Recensione: Nattfödd

Di Daniele Balestrieri - 30 Aprile 2004 - 0:00
Nattfödd
Band: Finntroll
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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90

Dopo un anno dall’uscita del controverso Visor om Slutet e dopo appena un mese dall’uscita dell’EP di Trollhammaren, le foreste si popolano nuovamente di creature selvatiche e assetate di sangue: le sguaiate voci dei troll riecheggiano a gran voce, e trascinano con loro la nuova, potente fatica della tribù che si cela dietro ai nomi di Wilska, Tundra, Trollhorn, Beast Dominator, Skrymer e Routa: benvenuti in Nattfödd, dichiarazione di guerra dei finlandesi Finntroll.

Abbandonata come promesso la vena malinconica ed epica di Visor om Slutet, i sei troll ritornano nei Sundi Coop di Savonlinna per passare l’inverno tra fiumi di glögg, idromele, birra, e registrare tra una sbronza e l’altra il loro quarto lavoro, Nattfödd (=nato nella notte). Senza molti giri di parole è innegabile quanto Nattfödd rappresenti la consacrazione di questo strano ibrido tra black, folk, thrash e massicce dosi di humppah-pojka, quel genere folkloristico indigeno in cui la ritmica allegra e i turbolenti cori scandiscono canzoni solitamente brevi ed esplosive. Tralasciando il terzo episodio scaturito dalla drammatica morte di Teemu “Somnium” Ramoiranta, ci si chiedeva cosa avrebbero fatto i Finntroll dopo il greve Midnattens Widunder e l’eccellente Jaktens Tid, e soprattutto se sarebbero stati in grado di gestire l’eredità e l’incombenza di essere pionieri e creatori di un ennesimo sottogenere del metal finnico, così diverso e personale rispetto ai generi equivalenti scandinavi e mondiali. Per produrre un lavoro del genere, sottolinea spesso Trollhorn – tastierista/portavoce dei Finntroll e chitarrista/tastierista/mente dei Moonsorrow – non bisogna avere Dio alla voce e Malmsteen alla chitarra: bisogna essere troll nell’anima. L’attrattiva principale infatti dei loro lavori risiede nello spirito dei testi, nella forza devastante di chitarre incalzanti e violente, nelle sezioni ritmiche a volte cadenzate a volte quasi thrash, nelle tastiere trascinanti e nei cori goliardici, possenti ed esplosivi.

Chi aspettava fremente un bis di Jaktens Tid, per quanto sospettabile, rimarrà piacevolmente sorpreso. Al costo di un piccolo calo generale di velocità e aggressività, Nattfödd ha guadagnato una varietà significativa rispetto ai predecessori; ogni canzone brilla in solitudine per struttura musicale, significato e carica emotiva. Ciò a cui hanno essenzialmente puntato stavolta i Finntroll è il sottolineare tutto ciò che di grottesco esiste nelle leggende scandinave, a cominicare dalle figure stesse dei troll e a proseguire nei temi musicali che puntano a incutere terrore, oppressione e violenza, tutto in chiave a volte goliardica, a volte epica, a volte agghiacciante.

