Recensione: Prophets Of Demise

Di Andrea Bacigalupo - 29 Luglio 2023 - 23:19
Prophets Of Demise
Etichetta: Frontiers Records
Genere: Heavy 
Anno: 2023
Nazione:
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70

Qui si parla di un nuovo gruppo formato da musicisti importanti: c’è Glen Drover, chitarrista dei Megadeth dal 2004 al 2008, presente in ‘United Abominations’ album “così duro che lo si potrebbe usare per tagliare il vetro!” (cit. Dave Mustaine), che aveva suonato in precedenza con King Diamond in ‘House of God’ del 2000 e che ha collaborato con una quantità infinita di artisti, tra cui Queensrÿche, Wreck-Defy, Chris Caffery e Testament in sede live, giusto per citarne alcuni.

C’è il fratello Shawn Drover, batterista, anche lui nei Megadeth per 10 anni (dal 2004 al 2014), che ha suonato oltre che in ‘United Abominations’ anche nei successivi tre album e che fa parte degli Act Of Defiance con Chris Broderick.

C’è il bassista Joe Dibiase, dei veterani Fates Warning fin dagli inizi, da quando si chiamavano Misfit, fino al 1996, comparendo in loro 7 album.

Infine c’è il cantante Henning Basse, voce su 8 album dei Metalium (dal 1998 al 2011) e su ‘Immortals’ dei greci Firewinds del 2020, che ha collaborato con calibri come Gamma Ray, Holy Moses, Brainstorm e chi più ne ha più ne metta.

La band che hanno formato si chiama Withering Scorn e ‘Prophets Of Demise’ è il loro album di debutto.

Il Full-Length è composto da 8 canzoni di onesto metallo, allacciato soprattutto al periodo iniziale dei fratelli Drover, quando facevano parte degli Eidolon (band attiva dal 1993 al 2007 e poi con una breve apparizione nel 2015), ma in cui confluisce un po’ tutta la cultura musicale degli artisti.

Più specificatamente è l’Heavy Metal che va dai Judas Priest agli Helloween la cui atmosfera è, però, scura e malsana, infiltrante un senso di angoscia. D’altronde, da una band che si chiama ‘Disprezzo Feroce’ e da un album dal titolo ‘Profeta della Rovina’ (o traduzioni simili, comunque tutte negative), non è che ci possiamo aspettare dello streets Rock ‘N’ Roll che abbia come tema la gnocca ed i party in piscina.

Però, per quanto cupa, è un’aria che s’incendia: Thrash e Power sono elementi che il quartetto interseca con il classico per dare al lavoro un andamento ecclettico, dove aggressività e tratti epici sono mescolati con una relativa dose di disperazione. Sono più che altro sfumature per affilare i dettagli, nulla di troppo eccessivo … ‘Prophets Of Demise’ non esce mai dai suoi schemi, ma questi sono talmente variabili che neanche s’inchioda su sé stesso.

Il lavoro di chitarra è dominante e super stratificato, carico di elettricità, tanto ruvido quanto melodico, con assoli roventi che escono da tutte le parti (nella Title-Track ce ne sono addirittura quattro) ed una ritmica densa e sofisticata ottimamente agganciata a basso e batteria.

Non si potrebbe immaginare una voce diversa per quest’album: Henning Basse, anche se quando sale di tono cerca di assomigliare troppo a Rob Halford perdendo d’identità, è teatrale quanto basta e sa essere bellicoso ma anche rassegnato, perché il futuro va in quella direzione … verso la rovina, appunto.

Brani da citare: la stessa ‘Prophets Of Demise’, un assalto frontale, ‘Ancient Desire’, molto orecchiabile, ‘Dethroned’ e ‘Never Again’.

Fin qui tutto bene … ma, purtroppo, c’è un “ma”! Tecnica ed esperienza? Quante ne vogliamo. Prestazioni? Ottime e si percepisce anche un buon affiatamento, “ma”, sarà la produzione troppo precisa e la ricerca del dettaglio, il tutto, alla fine, per quanto sia intrigante, suona un po’ freddo, come se ‘Prophets Of Demise’ sia stato tirato fuori da un frigo. Queste canzoni non si riescono ad immaginare dal vivo e si avverte un senso di distacco. In altre parole, la professionalità ha soffocato l’anima e questo, pur facendo rimanere il giudizio più che sufficiente, toglie parecchi punti. Peccato!

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