Recensione: Now – Chicago XXXVI
I Chicago, nati nel 1967 con il monicker – in versione “extended” – di Chicago Transit Authority, sono una delle più longeve formazioni della storia del pop-rock. La “rock-band con i fiati” per antonomasia, ha attraversato i decenni della propria vicenda artistica e musicale, passando dalla proposta d’una memorabile miscela di pop, rock, jazz e spruzzate di progressive, alla sterzata verso una musica più commerciale. In quest’ultimo repertorio sono state incastonate alcune ballad, ben note al musicofilo colto come all’inclita, responsabili di milioni d’innamoramenti in tutto il globo terracqueo.
Il loro progetto stilistico si è spesso sposato con le suggestioni dell’AOR, quello più raffinato, jazzato e leggero che gli esperti chiamano “westcoast AOR”. Non sorprende, pertanto, che per il loro trentaseiesimo album, dal titolo “Now”, il gremito combo statunitense si sia affidato alla label italiana Frontiers, paladina mondiale del melodic-rock, e nel cui roster sono già presenti giganti come Toto, Asia e Journey.
Fa gli onori di casa del nuovo lavoro (che è valorizzato da un originale artwork in stile optical), in apertura, proprio la title-track Now, un midtempo paradigmatico del tipico sound degli americani, i quali si destreggiano magnificamente tra armonie vocali, scrosci di fiati ed intrusioni di chitarra elettrica rock. Un ottimo incipit, quindi, che chiarisce subito che il lavoro non riserverà particolare sorprese stilistiche, ma nello stesso tempo non deluderà le attese dei fans.
Questo suono, infatti, e le atmosfere da festoso cocktail-party, tenuto magari a bordo piscina oppure su qualche lussuoso yacht (al largo di Miami o di Ostia, decidete un pò voi), spadroneggiano per gran parte del CD, da More Will Be Revealed, un soft-rock di classe dal cuore soulful, contrappuntato dai fiati e nel quale svetta un ritornello frizzante e contagioso, a Nice Girl, canzone vivace ed impregnata di un vaporoso jazz, che mette allegria come le bollicine in una colorata bibita estiva
Le stesse atmosfere si registrano in Crazy Happy, un midtempo ben incasellato nei canoni comunicativi dei Chicago, ma sempre foriero di buonumore, ed in Something’s Coming, I Know, un veloce funk-rock dal gradevole flavour.
Naked In The Garden Of Allah, invece, è una traccia elaborata e raffinata dagli umori world, e rimanda un po’ alla turbinosa fantasia ed alla libertà espressiva dei lavori degli esordi, collocandosi tra i brani più interessanti dell’album.
Tra le vette di Now, poi, si collocano indubitabilmente America, che saluta l’ascoltatore con un incipit a cappella per dar vita, poi, ad un soft-rock dal mood west-coast di classe sopraffina e d’accattivante atmosfera, e Free At Last, la quale, invece, s’ingegna tra accelerazioni funk-rock, momenti più rarefatti e soul e torridi inserti della sei-corde.
Chi si aspetta una nuova If You Leave Me Now, viceversa, può approcciarsi a Love Lives On, suadente e delicatissimo slow senz’altro emozionante ma che, comunque, non rinnova fino in fondo i fasti delle canzoni gloriose dei tempi che furono.
Altrove (si veda Watching All The Colors e Another Trippy Day, quieti soft-rock che non raggiungono particolari vette d’emozione), e, in particolare, nella seconda parte del lavoro, si registra qualche cedimento nell’ispirazione e nell’incisività, che non compromette il giudizio complessivamente positivo sull’album.
Abbandoniamoci con fiducia, allora, per la trentaseiesima volta, alla classe infinita dei Chicago, facendo con loro un tuffo rinfrescante in un sound certamente “vintage”, ma sempre impareggiabilmente stiloso e coinvolgente.
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