Recensione: Old Habits Die Hard

Di Carlo Passa - 3 Maggio 2024 - 10:32
Old Habits Die Hard
Band: FM (UK)
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2024
Nazione:
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80

Old Habits Die Hard è il disco che segna il 40ennio degli FM, sublime band AOR britannica capace di mantenere un livello qualitativo impressionante attraverso quattordici dischi pubblicati tra il 1986 (anno dell’imprescindibile Indescreet) e, appunto, oggi.
Ancora una volta, in Old Habits Die Hard la pulitissima voce di Steve Overland si conferma il marchio di eleganza che distingue gli FM tra mille cloni, insieme a un pacchetto di melodie, suoni e arrangiamenti che non vede alcun momento di cedimento negli undici pezzi che compongono il disco. E, forse, questa volta la band ha voluto davvero incidere solchi che fossero destinati a segnare uno scorcio importante della sua storia, essendo la composizione dei pezzi stata offuscata, prima, dalla diagnosi di cancro al tastierista Jem Davis (per fortuna, risoltasi al meglio) e, quindi, dalla morte di Chris Overland, fratello di Steve e chitarrista che fu tra i fondatori degli FM.
Out of The Blue apre Old Habits Die Hard alla grande, con quel suo mid-tempo raffinato che rimanda subito ai grandi dell’AOR, su tutti i Foreigner.
Don’t Need Another Heartache ha un grande groove che sostiene un climax ascendente di chitarre fino a scaturire in un ritornello pieno che ricorda un po’ i Dare.
No Easy Way Out è un AOR decisamente ottantiano (ed è un pregio), mentre Lost, Another Day in My World e Leap of Faith rappresentano il lato più hard degli FM. Leap of Faith evidenzia l’innata tendenza della band britannica a sviluppare melodie cristalline e mai banali, che qui ricordano quelle degli Stage Dolls. Another Day in My World, invece, è quasi teatrale e drammatica, candidandosi a meritare la palma del miglior pezzo del lotto.
California è una tipica highway song, da sparare al massimo volume mentre si corre lungo un’arteria che attraversa gli Stati Uniti. E se Cut Me Loose scorre liscia senza lasciare un gran ricordo, Blue Sky Mind coglie nel segno. Scritta da Jem Davis sulla sua esperienza di lotta contro la malattia, Blue Sky Mind ha un gran ritornello, che non smette di farsi apprezzare anche dopo numerosi ascolti e si affianca ad Another Day in My World come punto più alto di Old Habits Die Hard.
Black Water è una ballad intima e, al contempo, pomposa, capace di alternare atmosfere diverse grazie soprattutto a un arrangiamento elegantissimo che valorizza al meglio la struttura del pezzo.
Insomma, con Old Habits Die Hard gli FM non fanno che confermare quanto ci saremmo aspettati da loro anche a 40 anni dalla fondazione della band. Lo ripetiamo: non smetteremo mai di stupire del livello mostruoso della qualità delle produzioni dei britannici, musicisti e autori ancora pieni di idee, entusiasmo e dinamismo dopo tutti questi decenni. In queste band storiche mai dome si annida la linfa vitale di un genere che non smette di rigenerarsi in nuove leve che tributano di rispetto chi quel genere ha contribuito, prima, a forgiare e, poi, a mantenere vivo. Grazie, FM: vi dovremo sempre molto.

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