Recensione: Mothersheep

Di Fabio Vellata - 28 Aprile 2012 - 0:00
Mothersheep
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Anno: 2012
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71

Non passerà certo alla storia per la bellezza dell’artwork, tuttavia, l’interessante debut album dei lombardi Bones & Comfort qualcosa di buono da offrire pare proprio averlo, compresa una sostanza musicale di discreta levatura ed i caratteri peculiari di un gruppo proiettato verso uno sviluppo artistico non certo immobile e fermo su posizioni troppo rigide.

Parola ultimamente utilizzata ovunque come un mantra ipnotico ed ossessivo, quella della crescita è una formula che ben si adatta alla descrizione del processo evolutivo posto in essere dal trio italiano, già conosciuto con un buon demo d’esordio nel corso del 2009 e passato, dalla semplice e generica classificazione di Southern Rock band ad un qualcosa di più complesso ed articolato, espresso in strutture musicali fornite di maggiore ricchezza di contenuti e da toni stilistici più ampi e diversificati.

Gli anni intercorsi tra la pubblicazione dell’ironico “In Fat We Trust” e dell’altrettanto beffardo “Mothersheep” hanno, infatti, portato in dote – oltre ad un deal con l’attenta Go Down Records – maggior consapevolezza delle proprie capacita e solida esperienza, elementi basilari che, uniti ad un pizzico di voglia di osare, si sono rivelati determinati nel completamento di una serie di brani dalla forma tutt’altro che “essenziale” e disadorna, animati da una complessità di sfumature quasi antitetiche rispetto al modello del puro e semplice rock n’roll ambito da Daniele Murroni e compari alla fondazione dei Bones & Comfort.
Riferimenti sempre più marcati alla psichedelia ed allo stoner, entrano ora in simbiosi con atmosfere talvolta opprimenti, in cui i pesanti riff orchestrati dallo stesso Murroni si pongono a metà strada tra i classici e sempreverdi (o “sempreneri”, questione di punti di vista!) giri dei Black Sabbath ed il groove metal torrido e sbuffante dei Black Label Society.
Banjo, Slide Guitar e situazioni polverose in stile deserto del vecchio West, rivestono poi le composizioni di quell’aura sudista che alimenta un certo fascino “ruvido” e selvaggio, completando la ricetta di un disco che nella produzione un po’ fangosa, grezza ed imprecisa e nella voce sempre più “ozzyana” dell’onnipresente Daniele Murroni, trova ulteriori ed insoliti motivi di appeal.

Non certo adatti per un passaggio “usa e getta”, i pezzi composti dal terzetto, qualora assunti senza buona predisposizione per il genere o tramite un ascolto rapido e superficiale, potrebbero apparire un pelo pesanti ed indigesti.
Il dinamismo tuttavia, non manca per nulla: tracce veloci, imbevute di un rock potente e scavato nella pietra come “We Choose Who Will Stand”, “Road Pizza” (probabilmente i due episodi migliori tratti dal demo del 2009) e “Tex Mex” lo dimostrano con dovizia di particolari.
Anche se, in tutta onestà, non paiono affatto mal proposti pure il feeling delle più ragionate e suggestive “Take Some Pills” e “No Country For Musicians”, insieme ai momenti vagamente psyco-stoner di “My Crusade” (best track del disco vicina allo stile degli svedesi Mustasch) e della conclusiva “Orange Blossoms And Four Swans”, riassumibili come quanto di meglio proposto dai Bones & Comfort nel loro interessante cd d’esordio.

Non è senza dubbio un genere di “massa” o destinato al grande pubblico, quello proposto da Daniele Murroni, Alberto Trentanni e Luca Romano.
Va detto però che, pur movendosi negli ambienti ristretti ed angusti del southern-stoner, “Mothersheep” dimostra di avere le carte in regola per offrire qualche valido motivo d’interesse ai (pochi) seguaci di questa particolarissima branca del rock duro, ermetico e spigoloso, eppure tutt’altro che “ignorante” e privo di significati.

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Tracklist:

01.    We Choose Who Will Stand
02.    Tex Mex
03.    Isaac’s Wife Song
04.    Unbalanced
05.    Road Pizza
06.    My Crusade
07.    Take Some Pills
08.    No Country For Musicians
09.    Inhale
10.    Orange Blossoms And Four Swans

Line Up:

Daniele Murroni – Voce / Chitarra / Banjo
Alberto Trentanni – Basso
Luca Romano – Batteria

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