Recensione: Overflow

Di Mauro Gelsomini - 21 Aprile 2005 - 0:00
Overflow
Band: Madwork
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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83

Ennesima lieta scoperta nel panorama italico, che nella generale carenza di originalità e personalità imperante ormai da diversi anni, di tanto in tanto fa riaffiorare qualche rara gemma nascosta. E’ il caso dei Madwork, band astigiana di difficile catalogazione, attiva dal 1999 con quattro autoproduzioni che annoverano le partecipazioni Carlos degli Skylark e Gaffo dei Disarmonia Mundi alla batteria, e che conducono al full length in questione.

Fin dal principio appare chiaro che la band è rodata, i brani funzionano e formano un amalgama invidiabile dal punto di vista della compattezza sonora e dello stile, che, sebbene non immediatamente inquadrabile risulta ben delineato e riconoscibile in ognuna delle undici song incluse in Overflow.
Immagino che quando si ha di fronte qualcosa di variegato, ma dannatamente omogeneo, come questo disco sia difficile – per gran parte della stampa – barcamenarsi evitando definizioni come “crossover” o peggio “prog”, tant’è che i succitati generi al giorno d’oggi hanno perso gran parte del loro significato.
E’ d’altra parte vero che sono molteplici gli echi che risaltano dall’ascolto del debut dei Madwork, e io stesso sono rimasto – piacevolmente – sorpreso annotando dapprima una vena post-rock (addirittura gli U2 in “Got A Secret”), in seguito le influenze dark-aor dei Nightingale di Dan Swano, le elettrificazioni di certo ebm (“Flow”), il prog-metal dei Fates Warning (“The Sniper”), addirittura i classicismi dei Symphony-X (“Missing A Life”), il tutto votato principalmente alla ricerca spasmodica della melodia, specie sui refrain, mai banali, in cui spicca la voce di Jago (ex Desdemona), coadiuvata da cori tutt’altro che invadenti ma dal gusto sopraffino, secondo quanto sembrerebbe dettare l’attuale trend del metal melodico già apprezzato con le ultime uscite di Masterplan e Stabreaker.
Meritano menzione anche gli altri membri della band, meritevoli di una prestazione tecnicamente inappuntabile, ovvero Luca alle tastiere e ai synth (artefice principale dei modernismi del sound dei Madwork), D.D. jork alle chitarre, Trigger e Dr. Ums rispettivamente al basso e alla batteria, a formare una sezione ritmica fondamentale perché le melodie più ostiche non scadano in uno stantio alternative.

In definitiva, mi sento in dovere di spingere questo debut così accattivante, con la speranza che i Madwork diano il via non ad un filone stilistico – di cloni e imitatori non sentiamo davvero la mancanza – ma ad una produzione di altà qualità, che latita ahime nella scena italica, e che quando riesce ad emergere viene parafrasata dalla stampa estera con parole tipo “Ah, ma allora gli italiani non suonano tutti come i Rhapsody!”… Senza offesa per la band di Turilli, ovviamente.

Tracklist:

  1. Null
  2. World In My Hands
  3. Leaving All Behind
  4. Amused To Death
  5. The Remedy
  6. Memory Is A Lie
  7. Flow
  8. The Sniper
  9. Missing A Life
  10. Weekend Widow
  11. Got A Secret

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