Recensione: Primal Incinerators of Moral Matrix

Di Daniele D'Adamo - 2 Dicembre 2017 - 16:36
Primal Incinerators of Moral Matrix
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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74

Apologia della follia scardinatrice.

Dall’India, i Tetragrammacide: tre scellerati privi di senno che rispondono ai war-name di Martial Opium, S(d)S(t) e Uragnostic Eliminator, fautori di un death metal mostruoso, incessante, allucinante, senza compromessi.

“Primal Incinerators of Moral Matrix”, loro debut-album, è un invalicabile muro di suono, un impenetrabile ostacolo a tutto ciò che vive e vegeta nel globo terracqueo. Dopo l’agghiacciante incipit rappresentato da ‘Hyper-Spatial Mandala of Intuitive Latencies’, che funge anche da opener-track, il terrificante attacco termo-nucleare di ‘The Prognosticators of Trans-Yuggothian Meta-Reasoning’ lascia immediatamente intendere che la strada da compiersi sino ad arrivare alla closing-track, ‘Dismal Ramification of Metamathematical Marmas and Sandhi’, sarà solo un raggelante viaggio semi-onirico sugli altopiani delle Montagne della Follia.

Follia che si percepisce appieno nel manifesto della band, che accompagna il disco assieme alle note biografiche, ricchissimo di vaneggianti richiami a dei oscuri, a macchine senzienti, a viaggi interstellari. Una visionarietà devastante come la musica, che proietta chi ascolta nell’impossibile universo di questo trio di squinternati cantori del verbo dell’abbaglio, dell’illusione.

Musica assolutamente imperscrutabile nelle sue maglie primigenie, assordata da se stessa, dagli incessanti blast-beats di Uragnostic Eliminator, dai caotici riff di S(d)S(t) e dal rombo del growling di Martial Opium. Caotico è un aggettivo che tuttavia non si adatta solo al riffing ma al sound tutto, compatto nella sua indefinibile struttura amorfa, in perenne mutazione fra le pieghe della tortura sonora.

Il rombo di “Primal Incinerators of Moral Matrix” ha un inizio e una fine solo per le dimensioni fisiche del suo supporto. Altrimenti, parrebbe esistere da sempre per non terminare mai. I trentanove minuti di durata del platter non ammettono spazi di decelerazione, di rallentamento, di tregua. La materia, le note, sono spinte le une verso le altre da una forza sconosciuta, che non cessa di agire alla sua massima intensità in nemmeno uno dei secondi di qualsiasi brano.

A parte la scellerata intrusione ambient di ‘Transcranial Ka’abatronic Stimulation Collapse’, tutto è stato generato per attivare lo stordimento totale da hyper-speed, sorta di trance in cui la pressione acustica è tale da ingenerare sequenze casuali di abbagli. ‘Intra-Dimensional Vessel of Were-Robotics, N-Logics and Assorted Lattice Intelligences’, difatti, rifiuta ogni accomodamento per spingere in là, verso il delirio, la mente di chi riesce a sopportare l’immane pressione psico-acustica dei Tetragrammacide.

Va da sé che una proposta simile produce un rovescio della medaglia, e cioè che le song appaiano troppo simili l’una all’altra. In parte questo è vero ma il pandemonio scatenato da pezzi quali  ‘Meontological Marga of Misanthropic Computation & Extensive Backwards Physics’ è un piacere da gustare poco alla volta, un’aberrazione del death metal più estremo che esista in cui rintanarsi.

Ovviamente, solo per palati forti. Anzi fortissimi.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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