Recensione: Out Of Order

Di Alberto Franco - 29 Giugno 2012 - 0:00
Out Of Order
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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73

Cosa ci si deve aspettare da una band al quarto album in studio, che ha alle spalle tre ottimi lavori unanimemente apprezzati da critica e fan? È lecito attendersi un lavoro maturo e curato, insomma una prova ad altissimi livelli. Per la band in questione, i Nuclear Assault, capitanati dal feroce bassista Dan Lilker, l’evento è particolarmente importante, giacché molti illustri colleghi prima di loro non sono riusciti a raggiungere questo traguardo (Heathen e Vio-lence, giusto per fare un paio di nomi).

L’anno d’uscita di “Out Of Order”, inoltre, è emblematico. Il 1991, infatti, ha visto la pubblicazione, accanto a veri e propri capolavori del genere quali “Horrorscope” degli Overkill e “Time Does Not Heal” dei Dark Angel, di un album che porterà l’intera scena Thrash a un cambiamento radicale: l’omonimo disco dei Metallica, meglio noto come Black Album. Prima dell’ascolto, quindi, per chi ha ben presente queste considerazioni, sarà inevitabile chiedersi se ci troveremo di fronte ad un lavoro che presenta prepotenti modifiche al sound del gruppo, oppure a un’opera che mantenendo inalterate le caratteristiche della musica proposta dal gruppo, non mancherà d’esaltare tutti i fan del thrashcore (in questo caso).

Prima di inoltrarci in una descrizione della musica contenuta nell’album, è interessante osservare dal minutaggio di ciascuna canzone, l’assenza di pezzi sulla scia di “Hang the Pope”, “Got Another Quarter” e “Psa”: non sono presenti cioè, quelle canzoni di pochi secondi che hanno reso celebri i Nuclear Assault, in cui la band esprimeva tutta la propria furia devastatrice. Anzi, la durata media dei brani si è alzata notevolmente.

Dal punto di vista meramente musicale il sound dell’album si pone a metà strada fra il veloce e violento Crossover/Thrash proposto nei lavori precedenti e la ricerca di nuove soluzioni, spesso più melodiche e raffinate che non sempre s’integrano perfettamente. L’opener, “Sign in Blood”, è probabilmente uno dei pezzi che meglio rappresentano l’anima dell’album, nel quale si alternano strofe in pieno stile Nuclear Assault e ritornelli rallentati, che tuttavia non sminuiscono l’energia della canzone, ma addirittura la migliorano. Anche la successiva “Fashion Junkie” propone idee simili: in questo caso a strofe e ritornelli lenti si contrappone un intermezzo da ‘mosh’ discretamente lungo, con tanto di buoni assoli delle due asce. Non mancano gli episodi che ci riportano ai fasti di “Game Over” e “The Plague”: “Stop Wait Think”, si apre con un oscuro arpeggio particolarmente azzeccato per poi sfociare in un velocissimo pezzo Thrash che non lascia respiro all’ascoltatore e “Quocustodiat”, dai tempi più ragionati. Brano molto valido, che si fa apprezzare grazie a riff che supportano alla perfezione la voce grezza di John Connelly e un ritornello coinvolgente.

Due delle undici canzoni contenute nell’album, vedono un cambio alla voce: la prima, “Doctor Butcher”, cantata dal chitarrista Anthony Bramante, è uno dei capitoli meno riusciti. Il pezzo, purtroppo, non riesce mai a esplodere e, come se non bastasse, ci si mette anche la sgraziata voce di Bramante, che non si adatta per nulla alle ritmiche. “Hypocrisy”, invece, che vede Dan Lilker al microfono, è sicuramente più riuscita, perché il bassista offre una buona prova, reggendo bene i tempi sostenuti proposti dal quartetto.

Menzione speciale per due pezzi: “Preaching To The Deaf”, in cui si segnala una valida alternanza tra il tipico cantato di Connelly e un parlato piuttosto efficace (anche se purtroppo il pezzo è appesantito da un intermezzo eccessivamente lungo, che ne smorza l’inerzia) e “Save the Planet”, strumentale di oltre sei minuti dominato da lunghi soli di chitarra e, verso la fine, da quello, ottimo, di tastiera.

Per i fan più intransigenti dei Nuclear Assault, ai primi ascolti questo disco potrà risultare un po’ pesante da digerire, viste le numerose innovazioni apportate al loro sound, ma procedendo con gli ascolti si potranno trovare diversi aspetti positivi. Infatti, nonostante qualche passo falso “Out of Order” è un lavoro più che buono, anche se non trascendentale, nella discografia della band. Consigliato a chiunque voglia approfondire la conoscenza di questo gruppo.

Alberto “80’s Thrasher” Franco

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Tracce:
1. Sign In Blood 3:47
2. Fashion Junkie 3:43
3. Too Young To Die 3:51
4. Preaching To The Deaf 4:49
5. Resurrection 5:13
6. Stop Wait Think 5:02
7. Doctor Butcher 3:41
8. Quocustodiat 2:36
9. Hypocrisy 2:49
10. Save The Planet 6:35
11. Ballroom Blitz (Sweet cover) 3:58

Durata 46 min. ca.

Formazione:
John Connelly – Voce, Chitarra
Anthony Bramante – Chitarra
Dan Lilker – Basso
Glenn Evans – Batteria

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