Recensione: Occult III

Di Daniele D'Adamo - 10 Marzo 2023 - 0:00
Occult III
Band: Atrocity
Etichetta: Massacre Records
Genere: Death 
Anno: 2023
Nazione:
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79

Con “Occult III” gli Atrocity concludono la trilogia dedicata al lato oscuro del genere umano. Si analizzano, infatti, fra gli altri, gli abissi mentali del serial killer polacco Józef Cyppek, l’evocazione moderna dei fantasmi, le macchinazioni occulte del Vaticano nonché quelle dell’ordine dei Templari. Un lavoro che ha impegnato a fondo la band ma che ne rende merito per la varietà e originalità dei temi trattati.

Band che, nel corso della sua carriera, ha abbracciato parecchi generi musicali senza mai prendere una posizione decisa. “Occult III”, invece, è un LP di death metal senza compromessi. Certo, il loro inconfondibile e caleidoscopico stile è sempre lì, a muovere le fila. Tuttavia, almeno stavolta, la furia scardinatrice è indirizzata in direzione di una precisa foggia musicale. Il death metal, appunto.

Death metal moderno, dal suono al passo coi tempi, ben lontano da forme arcaiche che, a parere di chi scrive, ne minerebbero la freschezza. Parlare di freschezza relativamente a qualcosa di morto parrebbe un controsenso ma così non è. Si tratta di un ossimoro ben riuscito, difatti, che coniuga alla perfezione elementi fortemente contrapposti. Vita e morte.

Il sound del disco è potente, massiccio, trascinante, a tratti irresistibile (‘Priest of Plague’, ‘Lycanthropia’). Gli Atrocity sono artefici di una carriera il cui inizio risale al 1988, per cui è lecito aspettarsi un prodotto dall’alto livello qualitativo dato l’enorme retroterra culturale da essi posseduto e la generazione di ben dodici full-length, dei quali questo è l’ultimo. Senza tener conto dell’… allenamento basato sui tanti generi proposti nel corso degli anni. E così è.

Non mancano imperiose orchestrazioni (‘Malicious Sukkubus’) che, oltre a scatenare visioni apocalittiche, inspessiscono un suono di per sé già titanico grazie a un lavoro ineccepibile da parte della strumentazione elettrica e della batteria. Oltre alla voce, naturalmente, del mastermind e membro fondatore Alexander Krull. Condottiero assai abile a manipolare la propria ugola a seconda dei momenti, egli corre rapidamente sulle linee vocali grazie a un growling scabro, stentoreo, possente. Anche in questa fattispecie, trattasi di un elemento mutevole canzone per canzone, assai caratteristico e ricco di personalità sì da risultare uno degli elementi portanti dell’Atrocity-sound.

Lo sterminato riffing di Micki Richter e Luc Gebhardt consente di dar vita a brani tentacolari, ben diversi fra loro, arditi nel proporre una varietà impressionante di accordi distorti e stoppati dalla tecnica del palm-muting (‘Faces from Beyond’). Unitamente a una fase solista notevole sia come presenza, sia come classe, sia come pulizia (‘Desecration of God’). Così come il drumming di Joris Nijenhuis, scatenatissimo nel pestare le pelli senza pietà, cambiando continuamente i tempi di battuta sino a giungere, invero piuttosto spesso, a trafiggere la barriera dei blast-beats (‘Fire Ignites’). Una vera macchina da guerra progettata per sfracellare i timpani senza pietà. Grazie, ultimo ma non ultimo, al lavoro rombante, rutilante eseguito dal basso di Andre Nasso.

Tutto quanto sopra spiega la riuscita di un album come “Occult III”, che gli appassionati del death metal senza paraocchi non possono assolutamente lasciarsi scappare. Un album composto da canzoni tutte interessanti che, dopo pochi ascolti, una per l’altra, si inchiodano inesorabilmente nel cervello. Citando come esempio di devastazione assoluta ma intelligibile nella sua storia ‘Cypka’, traccia spacca-colli la quale mostra, con il suo mostruoso attacco delle sei corde, come sia possibile erogare enormi quantità di energia con la massima pulizia possibile. Un devasto chirurgico. Per chiudere con un’altra hyper-fast song, ‘Teufelsmarsch’, massacro totale sostenuto da robusti rinforzi da parte delle tastiere, che sminuzza le ultime briciole di resistenza sonora.

Gran bella sorpresa, “Occult III”. Gli Atrocity, stavolta, hanno fatto maledettamente sul serio.

Maledettamente.

Daniele “dani66” D’Adamo

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