Recensione: Obscura

Di Vittorio Sabelli - 25 Aprile 2012 - 0:00
Obscura
Band: Gorguts
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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86

Quante volte abbiamo sentito parlare di rivoluzioni musicali? Partendo dal ‘700, ci sono state delle figure di riferimento grazie alle quali la musica si è evoluta e ha dato vita (seguito) a nuove ondate e generi, non senza causare dissapori e contrasti sociali e a volte anche politici. La lista dei rivoluzionari è lunga ma per entrare a pieno nel ‘discorso’ di “Obscura” è d’obbligo citare alcuni personaggi chiave.

Quando il tedesco Andreas Werckmeister, a fine ‘600, ‘decise’ di dividere la scala in dodici semitoni ‘uguali’, in quello che venne chiamato ‘sistema temperato’ di cui J.S. Bach esplorò per primo le potenzialità, fu uno shock per l’intero mondo musicale occidentale (anche se, tuttora, i nostri strumenti utilizzano tale metodo…). Facciamo un salto temporale e andiamo agli inizi del ‘900: lo stesso sistema temperato era giunto alla saturazione e aveva detto ‘quasi’ tutto a livello espressivo e tonale. Ecco allora che si andò alla ricerca di nuove forme espressive, che in qualche modo abbatterono ciò che era stato fino allora. La cosiddetta “Seconda Scuola di Vienna” condusse studi approfonditi sull’atonalità e la dodecafonia, con Arnold Shoenberg in primis, e in Italia il compositore e pittore Luigi Russolo sviluppò il libro “L’Arte Dei Rumori” (1913), dove la musica esplorava i suoni della vita quotidiana; quindi non più basata su armonici e tempi regolati ma su rumori veri e propri: dissonanze, ripetizioni e non certezze furono gli elementi principali del manifesto futurista. A livello ritmico/poliritmico gli esperimenti più significativi furono quelli del compositore russo Igor Stravinsky che, nello stesso anno, a Parigi, mise in scena “La Sagra Della Primavera”, ricevendo fischi e lanci di oggetti di tutti i tipi da parte di un pubblico sconvolto. Emigrò in America, dove il discorso ritmico era alla base dell’allora nascente jazz, ed ebbe un successo clamoroso. Anche nel jazz ci furono importanti rivoluzioni. La più rilevante fu messa in atto alla fine degli anni ‘50 dal sassofonista Ornette Coleman, considerato il padre del ‘free-jazz’. Non facciamoci però trarre in inganno dal luogo comune secondo cui free-jazz vuol dire «ognuno fa quello che vuole quando vuole». Diciamo subito che, al contrario, le strutture formali sono di solito ben definite anche se molto lontane dai canoni del jazz tradizionale. Naturalmente, agli inizi anche questo fu un flop ‘annunciato’. Potremmo elencare poi Richard Wagner, Jimi Hendrix, Miles Davis e un’altra decina di ‘rivoluzionari della musica’ ma facciamo un resoconto finale di quelli tirati in ballo: a distanza di anni Stravinsky ‘entra’ a pieno titolo nei programmi da concerto insieme a Mozart, Bach e Beethoven. Così come la musica di Shoenberg, i cui manuali sono oggi punti di riferimento essenziali per ogni compositore. Mentre Ornette Coleman è considerato tra i pionieri dell’avanguardia musicale e il nostro Russolo avrebbe mai pensato di aver dato il via a quel noise tanto caro ai Sonic Youth e altre migliaia di gruppi?

Tornando al presente i Gorguts sono conosciuti ai più per i primi due dischi prodotti dalla Roadrunner Records ma, a partire da “Obscura”, vengono scaricati dalla label ed ecco che la rivoluzione in ambito death metal è in atto. La folle mente di Luc Lemay, dopo la sostituzione in blocco di tutti i membri della band, mette in musica buona parte del materiale menzionato nella lunga premessa. “Obscura” è un lavoro immenso ma allo stesso tempo ostico, eclettico, estremo, soprattutto per la mancanza di certezze. Ritmicamente non riuscirete facilmente a stare in sintonia con il drumming di Robert, talmente vario e parsimonioso di blast beats, utilizzati principalmente per mettere in risalto un singolo elemento o una sezione. Le strutture formali sono vere e proprie composizioni che, come nella musica contemporanea e nel jazz d’avanguardia, sono organizzate a sezioni, ognuna delle quali ha un carattere messo in risalto di volta in volta da elementi la cui matrice rimane di stampo death/thrash. La cacofonia delle chitarre esalta l’ottimo basso di Cloutier, solitamente ‘omesso’ nel death metal, evidenziando ancor di più il discorso atonale intrapreso.

L’opener “Obscura”, in parte in latino, è declamata sopra chitarre cromatiche e atonali, che portano a una sezione doom dove Lemay mette in chiaro le regole del gioco con il suo feroce growl. Si tratta dell’unica vera certezza in campo, mentre una viola subentra per qualche istante nella successiva “Earthly Love” quasi a compensare l’aggressione subita durante tutto il brano, tra i rari momenti riconducibili agli stilemi tipici del death metal, con un ritornello che si (inculca) insinua nelle parti lontane della mente al primo ascolto. L’incipit di “Carnal State” e una breve frase di chitarra in “Faceless One” richiamano il “Can Can” di Offenbach mentre “Nostalgia”, anch’esso tra i brani più accessibili con un intro in 6/8 tipico del blues elettrico, raggiunge il climax con il richiamo del titolo da parte di Lemay, in perfetta armonia con l’atmosfera del pezzo. I nove minuti della doomy “Clouded” sono il momento clou con atmosfere da brividi cui fanno da contrasto l’aggressiva “Subtle Body” e “Rapturous Grief”, la cui sezione centrale rallentata è da spunto per un alternarsi di arpeggi, soli atonali ed effetti vari al limite del rumore armonico. “La Vie Est Prelude… (La Morte Orgasme)” include una sezione riff che (attenua) alleggerisce l’atmosfera ma subito viene sviluppata per ricondurci al filo che lega i vari episodi, come per le successive “Illuminatus” (il cui finale lentissimo obbliga le chitarre a lavorare timbricamente in maniera eccelsa), mentre “Faceless Ones” è un altro brano che ci riporta ai canoni convenzionali del genere. Riffing pesante e blast beats alternano momenti declamatori più lenti che sono il preludio alla conclusiva “Sweet Silence”, unico brano strumentale che conclude con dei colpi finali come echi di campane di lontani templi orientali.

L’unico consiglio è di non mollare: sarebbe più facile ‘tornare’ a ciò che rientra nei nostri parametri ma se per voi un’ora è troppo da dedicare a “Obscura”, vi assicuro che perderete un capitolo fondamentale dell’evoluzione di un genere che in quegli anni stava effettivamente ‘stancando’. Disco da apprezzare nella sua interezza che prende direzioni affascinanti e mai scontate: una scoperta continua a ogni ascolto, con la speranza che il tempo gli renda giustizia.

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. Obscura 4:04       
2. Earthly Love 4:04       
3. The Carnal State 3:08       
4. Nostalgia 6:10       
5. The Art Of Sombre Ecstasy 4:21       
6. Clouded 9:32     
7. Subtle Body 3:23       
8. Rapturous Grief 5:28       
9. La Vie Est Prelude… (La Morte Orgasme) 3:28
10. Illuminatus 6:16
11. Faceless Ones 3:50
12. Sweet Silence 6:46

Durata 60 min.

Formazione:

Luc Lemay – Voce/Chitarra/Viola
Steeve Hurdle – Chitarra
Steve Cloutier – Basso
Patrick Robert – Batteria

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