Recensione: Netherheaven

Di Daniele D'Adamo - 13 Gennaio 2023 - 0:00
Netherheaven
Band: Revocation
Etichetta: Metal Blade Records
Genere: Death 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Ottavo full-length per i Revocation, il quinto di fila a partire dal 2013, sintomo di una raggiunta maturità tecnico/artistica e, nondimeno, di una stabilità d’intenti d’alto livello qualitativo. Probabilmente una delle band più in forma nell’ambito del death metal, per dirla in soldoni.

Death metal non proprio ortodosso, nel senso che pesca abbondantemente nel thrash, genere che s’intreccia come le spire di un serpente a un sound violentissimo, devastante, annichilente. Preciso come lo scandire di un metronomo, reso perfetto da una produzione cristallina, equilibrata; divenuta possibile dall’appartenenza al roster di un’etichetta storica nonché super specializzata come la Metal Blade Records.

Da più parti spunta fuori il technical death metal, per indirizzare il predetto sound del trio americano in un preciso intervallo stilistico. Il che, a parere di chi scrive, non è affatto vero. Certo, la perizia strumentistica posseduta da David Davidson e i suoi due compagni d’arma è semplicemente mostruosa. Una bravura che, anch’essa, si assesta su livelli di pregio assoluto. Davidson maneggia la sei corde padroneggiandola in maniera totale. Sia per quanto riguarda lo sterminato riffing a segaossa (‘Nihilistic Violence’), sia per ciò che concerne i laceranti, fulminei, chirurgici assoli (‘Strange and Eternal’). Non sono da meno il tentacolare basso di Brett Bamberger e l’articolato drumming di Ash Pearson, per una sezione ritmica da leccarsi i baffi; estremamente potente pur anche durante le mostruose sfuriate di watt scatenate dai blast-beats.

Tuttavia, occorre menzionare nuovamente Davidson poiché si occupa anche delle linee vocali. Che interpreta, nemmeno a dirlo, irreprensibilmente. Si tratta di un un tono stentoreo parecchio scabro, la cui caratteristica primigenia è l’aggressività. Sì, perché spesso ci si dimentica che ciò che si percepisce per prima, durante gli ascolti ancora acerbi, è la voce. E il sig. Davidson spacca letteralmente l’orecchio con la sua forza, con la sua intrinseca energia, con la sua fame di timpani.

Tutti questi talenti, però, non sono convogliati in song lambiccate, esageratamente complesse, complicate sino alla noia. No, il technical death metal non c’entra nulla, con il combo del Massachusetts. Le canzoni, seppure segnate da un alta difficoltà di esecuzione, non perdono la loro caratteristica primigenia anzi arcaica: essere delle tracce con un inizio e una fine basate, perlomeno a livello embrionale, sulla classica forma-canzone del rock. Questo non deve indurre a pensare, tuttavia, che esse siano di facile assimilazione. Tutt’altro, occorrono parecchi passaggi del platter per riuscire ad assorbirle e metabolizzarle. Solo allora, pertanto, si potranno godere a tutto volume episodi energeticamente al limite della scala sopportabile dall’udito.

Menzionarne qualcuna? Perché no? La visionaria ‘Galleries of Morbid Artistry’, per esempio, tormentata da segmenti strumentali e fiondate death in piena faccia. Si rimarca nuovamente una pesantezza del suono mostruosa, quasi si potesse accostare a qualche sconosciuto elemento ubicato nella parte sinistra della tavola di Mendeleev. E la melodia? Seppure rara, c’è, come nella stupenda parte solista di ‘The 9th Chasm’, formidabile, caleidoscopico brano strumentale che, semmai ce ne fosse ancora bisogno, mette a nudo il terribile potenziale della formazione di Boston. In ultimo, ma giusto per elencare qualcosa di specifico, non resta che mettere in rilievo la fenomenale progressione di ‘The Intervening Abyss of Untold Aeons’, retta da un riff portante talmente possente e trascinante da scoperchiare il tetto di una casa in calcestruzzo armato.

In conclusione, “Netherheaven”, questo il titolo del disco, si può annoverare fra le più riuscite uscite death metal del secondo semestre del 2022. Con che, si ripete la domanda, senza risposta, del perché i Revocation siano fra gli ensemble più sottovalutati del metal estremo. Incuranti di ciò, invece, centrano l’obiettivo di essere uno dei migliori. Il che, per chi vive come loro la musica con passione infinita, è davvero quello che conta.

Daniele “dani66” D’Adamo

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