E agghiacciante è proprio la traccia di apertura, “Vindfärd“, una delle mie intro preferite in assoluto, in cui troneggia una minacciosa tempesta di vento, tra i cui sibili ed echi profondi si ode una voce lontana e solitaria che urla senza fiato, senza ricevere risposta, finché le chitarre di “Människopesten” non spezzano l’atmosfera da brivido con l’inaugurazione dello “stile Nattfödd”, ovvero la solita ricetta che vede un tappeto di chitarre sormontato da riff di tastiera estremamente “catchy” e la calda, disarticolata voce di Wilska, il cantante erede dello sfortunato Katla, che ringhia, gorgoglia e sputa le tetre strofe di una canzone che parla di un’armata di troll che caccia via la “peste umana” tingendo le campagne del sangue dei morti. La scia di sangue continua con “Elytres“, canzone già osannata e acclamata dal pubblico come una delle hit dell’album, che riprende in un certo senso la formula di Midnattens Widunder e di Rivfader, di cui è seguito diretto, con la solita partenza di un riff tumultuoso, da tango medievale, subito assorbito da un violento tamburellare di chitarre e batterie, mentre continua in sottofondo il silenzioso fiume di tastiera, che trascina via la canzone a tratti violenta, a tratti epica, grazie a sapienti cori inseriti ad hoc, che riempiono l’aria fino alla seguente “Fiskarens Fiende“, forse il punto più alto dell’album e mia preferita in assoluto, che apre una serie spaventosa di canzoni che gareggiano per diventare le migliori del proprio genere. Fiskarens Fiende getta l’orda dei troll in mezzo al mare, che proprio a causa del solcare delle loro navi diventa un “Döde Havet”, un mare della morte, e tra schiamazzare di gabbiani, sciabordii di onde e cori goliardici terrorizza l’intera costa abitata dagli umani costretti a morire e a fuggire sotto l’incalzare dell’orda danzante delle creature della notte. Vera bomba da live, che lascia spazio all’altra canzone che promette faville in sede live, “Trollhammaren“, selezionata per essere pilota dell’EP dallo stesso nome, che mostra un violento incedere di troll che abbattono i propri martelli con potenza mentre si gettano urlanti lungo un dirupo, trascinando via rocce, alberi e villaggi umani. Come se non fosse sufficiente, la povera stirpe umana è nuovamente gettata nel panico dalla title-track, “Nattfödd“, una delle canzoni più articolate e mature dell’album, che lascia spazio a fraseggi di tastiera e di chitarra di ottimo gusto tecnico, un picco musicale in cui possiamo solo intravedere le forme dei troll tra la nebbia, mentre sorridono compiaciuti della manifestazione di onnipotenza dimostrata dal passaggio tanto naturale dalla feroce e insensata carica a una espressione più matura e introspettiva del loro genio musicale, tra urli in puro stile Emperor e riff di tastiera degni di un film dell’orrore. Ma un troll pensante è un troll morto, e Nattfödd scivola nell’uragano “Ursvamp“, canzone già distribuita nel dicembre scorso come antipasto, in cui ci viene mostrata con una violenza musicale tra il thrash e il death la palude primordiale dalla quale il popolo dei troll è sorto e ha iniziato la propria carica distruttiva contro gli umani, e davvero una carica è il metodo migliore per descrivere una canzone come questa, tumultuosa come una valanga di detriti, devastante come un’onda di piena e terrorizzante come un’invasione di creature deformi. Uno stormo di uccellini separa Ursvamp da “Marknadsvisan“, conclusione della trilogia iniziata da Bastuvisan su Midnattens Widunder e proseguita da Kyrkovisan su Jaktens Tid. Tale traccia è una ricorrenza episodica molto apprezzata sia dai troll-fan che dai fans dei Moonsorrow, che troveranno al suo interno una piacevole citazione tratta da Raunioilla, in Kivenkantaja. Una traccia descrittiva, fatta solo di rumori, come fosse il sonoro di un film. Davvero tutta da gustare, e senza togliere la sorpresa darò un piccolo indizio per coloro che già sanno di cosa sto parlando: stavolta a farne le spese sono ancora una volta i due poveri preti, ora vittime di un’imboscata lungo un sentiero di campagna, nel cuore dell’estate. Appena concluso il violento intermezzo abbiamo “Det Iskalla Trollblodet“, una canzone standard per i ritmi dei Finntroll, un ritorno al loro caro humppah senza pretese, quell’humppah fatto di riff di tastiera cadenzati, brevi strofe ringhiate e lunghi ritornelli corali che inducono al brindare intorno al fuoco e al saltare senza sosta attorno allo stereo. L’album è ormai in fase calante, e i troll si permettono di divergere leggermente dal solito furore con la nona traccia, “Grottans Barn“, in cui Wilska addirittura si cimenta in una specie di cantato pulito (anche se in stile molto personale), il che trasforma questa nella canzone più lenta dell’album, canzone dalla quale emergono timidi anche dei munnharpe e dei piccoli flauti. E all’epico terminare di Grottans Barn ci viene a trovare il familiare, vecchio gufo di “Den Sista Runans Dans”, che da Visor om Slutet ha volato fino a “Rök“, outro strumentale di chiusura originariamente intitolata “Routas Vaggvisa”, che suona come una catarsi, come un sospiro di sollievo dopo tanto movimento indotto da poco più di trenta minuti di violenza trollica.

Giungiamo alla fatidica domanda, dunque: cosa c’è che non va in Nattfödd? Difficile a dirlo. Ancora una volta sono costretto a sottolineare che i Finntroll non sono musica per tutti. Le radici dell’espressione musicale di cui questa band è portavoce a livello mondiale affondano in un metal scandinavo di recente concezione: alcune similitudini musicali si possono riscontrare nel selvaggio hummpah di Onkel Tom, anche se il buon Angelripper ha come unico scopo il trangugiare più birra possibile nel minor tempo possibile; in questo frangente i Finntroll, sebbene possano sembrare simili, hanno tutto un altro spessore: attingono a piene mani da miti e leggende nordiche, hanno uno stile molto più variegato e personale, e soprattutto un’attitudine killer, troll al 100%, dimostrata anche dal furibondo, goliardico video di Trollhammaren, forse uno dei video più peculiari della storia del metal. La passione trasuda da ognuno dei trentadue minuti di Nattfödd. Non è di certo un CD adatto ai bacchettoni del metal classico, che sicuramente aggrotterebbero le sopracciglia dinnanzi a tanti suoni disarticolati e tanta innovazione.

Graziato da una produzione cristallina e da un libretto splendido, in cui i testi sono presentati come capitoli di un libro di leggende, Nattfödd è fatto per caricare di energia, è fatto per saltare, per ubriacarsi attorno a un fuoco, per correre nei boschi, per distruggere, per fissare il sole e mugugnare di dolore mentre gli occhi bruciano, Nattfödd è un esempio brillante della Finlandia emergente, che combatterà presto ad armi pari contro il metal svedese, da sempre imperante nei confronti di una Finlandia ancora troppo giovane e una Norvegia ormai troppo vecchia e stanca per proseguire la propria crociata.

Nattfödd è dinamismo allo stato puro, un miscuglio esplosivo dell’energia di Jaktens Tid, della potenza di Midnattens Widunder e della maturità di Visor om Slutet: se desiderate cominciare la vostra conversione verso il “trollismo”, questo è l’album che fa per voi, prima di ogni altro. Un passo importante nella musica, una consacrazione del sestetto Finlandese, già premiato da ottimi riscontri di critica, pubblico e vendite. Potreste amarlo alla follia per la sua energia, potreste odiarlo per l’apparenza vuota e superficiale, ma occhio: l’humppah-polka-waltzer-black-folk-viking-drunken-mayhem-trollmetal è una nuova realtà, ormai tangibile e potente: non vi resta che scegliere da che parte stare.

TRACKLIST:

1 – Vindfärd / Människopesten
2 – Elytres
3 – Fiskarens Fiende
4 – Trollhammaren
5 – Nattfödd
6 – Ursvamp
7 – Marknadsvisan
8 – Det Iskalla Trollblodet
9 – Grottans Barn
10 – Rök

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