Recensione: Ob(Servant)

Di Alberto Fittarelli - 28 Settembre 2008 - 0:00
Ob(Servant)
Band: Psycroptic
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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78

C’erano una volta gli Psycroptic di The Scepter Of The Ancients, quel fulmine a ciel sereno che la Unique Leader aveva fatto esplodere sulle teste degli appassionati di brutal death, mostrando tutto di un colpo le potenzialità che un brutal death, scritto con l’anima e suonato con intelligenza, poteva offrire. Poi venne il passaggio a Neurotic Records, il cambio di cantante e un disco spiazzante come Symbols Of Failure: non più melodia intrecciata nelle matematiche strutture del gruppo, ma tecnica pura, asfissiante, un feeling asettico e moderno che stupì i più ma riuscì comunque a farsi amare. Ora è il tempo di un altro passaggio, quello su Nuclear Blast.

Lo so bene, gli ascoltatori di metal estremo oggigiorno rabbrividiscono a sentire parlare di Nuclear, ormai assimilata alle major della musica rock nella mente di molti; spesso lo fanno a ragione, dal loro punto di vista: quante volte abbiamo visto tentativi più o meno riusciti di annacquare l’estremismo sonoro di un gruppo finito su una label “che conta”? Ecco, si mettano pure il cuore in pace in questo caso, per gli Psycroptic non è successo nulla di tutto ciò, anzi: la ruvidità è rimasta assicurata dal gruppo tasmaniano, in tutto e per tutto.

Però… saremmo davvero ciechi (anzi, sordi) se non notassimo il robusto semplificarsi delle strutture dei pezzi, su Ob(Servant). I pezzi sono quasi (attenzione, è un quasi molto grosso) lineari, e mai ce lo saremmo aspettato da loro, diciamo la verità: il drumming impossibile di David Haley è ora in qualche modo assimilabile, e riusciamo a riconoscerne velocemente i movimenti; le chitarre sono sempre iper-compresse, come le conosciamo da Symbols, con um basso pulsante ma sempre e comunque sottomesso alle 6 corde, che si lasciano andare solo raramente alle evoluzioni melodiche con cui ci avevano tanto stupiti, quattro anni orsono.

Raramente, sì: ma a volte accade. E il primo e migliore esempio è sicuramente un brano come Horde In Devolution, dove troviamo quei riff articolati che non sentivamo da un bel po’, quel gusto della melodia “estrema” che va a creare un brano finalmente complesso ed epico, capace di staccare nettamente gli altri in quanto a impatto. Certo, non sono da meno i brani più diretti, quelli come Slaves Of Nil e il suo riffone “Morbid Angel – III millennio”,  o come le numerose continuazioni del sound di Symbols, a partire da Blood Stained Lineage. È però innegabile che per la prima volta, dopo l’inevitabile attacco alla Psycroptic, e quindi matematicamente studiato per impattare sulle orecchie dell’ascoltatore e stimolarne il cervello, i pezzi si “siedono” su strutture, come dicevamo, più semplici, più classicamente brutal death, con non pochi richiami, nelle strofe, al gruppo di Azagthoth & co.

Ma il vero punto controverso di un disco come Ob(Servant) non è in realtà fornito dagli strumenti, ma dalla voce. Questa è la prima differenza che noterete, ascoltando Ob(Servant): le vocals sono cambiate, e lo hanno fatto radicalmente. Nel tentativo di riavvicinarsi alla perduta varietà vocale, appannaggio di quel Matthew ‘Chalky’ Chalk che aveva reso enorme The Scepter Of The Ancients, l’attuale singer Jason Peppiatt ha optato per una soluzione ruvida, urlata, inusitata per il brutal tecnico e molto più vicina al thrash/death di vecchia concezione. E non si può purtroppo dire che la scelta sia stata del tutto azzeccata. Un buon 70% del disco è infatti cantato in questo modo, ma lo scontro tra i suoni chirurgici del gruppo e l’ugola abrasiva di Peppiatt ricorda un po’ quegli abbinamenti gastronomici che solo gli anglosassoni possono trovare attraenti (avete presente le patatine con la cioccolata?), e anche dopo numerosi e attenti ascolti non svanisce l’impressione che il cantante senta su di sé l’imponente ombra di ‘Chalky’ Chalk e provi ad emularne le capacità, ma senza avvicinarsi nemmeno lontanamente a quei risultati.

Siamo in fase leggermente calante quindi, inutile negarlo: gli Psycroptic sembrano aver perso quella genuina freschezza e capacità di reinventarsi che li aveva resi grandi. A dispetto di un artwork a dir poco affascinante, la musica contenuta in Ob(Servant) è a volte claudicante, anche se regala sempre una quantità prevalente di emozioni a chi ama studiare i singoli passaggi strumentali, le costruzioni comunque affascinanti dei loro pezzi. Ora bisognerà vedere su che label saranno per il prossimo disco, ma questo conta poco: speriamo solo che l’ispirazione (e magari uno stile vocale più azzeccato) tornino a farla da padrone nei loro brani.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

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Tracklist:

1.    Ob(Servant)    03:23    [mp3]
2.    A Calculated Effort    06:30   
3.    Slaves Of Nil    06:01   
4.    The Shifting Equilibrium    04:27   
5.    Removing The Common Bond    06:00   
6.    Horde in Devolution    05:21   
7.    Blood Stained Lineage    04:54   
8.    Immortal Army Of One    05:11    [mp3]
9.    Initiate    08:00

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