Recensione: Orpheus

Di Marco Donè - 6 Gennaio 2015 - 11:05
Orpheus
Band: Nightglow
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2014
Nazione:
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67

I Nightglow… Ah sì, ora ricordo! La band che ha girato l’Italia in lungo e in largo come tribute band  dei Manowar. Ora, dopo essersi tolta parecchie soddisfazioni, in particolare l’aver suonato assieme a Rhino – drummer dei Manowar nel disco “The Triumph Of Steel” – la band di Modena decide di iniziare a comporre musica propria. Con “Orpheus”, lavoro che ci troviamo a trattare in queste righe, raggiungono il traguardo del secondo disco. Così, pronto ad ascoltare un lavoro che si preannuncia all’insegna delle sonorità più classiche, inserisco il cd nel lettore e schiaccio play. I miei orecchi vengono travolti da una botta di modernismo non preventivato, un modernismo che mette subito in evidenza una vera e propria sterzata stilistica rispetto al precedente “We Rise”. E’ come se ci fossimo preparati a puntino per scendere in garage pronti a cavalcare la nostra Harley ed al suo posto trovassimo una moto stradale. E’ normale rimanere un attimo spiazzati.

Ma andiamo per gradi. “Orpheus” è stato registrato ai B-Demolition Studio di Scandiano mentre mixing e mastering sono stati effettuati da Alessandro Tuvo dei Shake Well Before presso i Try Studio di Genova. Il risultato è un suono potente e moderno che ben si sposa con la nuova proposta del quintetto modenese. Una proposta che unisce l’heavy ad il thrash ed a cui si aggiungono elementi che strizzano l’occhio a certe soluzioni americane del nuovo millennio. Un mix che sforna un disco diretto ed aggressivo a cui però non manca la melodia. Se volessimo per forza fare un accostamento, il primo nome che viene in mente a chi sta scrivendo queste righe è quello degli Avenged Sevenfold. 

“Orpheus” si apre con “The Infection” che poggia su di un ottima dinamica e, nella strofa, il singer Daniele Abate alterna parti in clean vocals a parti decisamente più aggressive e “grattate”. Le due asce, Andrea Moretti e Giulio Negrini, si esprimono ad alti livelli, in particolare nella solistica. La canzone pecca purtroppo in un ritornello che non decolla. Risulta molto più coinvolgente la strofa. La traccia d’apertura ne esce così penalizzata. La successiva “Psychotropic” si apre in maniera estremamente aggressiva con le chitarre che riportano alla mente una certa “Narcosynthesis” dei Nevermore. Anche qui possiamo sottolineare gli stessi pregi e gli stessi difetti citati precedentemente. Il ritornello purtroppo funge da tappo ad una canzone dalla struttura azzeccatissima. Peccato. Con “Lead Me” i Nightglow inseriscono la marcia giusta tanto che la canzone risulta uno degli highlight del disco. Canzone che combina alla perfezione la via del modernismo intrapresa dalla band a delle sonorità power oriented. Il ritornello non solo è azzeccato, fa praticamente esplodere la canzone. Abate mette in mostra tuta la sua versatilità vocale, veramente un gran pezzo. Questa parte centrale del disco regala le soddisfazioni maggiori all’ascoltatore e così non possiamo non citare “Scream”, canzone sicuramente meno diretta della precedente e che richiede qualche ascolto in più per entrare in testa. La traccia è molto ben strutturata ed il ritornello è nuovamente vincente. Ottima la prova di Abate, forse non tecnicissimo ma sicuramente caldo, versatile. Il suo continuo cambio tra parti in clean e parti più aggressive conquista di canzone in canzone. Da sottolineare nuovamente la prestazione delle due chitarre di Moretti e Negrini.

Si continua a viaggiare su alti livelli con “Fuck You”, canzone che è stata l’apripista del disco grazie al video uscito poco prima del platter e che potete trovare qui. In questa track vive un spirito “nu” ed il ritornello, riuscitissimo, sembra ospitare echi dei Korn. Vi posso assicurare che il risultato non farà storcere il naso, tutt’altro. “Liar”, nonostante presenti una struttura ben articolata e sviluppata, non riesce a convincere come le canzoni che l’han preceduta. Da segnalare la sempre ottima prova di Moretti e Negrini. “Stay With Me” è una semiballad il cui risultato fa dedurre che questo genere di canzone non rientri nel dna della band. Una traccia che lascia poco di sé ad ascolto finito. Tocca poi a “Bloodway” che presenta un ritornello convincente ed un ottima parte solistica, pecca forse nella ritmica che sorregge la strofa a causa di una struttura più rockeggiante, che poco si sposa con quanto fin qui ascoltato. La qualità decolla nuovamente nel finale con “On My Knees” in cui tutto gira alla perfezione. Canzone meno aggressiva e più melodica rispetto alle altre che compongono il disco ma è una di quelle che difficilmente escono dalla mente. Con la finale title track si torna a pestare duro. Una strofa potente a cui si contrappone un ritornello melodico. Abate si rivela vero mattatore della canzone rappresentandola in tutte le sue anime. Degno di nota anche il duetto con Sara Cucci degli Artaius nella parte più passionale della canzone che, come si può dedurre dal titolo, tratta il mito di Orfeo. Dopo questa parte carica di sentimento, la canzone si chiude con il riconoscibile rumore di un fucile che viene caricato e la cui esplosione altro non è che la ripresa del riffing iniziale, aggressivo ed abrasivo. Una piacevole trovata! 

Ad ascolto finito, la prima domanda che ci poniamo è cosa potrebbe pensare Joey DeMaio su questa svolta. Scherzi a parte va detto che “Orpheus” è un disco che sancisce un nuovo inizio per i Nightglow. Ovviamente, essendo il disco del cambiamento, non tutto poteva girare alla perfezione ma si intravedono chiare ed evidenti possibilità di miglioramento, in particolare se i Nostri riusciranno a forgiare dei ritornelli più convincenti come ampiamente sottolineato in precedenza. Nel segnalare nuovamente l’ottima prestazione dei cinque, mi sento invece di invitare a qualche sperimentazione in più alla batteria. In qualche punto risulta un po’ troppo dritta rendendo meno coinvolgente ed ipnotico il risultato finale. Nonostante questo, “Orpheus” rimane un buon lavoro che fan ben sperare per il futuro. 

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