Recensione: Painted In White

Di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno - 9 Aprile 2023 - 21:16
Painted In White
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Il valore aggiunto di un’opera, di qualsiasi manifestazione artistica si tratti, è la caratterizzazione culturale in essa presente, soprattutto se questa riesce a essere trasversale portando il fruitore a lambire altri contesti intellettuali. Si pensi, per esempio, a quanto riesce a fare Omar Pedrini nei dischi dei Timoria o nelle sue opere soliste; incredibile è la felice connessione che egli riesce a creare con la filosofia, la letteratura e la pittura. In merito a questa, memorabile è il testo del brano B. Bl. Blu. II, contenuto nell’album Timoria 1999, quando in apertura si può ascoltare: “I colori sono folli di energia, ma incapaci di profondità. / La profondità la troviamo nel blu se lo lasciamo agire in qualsiasi forma su di noi. / La vocazione del blu alla profondità è così forte che proprio nelle gradazioni più profonde diviene più intensa e intima […]”. I colori, quindi, sono portatori di grande ispirazione e di molteplici significati, si pensi per esempio al colore “bianco”. Nella cultura occidentale il bianco rappresenta la purezza, infatti è il colore utilizzato nelle cerimonie religiose; in passato era un colore simbolo di lusso e sfarzo, perché era la spia che ci si poteva permettere di mantenere i capi puliti. Interessante è l’utilizzo di questo colore nella cultura orientale dove indica il lutto e la morte.

Il senso, la profondità e l’ampiezza di questo colore non sono sfuggite al polistrumentista milanese The Birch il quale, parallelamente alla sua carriera di musicista, coltiva la passione per la pittura realista e quindi, unendo musica e colori, ha pubblicato il lavoro intitolato ‘Painted In White’.

Il tema principale trattato nel disco è il significato del colore “bianco” che, a partire dalla copertina, è presente in quasi tutte le tracce dell’album. The Birch affronta i temi del colore, della lontananza dalla vita e i brani tracciano la “forma del volto di un ancestrale nemico dipinto di bianco” (come da bio). Probabilmente di tutto il lavoro questo è l’aspetto più interessante e affasciante.

Ascoltando i vari brani emerge un sound confuso e a tratti si fatica a capire cosa stia succedendo, leggendo la bio però la cosa non sorprende affatto, forse è proprio questo il risultato sperato unito a una caratteristica tipica dei lavori autoprodotti. ‘Chant Of Nevia’ ha un chorus memorizzabile dal primo ascolto, ‘Lucy’ vede invece una maggiore ricerca nel refrain; alcuni bridge all’unisono con la chitarra sono apprezzabili e d’effetto anche se appaiono un po’ statiche le parti di questo strumento solista. Il mood è sempre in mid tempo, quasi ostinato e tendente al riflessivo. La voce è effettata e a volte quasi sussurrata, quasi a voler dar risalto più al lato concettuale che alla musica. Cosa aspettarsi dunque da questo ‘Painted In White’? Azzarderemmo l’accostamento ai Tiamat (nella veste più acerba conosciuta), provare per credere in ‘Era Of Tenebra’, dove gli arpeggi e il chorus ipnotico e ostinato si fondono forse nell’episodio migliore di tutto il platter. Il colore bianco (come da titolo) viene sviscerato in ogni brano quasi fosse un’ossessione primordiale. I passaggi e le strutture strumentali sono semplici, la contestualizzazione del disco è obbligatoria: solo ascolto in notturna. ‘Drained blood’ contiene un bel riff iniziale, la voce qui si fa un po’ più sforzata ma presente. Purtoppo il contenuto musicale non si discosta da quanto ascoltato fino a questo momento e la sensazione di “già sentito” diventa pressante in questo contesto rock – alternative – goth (cosa che può accadere davvero con tanta facilità).

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