e di ampia fruibilità, ben espresso nel loro omonimo e primo EP, con il quale hanno deciso di farsi conoscere.
Extended Play che si fa notare subito per la sua copertina: un dipinto che mostra, con tratti indistinti, una tranquilla famigliola stesa su un prato durante un pic-nic. Un paesaggio tranquillo, dai tratti bucolici, se non fosse per la montagna che sta sullo sfondo, la cui vetta, confusa tra le nuvole ed il cielo terso, diventa un orso mostruoso e feroce pronto a mordere. Non si sa se l’orso sia lì per difendere la famigliola o per attaccarla, interrompendo in modo violento il loro momento felice … una visione che può dire molte cose …
Come musica la band si riallaccia, come da “manuale dello Stoner”, essenzialmente all’Hard Rock ed alla psichedelia degli anni ’70, con richiami a Pentagram e Black Sabbath (e quando mai!), mentre i paragoni con qualcuno di più moderno si possono fare con gli statunitensi Sleep e Om o con gli inglesi Acrimony.
Riff duri, pesantemente rallentati e plumbei si intrecciano con linee melodiche dai tratti lisergici e confusi, generando un’atmosfera carica di riverbero ansiogeno ma anche di determinazione.

I passaggi emozionali sono decisi ma ben bilanciati, ulteriormente raffinati dal tappeto sonoro tessuto dalle potenti e caustiche linee del basso, da un cantato pulito, ma dall’anima ipnotica e dall’acidità degli assoli.
Le tracce proposte sono tre, ognuna con la sua identità, dal blues nero ed estenuante di ‘Like the Dead’, all’acida ruvidezza di ‘A Mirror With a Sea of Flames’, all’andatura allucinogena che si trasforma in potenza oscura di ‘The Alchemist’, ma comunque legate da un clima opprimente e sommesso, dominato dall’ignoto.
Riassumendo, il sound dei Mordbear crea paesaggi desolati e dai contorni sfumati e confusi ma alquanto dinamici tanto da far venire il dubbio che siano reali.
Come testi, non c’è un filo conduttore che lega le canzoni: ‘Like the Dead’ è stata ispirata dalle teorie di un veterinario hippie sul riscaldamento globale, sui pipistrelli rabbiosi e su un’epidemia di zombi nella California meridionale, ‘A Mirror With a Sea of Flames’ racconta delle esperienze che l’assunzione di droghe psichedeliche provocarono a Ken Kesey ed ai Merry Pranksters durante i loro viaggi per gli Stati Uniti dentro uno scuolabus vivacemente colorato e descritte nel libro ‘The Electric Kool-Aid Acid Test’ di Tom Wolfe, mentre ‘The Alchemist’ è essenzialmente una parabola moderna e inquietante sull’autotrasformazione e il costo dell’ambizione in un mondo capitalista. Dalla psichedelia anni ’70 alle tematiche Heavy Metal sul lato oscuro dell’uomo, in pratica.
Concludendo: anche se tre brani sono un po’ pochini per riuscire a capire le potenzialità creative di una band, questo EP dei Mordbear è, comunque, un bel disco interessante, che riesce a mettere addosso abbastanza curiosità per attendere un album completo e vedere cosa succede.
‘Mordbear’ è disponibile da giugno 2025 via Dipterid Records.
