Recensione: Pleasureligion

Di Emilio Sonno - 3 Ottobre 2003 - 0:00
Pleasureligion
Band: Drastique
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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65

Non è soltanto l’accattivante copertina con la desnuda pulzella, dai generosi fianchi, l’unica piacevolezza di questo platter ma, indubbiamente, è quella che attira maggiormente l’attenzione, perché altrimenti non stareste leggendo questa recensione adesso.
Cosa? La state leggendo perché conoscete la band in questione? Allora complimenti per la vostra preparazione “metallica” poiché questi, a dispetto del nome, italianissimi Drastique non sono particolarmente noti al grande pubblico.
Forse qualcuno di voi si ricorderà del loro precedente “Thieves of Kisses“, uscito quando il combo portava il vecchio monicker, non ancora francesizzato, di Drastic… ma si parla di quasi un lustro fa: storia passata!
Invece Chris e soci ci sono ancora e si fanno sentire con il loro solito stile in perenne oscillazione tra black e gothic, dalle venature fortemente romantiche e dalle cupe atmosfere sinfoniche, non scevro da inserti di synth (forse anche troppo abusati) e pervaso da cantati che oltre ad essere, come tradizione vuole, gutturali, sono frequentemente anche lirici.
Come suggerito dalle note all’interno del bel booklet, importanti punti di riferimento per i nostri sono Tristania e Limbonic Art, com’era d’altronde facilmente intuibile: ad avvicinarli al suono dei primi è, oltre alla presenza di female vocal, l’alone di poesia e drammaticità che aleggia attorno ad una musica passionale, frutto di un’ingegnosa commistione tra il metallo più nero e quello più decadente.
Palese è, pure, l’impronta dei Limbonic Art con quel black molto atmosferico, infarcito di sonorità spesso quasi orchestrali, come accade per 5enses, l’opener del cd, che sulle prime note, forse per via del suo fruscio, tipico dei vinili, forse per le sue sonorità classicheggianti, regala l’illusione di ascoltare, appena ritrovato nella polverosa soffitta, uno di quei vecchi 33 giri di musica da camera.
Un’illusione che dura molto poco perché a far tornare con i piedi per terra ci pensa un forsennato drumming a base di doppia cassa (sparatissima!); poi il tutto si placa e vocal maschili e femminili si alternano vicendevolmente, sopra a suggestivi sintetizzatori e bruschi “chitarroni stoppati”, cantando perlopiù in maniera molto melodica e, in più di un’occasione, addirittura recitando versi, presi, talvolta, da celeberrime opere letterarie.
Pleasureligion è, infatti, un concept album che, lasciandosi ispirare da opere di poeti quali Dante Alighieri, William Blake, John Keats, si pone l’obbiettivo di mettere in musica un tema definito dalla band come “the search for pleasure as a religion“.
Una ricerca che lascia ben sperare ascoltando canzoni tipo la stupenda Legacy of Fashination dove, come nel caso dell’altrettanto piacevole The Succubus o della già citata 5enses, diverse sono le interessanti soluzioni create, ma che proseguendo con l’ascolto inizia ad avere un sapore troppo artificioso, risultando a tratti stucchevole e ripetitiva. Definirei quasi noiose Voyage dans la Femme e Immortal Beloved, mentre stravagante risulta Maria Magdalena, audace ed eccentrica cover di una vecchia hit ottantiana.
Il lavoro non è fatto male, intendiamoci, numerosi spunti buoni, se non ottimi, illuminano in maniera molto positiva la prima parte di quest’album che poi si spegne sul finale, consumandosi troppo sulle stesse idee.
Le sue particolari sonorità, per giunta, lo rendono, proprio per la loro ricercatezza, un disco troppo di nicchia consigliato soltanto ai metalhead passionali ma che amano osare: per loro le sorprese sono assicurate.
Emilio “ARMiF3R” Sonno

Tracklist:
1. 5enses
2. The Succubus
3. Legacy of Fashination
4. Perfect Nothing
5. Maria Magdalena
6. Immortal Beloved
7. Voyage dans la Femme

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