Recensione: Necrotic Lust

Di Daniele D'Adamo - 7 Ottobre 2022 - 0:00
Necrotic Lust
Band: Consumption
Etichetta: Hammerheart Records
Genere: Death 
Anno: 2022
Nazione:
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65

Seconda prova in studio per gli svedesi Consumption che, con “Necrotic Lust”, bissano il debut-album “Recursive Definitions of Suppuration”, uscito nel 2022.

Il campo di azione è il death metal ma con una peculiarità. Che si traduce nel temine grind death. Sì, grind death come quello dei Carcass. Un sottogenere che annovera fra le sue fila pochi coraggiosi che osano mettere assieme precisione esecutiva da sala operatoria e marciume da cadaveri putrefatti.

Sì, perché non è affatto semplice far combaciare due concetti diversi se non opposti fra loro. Da una parte un sound pulito, tirato a lucido, affilato come i ferri del chirurgo. Dall’altra, un sound sporco, grezzo, acre. Due tipi di sound ben distinti che riescono a convivere sotto lo stesso tetto. A patto di mettere molta testa nell’elaborazione di uno stile pur sempre piuttosto originale, in grado – se reso personale – di consentire l’identificazione di una band con una discreta facilità.

Va da sé che raggiungere i livelli dei Maestri britannici è pressoché impossibile, tuttavia il duo nordeuropeo dà mostra di saperci fare. Anche se, appunto, si tratta dell’unione di due soli musicisti (Håkan Stuvemark: voce, chitarra, basso; Jon Skäre: batteria), il che, a parere di chi scrive, limita parecchio il raggio di azione del progetto in itinere. La motivazione è semplice: addossarsi la responsabilità di più di uno strumento implica necessariamente l’impossibilità di estrarre al massimo la gamma musicale nascosta, celata, nello strumento stesso (Quorthon a parte).

Comunque sia, il disco produce una più che buona dose di potenza, grazie, stavolta… va bene, a un batterista umano, il cui tocco, il cui feeling, il cui groove è percepibile con intensità. Il drumming di Skäre è difatti vario, possente, ricco di cambi di tempi, incurante di infilarsi nel tunnel spazio-temporale dei blast-beats. Eseguiti a velocità da allucinazione ma sempre sostenuti da una vigoria non comune (‘Twisted Shaped Reality’).

Anche Stuvemark maneggia la chitarra niente male. Sia nella robusta fase ritmica, mediante una moltitudine di riff lineari eseguiti con rapida progressione a seguire le accelerazioni del ritmo, sia nella melodica parte solista (‘Offspring Inhuman Conceived’, ‘Devices for the Sentenced’). Come spesso accade quando si ha a che fare con un cantante non di ruolo, le linee vocali sono un po’ scolastiche, anonime. Certo, sempre il buon Stuvemark scartavetra la sua ugola sino a farla sanguinare per dar luogo a un growling roco, belluino ma, in fondo, come tanti. In maniera analoga, l’assenza di un bassista titolare rende il suono dello strumento praticamente indistinguibile se non per un vago rombare in sottofondo.

Malgrado questi limiti, la coppia riesce comunque a sviscerare un songwriting all’uopo sufficiente. Le canzoni dell’LP non colpiscono più di tanto, prese a una a una. Al contrario, ascoltate nella loro globalità offrono un macigno sonoro dalla pesantezza non indifferente. Più un gioco di squadra, insomma, che il talento di due/tre singoli brani.

Concludendo non si può non riconoscere ai Consumption, anzitutto, un coraggio non comune nel voler percorrere strade irte di trappole mortali. Percorso che si snoda evitando di sfilacciare uno stile ben definito, adulto e consistente. Poi, la testardaggine nel non mutare mai lo spirito del grind death che costituisce la base, inamovibile, della loro opera.

“Necrotic Lust”: per chi ama la chirurgia e le autopsie. Contemporaneamente.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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