Recensione: Partisan [EP]

Di Dario Carneletto - 7 Gennaio 2019 - 0:01
Partisan
Band: Sodom
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2018
Nazione:
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73

RIVOLUZIONE da revolutio-onis, «rivolgimento, ritorno»

  1. Nell’uso scientifico, per un corpo in movimento intorno ad un altro, lo stesso che giro completo; in senso meno proprio è usato come sinonimo di rotazione…

  2. Mutamento radicale di un ordine statuale e sociale nei suoi aspetti economici e politici: a. in senso stretto… b. in senso ampio, qualsiasi processo storico o movimento, anche non violento o protratto nel tempo, attraverso il quale si determini un radicale mutamento di fatto delle strutture economico-sociali e politiche, o di particolari settori di attività.”

Probabilmente, cercando nel suo personalissimo “Wahrig”, la buon’anima di Tom Angelripper, personaggio che certo non necessita di presentazioni, avrà letto una definizione simile del termine “Revolution”, trovandosi di fatto completamente indeciso sul da farsi. Già, perché guardando ai fatti postumi al 5 Gennaio del 2018, il nostro Thomas doveva avere l’urgenza del mutamento, del “fare qualcosa” per l’amata creatura Sodom, che a suo dire aveva preso una direzione musicale non consona. Fu così che, nell’imbarazzo della scelta tra il dare connotati scientifici o socio-politici alla sua presa di posizione, egli decise di fare di tutto un po’!

Quindi:

  1. Mutamento Radicale – Parte 1. Via Markus “Makka” Freiwald, batterista titolare dal 2010 e, soprattutto, Bernd “Bernemann” Kost, axeman solitario dai tempi del discusso e sottovalutato “’Til Death Do Us Unite” del 1997. Mutamento Radicale – Parte 2. Aggiunta di forze fresche e nuove idee: le prime trovate nel “filiforme” batterista Stefan Hüskens (attivo con i Desaster e gli olandesi Asphyx n.d.r) e nel misconosciuto chitarrista Yorck Segatz, mentre le seconde riguardano la prima formazione a quattro della storia Sodomita.

  2. Rotazione completa e Ritorno all’origine: dentro quel Frank Blackfire, co-compositore dei riff scolpiti nell’olimpo del metal teutonico e non, che costituiscono i capolavori “Persecution Mania” ed “Agent Orange”

Una decisione drastica, certamente figlia di divergenze artistiche clamorose e insoddisfazione generale, oltre che di una conclamata mancanza di comunicazione; basti pensare che gli ormai ex-componenti sono stati “benserviti” con un sms su Wathsapp. Ed invero, molto diviso è il pubblico su quanto prodotto dalla band nel nuovo millennio: chi cestina in toto i lavori composti dal vecchio trio e chi invece (come il sottoscritto), dopo il capolavoro “M-16” reputa esserci dell’ottimo materiale tra le righe dei vari “In War and Pieces”, “Epitome of Torture”, “Decision Day” e in parte anche nella svolta melodica dell’omonimo full length del 2006. Altrettanto veritiera è, d’altra parte, l’accusa di una certa stasi compositiva dell’ultimo periodo, lacuna che ha portato Onkel Tom a quanto ormai noto. Caso vuole, infine, che non più tardi del 26 Dicembre del 2017 si sia svolto a Bochum, in occasione dei trentacinque anni di attività, un concerto cui hanno partecipato i chitarristi che hanno fatto parte della storia del gruppo, ovvero Grave Violator, Andy Brings ed appunto quel Frank Blackfire che ha poi vinto il palm muting casting, rientrando in pianta stabile in formazione. Quasi a voler suggellare la ritrovata linfa e vigoria della band, ecco pronto a bussare ai nostri padiglioni auricolari l’ EP intitolato “Partisan”, primo vagito di questo nuovo corso.

Il mini in questione contiene due pezzi nuovi di zecca e una versione live del caposaldo ‘Tired and Red‘, registrato durante l’edizione tedesca del “Rock Hard Festival”, per una ventina di minuti scarsi di musica rappresentativa delle capacità di scrittura e presenza scenica della nuova formazione. Come suona dunque la versione 2.0 del panzer–vagen di Gelsenkirchen? Sebbene taluni elementi come la guerrafondaia copertina a cura del nostro Roberto Toderico, interamente sviluppata sui toni del bianco e nero e dal gusto molto vintage–thrash e, soprattutto, lo stile inconfondibilmente graffiante ma pulito del vecchio leone Blackfire, possano indirizzare l’ascoltatore verso una certa operazione nostalgia, va detto che la title-track non si discosta poi troppo dalla produzione recente del gruppo. Si muove, infatti, sulla base di buoni riff per l’introduzione e la strofa, cadendo leggermente sullo scolastico nell’inciso. Molto meglio invece nel secondo pezzo, intitolato ‘Conflagration’, composto dal nuovo chitarrista Yorck Segatz, che dimostra così di essere assolutamente edotto in materia estrema teutonica. La traccia porta con se caratteristiche di freschezza che non si avvertivano da tempo e un’attitudine punk, che in parte rimanda alla svolta stilistica di metà anni Novanta, epurata però dal maelstrom musicale figlio di certe oscene produzioni. Un potenziale nuovo classico dal vivo. Infine, il pezzo live conferma una volta in più cosa significhi trovarsi di fronte i Sodom: un’escalation di violenza sonica, una macchina mortale che avanza guidata da quel bassista che non usa le dita, né si rifà al polso per i colpi di plettro, ma muove tutto il braccio sul suo strumento, come se impugnasse la manopola che ruota il volano di un’affettatrice Berkel; una sorta di mad pork–butcher pronto a dividere finissimamente deretani e calotte craniche dei malcapitati che gli si parano davanti. La velocità è sostenuta, lo stile chitarristico è il particolare che più salta all’orecchio e, nonostante qualche imperfezione, i segnali di coesione sono più che buoni.

Dunque, a conclusione di questa lunga disamina possiamo dire che, se da una parte il cambiamento spaventa, spesso si dimostra essere l’unica via per proseguire. E’ un fatto assodato inoltre, che solo chi vive una situazione dall’interno può conoscerne i particolari più intimi e sapere quale sia la soluzione migliore per la stessa. Se “l’ascoltatore medio” non avesse avvertito l’esigenza della virata, perché tutto sommato soddisfatto da quanto prodotto con i precedenti interpreti, questa non era l’opinione di chi la creatura l’ha partorita e, al fine di mantenerla nella sua completa vitalità, ha preso una decisione diversa. Se Tom Angelripper avrà avuto le sensazioni giuste, sarà solo il tempo a confermarlo. L’antipasto che nel frattempo ci ha fornito è sapido al punto giusto ed aumenta la fame di un nuovo album che, nelle speranze dei fan e nelle intenzioni del gruppo, vedrà la luce entro questo neonato 2019.

 

Dario Carneletto

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