Recensione: No Cadena, no Presoni, no Spada, no Lei

Di Stefano Ricetti - 29 Gennaio 2015 - 0:10
No Cadena, no Presoni, no Spada, no Lei
Band: Shardana
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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79

Shardana è un combo HM che prende vita nel 2008 in quel di Cagliari da un’idea di due chitarristi: Fabrizio Pinna e Daniele Manca. Con l’appellativo di Shardana, nella notte dei tempi, venivano denominati i popoli provenienti dal mare che seminavano il terrore nel Mediterraneo. L’intenzione delle due asce era quella di trovare un trait d’union credibile fra l’heavy metal classico, il Viking e il Black Metal. Allo sfidante progetto aderirono sin da subito Aaron Tolu (basso e voce) e Matteo Sulis (Batteria), compattando così una solida formazione a quattro elementi.

Peculiarità dei sardi l’utilizzo, alla bisogna, della lingua Campidanese, ad esempio in brani quali Sa Battalla (La Battaglia), ispirata alla terribile sconfitta subita dagli isolani a Sanluri nel 1409, Sa Sedda ‘e su Diaulu (La Sella del Diavolo) e Bardanas (Scorribande). E’ del 2010 l’esordio tramite l’Ep di cinque pezzi intitolato semplicemente Shardana. Intensa, per quanto lo possa essere in Sardegna, l’attività sul fronte live: Heavy Sands Festival, Eventi Metallici Fest 2011 e Solk’n’Roll 2013, kermesse che li vedono condividere il palco con Destruction, Vision Divine e Trick or Treat, fra gli altri.

Seppure in regime di autoproduzione a dicembre del 2014 esce il primo loro full length, intitolato No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei (Nessuna Catena, Nessuna Prigione, Nessuna Spada, Nessuna Legge), accompagnato a un libretto professionale di dodici pagine con i testi dei brani e una bella foto della band.   

Atmosfere ventose e gelide a la Immortal di At the Heart of Winter aprono, sulle note di un pezzo senza titolo l’album, che parte in pieno, sulla scorta di chitarre assassine, con Bardanas, pezzo di Epic metal massiccio che a livello di flavour generale riporta ai connazionali Rosae Crucis.  Tradizionale e tradizionalista nella struttura di fondo la canzone che porta il nome alla band, va però dato atto ai quattro metaller di saper oltremodo alzare l’asticella, sciorinando un impianto sonoro all’altezza dei tempi attuali. Al di là del cantato in Campidanese, è volontà della band guardare oltre le barriere dell’HM classico, così come fatto, a suo tempo, dagli Amon Amarth, ad esempio. The Path of Snow sublima infatti l’ideale connubio con il pathos espresso dal combo di Johan Egg mentre Streams of Blood fonde il gusto per la velocità con la verve degli isolani, sempre su livelli di guardia grazie alla prestazione tutto cuore, polmoni e acidità da parte di Aaron Tolu, seguita a ruota dalla title track che alterna parti di testo in lingua inglese a parti in lingua indigena.

Me, the Wolf è mazzata in agrodolce, Enemies Came from the Sea espone bei duelli di chitarra senza perdere un’oncia della possanza di fondo, vagamente di matrice scandinava. Totalmente in lingua anglosassone, Retribution for a King poggia su dei riffoni riconducibili ai Sabotage nella parte iniziale e su metriche di tipologia Slayer verso metà brano. I nove minuti e mezzo scarsi di Sa Sedda ‘e su Diaulu chiudono No Cadena, No Presoni, No Spada, No Lei all’insegna di una lunga suite che porta con sé un po’ tutte le caratteristiche dei cagliaritani: epica, tradizione con qualche concessione a inserti melodici senza mai esagerare, efferatezza sonora diffusa, fedeltà al verbo e convinzione totale.

Una resa sonora di livello garantisce la fruizione di questi cinquanta minuti di Casteddu-mazzate senza controindicazioni di sorta. 

Shardana: una band che val la pena di segnare sul taccuino.    

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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