Recensione: One More River to Cross

Di Manuel Gregorin - 28 Gennaio 2022 - 22:08
One More River to Cross
Band: The Ferrymen
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Hard Rock  Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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75

Terzo capitolo discografico per i The Ferrymen, moniker dietro cui operano tre pezzi da 90 della scena hard rock e metal mondiale: il talentuoso vocalist Ronnie Romero – già con Lord Of Black, Sunstorm e dal 2015 approdato alla corte dei Rainbow di Ritchie Blackmore – il guru della batteria Mike Terrana – con all’attivo innumerevoli collaborazioni tra cui ricordiamo Rage, Alex Rudi Pell, Vision Divine, Metallium, Masterplan solo per citarne alcune- ed infine Magnus Karlsson (Primal Fear, Free Fall) ad occuparsi oltre che della chitarra, anche delle parti di basso, tastiere e della composizione dei pezzi.
Insomma un tridente di tutto rispetto che dopo l’omonimo esordio del 2017 seguito da “A New Evil” del 2019 inaugura questo 2022 appena iniziato con il nuovissimo “One More River To Cross“, edito come i due precedenti lavori per la Frontiers Music. Introdotto dalla bella copertina ad opera di Stan W. Decker e forte del lavoro al mixer di Simone Mularoni (DGM, Sunstorm) ci inoltriamo all’ ascolto di questo nuovo capitolo.

One Word” apre il lotto di brani con un inizio sul sinfonico andante che dopo una trentina di secondi cede il passo ad un hard rock maturo e sanguigno allo stesso tempo, con la prova vocale di Romero subito in evidenza ben coadiuvato dai compagni di avventura Terrana e Karlsson. “The Last Wave” inizia con nerbate di batteria che fanno presagire ad un brano schiacciasassi salvo rivelarsi invece, un po’ a sorpresa, un episodio più melodico ma comunque godibile. Stesso discorso per “Shut It Out” con una cadenza tendente al malinconico ed un cantato con richiami ad un certo AOR dove però si inseriscono le sciabolate della chitarra ad opera di Karlsson che, specie nella parte dell’assolo, danno più vigore al pezzo in questione.
Un’atmosfera più cupa e rabbiosa fa da cornice a “City Of Hate“, pezzo di estrazione decisamente più metallica sostenuto dal drumming preciso di Terrana e dalle ritmiche massicce di chitarra che non perdono d’occhio la melodia in particolare nell’assolo. Si resta su territori heavy anche con la title track “One More River To Cross“, dove trovano spazio degli innesti sinfonici ed una buona prestazione di Romero oltre che del resto della band. Ottimo Magnus che nell’assolo si concede dei virtuosismi di Malmsteeniana memoria. Gli innesti symphonic riaffiorano in più riprese durante l’ascolto di questo lavoro come in “The Over Side“, dove non tardano di saltare all’orecchio dei richiami ai Nightwish che vanno a miscelarsi con partiture di chitarra possenti di estrazione power ed un cantato di qualità che affonda le radici nella miglior tradizione hard rock.

Il disco scorre via piacevole, con i tre musicisti che offrono ottimo contributo alla realizzazione dei brani. I vocalizzi caldi di matrice hard rock di Romero, il drumming potente e ben calibrato di Mike Terrana ed infine i riff corposi e gli assoli precisi di Karlsson, il quale non dimentichiamo, si occupa anche delle quattro corde e delle keys

Morning Star” invece denota un andamento cadenzato con strofe voce e basso alternate dall’intervento degli altri strumenti: Romero sfoggia una prestazione che non tarderà a richiamare quelle dell’altro più illustre Ronnie già suo predecessore dietro al microfono dei Rainbow (..e se qualcuno non ha ancora capito di chi parlo c’è già pronto per lui il cappello da somaro…).
Hunt Me To The End Of The World” è invece un brano ritmato dove vengono ben amalgamate grinta melodia ed elaborate partiture di batteria. I The Ferryman mostrano ancora il loro lato più grintoso con l’oscura “Bringer Of The Dark”: altro buon assolo di chitarra ben bilanciato tra tecnica e melodia.
In conclusione abbiamo l’accoppiata “The Last Ship” dall’andatura tendente all’hard rock con innesti di testiera ed un altro buon assolo, e “The Passenger” dove si torna a sterzare verso atmosfere più oscure e pesanti in cui ci pensa ancora una volta la prestazione di Romero ad imprimere la giusta dose di melodia.

Ancora una buona prova per i The Ferryman: un concentrato di hard rock melodico con innesti metal e un buona esecuzione da parte dei musicisti coinvolti. Va anche detto, d’altro canto, che durante l’ascolto emerge a volte una certa mancanza di personalità, dovuta probabilmente al fatto che ci troviamo al cospetto di un side project di tre musicisti già impegnati in altre attività musicali ben definite.

Ad ogni modo un lavoro di valore, che pur non brillando per originalità può soddisfare molti palati.

 

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