Recensione: Quarterpast

Di Emanuele Calderone - 29 Ottobre 2011 - 0:00
Quarterpast
Band: MaYan
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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75

Mark Jansen non è un novellino all’interno del vasto panorama metal. Chitarrista e voce di importanti realtà power, su tutte Epica e After Forever, il musicista olandese si è sempre distinto per la sua fervente creatività e per l’incessante attività musicale. Tale impegno ha portato il nostro a comporre qualcosa come otto album, due demo e due singoli, nell’arco di appena dodici anni. Ciò lo ha consacrato come uno dei più prolifici artisti dei Paesi Bassi.

L’ultima creatura, in ordine cronologico, ad esser nata, è rappresentata dai Mayan. Laddove qualcuno dovesse pensare a questo, come l’ennesimo progetto symphonic/power sarebbe totalmente fuori strada. Il combo ci propone un interessante commistione tra metal sinfonico, che inevitabilmente ci riporta con la mente agli ultimi lavori degli Epica, e un death metal piuttosto tecnico, che però non difetta affatto in aggressività e potenza. Un’importante influenza è rappresentata anche dal black metal sinfonico che ha caratterizzato band come Dimmu Borgir e certi Cradle of Filth di metà carriera. Si possono rintracciare in quantità minore accenni dal sapore progressivo, che contribuiscono a conferire all’opera un “aspetto” più sfaccettato e ricco di sfumature.
I nomi che, assieme a Jansen -questa volta, lo ricordiamo, impegnato solo dietro al microfono- prendono parte al progetto sono: alle chitarre il duo formato da Isaac Delahaye e Frank Schiphorst, Jack Driessen alle tastiere, Ariën Van Weesenbeek alla batteria, e mr. Jeroen Paul Thesseling al fretless. Al fianco dei sei, trovano posto, in qualità di ospiti speciali, i seguenti artisti: la bellissima Simone Simons, autrice anche in questo caso di una prova soddisfacente, l’ex After Forever Floor Jansen -la quale si conferma ancora una volta una delle migliori voci melodiche del panorama odierno-, Henning Basse, già in forza ai Sons of Seasons, la giovane soprano italiana Laura Macrì e ultima, ma non ultima, Amanda Somerville-Scharf, che si occupa delle parti recitate.

La prima opera firmata dai nostri, intitolata “Quarterpast”, arriva sugli scaffali dei negozi il 20 Maggio 2011 e mette da subito in chiaro gli intenti dei Mayan. L’album, che gode di un fascino particolare ed innegabile, molto difficilmente non farà breccia nei cuori di molti metalhead. Quello che stupisce sin dalle prime battute è la capacità di far convivere in perfetta armonia melodie a tratti easy listening -ma comunque ricercate e mai banali- con delle strutture piuttosto arzigogolate. È quanto mai chiaro che i Nostri si siano impegnati non poco nel cercare di conferire all’opera un aspetto elegante e raffinato, ma non eccessivamente cervellotico e contorto.
Ascoltando le canzoni, l’obiettivo prefissato sembra che sia stato centrato appieno. I dodici brani sono compatti, solidi e godono di un songwriting di buon livello; gli arrangiamenti sono curati sin nel minimo dettaglio e nulla è stato lasciato al caso. La maestosità delle musiche dona all’album un sound che, in più di un passaggio, richiama le colonne sonore dei film, riportando altresì alla mente l’operato di gruppi quali gli italiani Rhapsody of Fire e gli statunitensi Kamelot.
Premendo il tasto play si viene scaraventati nel mondo dei Mayan tramite l’introduttiva “Symphony of Aggression”, episodio dal titolo quanto mai  esplicativo. L’inizio, in quanto ad atmosfere, ricorda vagamente i Behemoth più pomposi e meno aggressivi. Andando avanti, il pezzo si evolve in un continuo alternarsi tra passaggi più dilatati e ariosi, in cui le tastiere ricoprono un ruolo centrale, ed altre più decise e rocciose. I musicisti danno subito prova delle loro abilità tecniche, lanciandosi in sessioni strumentali particolarmente lavorate e complesse. Fondamentale per la buona riuscita della canzone è la partecipazione della Simons, che contribuisce a far splendere ancor di più il lavoro della band, impreziosendo l’episodio con la sua voce delicata ma ricca di carattere.
Proseguendo con l’ascolto, sono molte le tracce che hanno catturato la nostra attenzione: tra queste, impossibile non citare la quarta “Course of Life”, in assoluto la più completa e ricca del lotto. Non manca davvero nulla nella song in questione, partendo dai momenti più tirati e ricchi di tensione, sino a quelli più “leggeri”, arricchiti dal duetto tra Basse, che in questa situazione ricorda molto da vicino la voce di Roy Khan, e la Jansen. Notevolissime anche le parti strumentali, mai troppo tirate per le lunghe o piene di virtuosismi fini a se stessi.
Riuscitissima anche la successiva “The Savage Massacre (In the Eyes of the Law: Pizzo)”. Se le musiche in questo caso non presentano spunti geniali, a colpire è il testo. L’episodio è una vera e propria denuncia nei confronti di una delle peggiori piaghe dell’Italia odierna e passata: la mafia. Le liriche parlano senza troppe remore dei sacrifici fatti dai pochi che hanno avuto il coraggio di ribellarsi ed è un vero e proprio invito a fare lo stesso.

In tanto ben di Dio non mancano comunque brani sottotono. Ci riferiamo, nel particolare, sia ai momenti più calmi che a quelli più “power”. Lungi da noi il voler affrontare un mero discorso di genere, però bisogna considerare dei “ma” fondamentali. Track come “Quarterpast”, “Essenza di te” -l’unica cantata totalmente in italiano dalla Macrì- e “Tithe”, pur raggiungendo picchi emotivi piuttosto elevati, appaiono slegate rispetto al contesto, stridendo non poco al fianco delle altre canzoni.
Stesso dicasi per “Bite the Bullet”, che si muove tra suggestioni power-prog ed eco provenienti dai Nightwish dell’epoca di Oceanborn, stonando se paragonata al resto della tracklist.
A non  soddisfare pienamente, sono altresì alcuni passaggi rallentati all’interno di talune canzoni, che sembrano spezzare troppo la tensione, facendo perdere parte dell’aggressività e della ferocia, anche laddove sarebbe stato preferibile mantenere serrati i ritmi.

A far da cornice agli arrangiamenti ci pensano poi gli splendidi testi, tutti ad opera di Mark. Lontane dagli eccessi truculenti del death, così come da quelli di stampo fantasy del power, le liriche narrano in maniera cruda di argomenti quali i problemi legati alla politica, come si può leggere in “Mainstay of Society (In the Eyes of the Law: Corruption), di mafia, di religione, sino a sconfinare nel lirismo più puro, come accade in “Essenza di te”.

Lodevole, come doveroso aspettarsi, la prestazione tecnica dei Mayan. Ognuno dei membri del progetto esegue il proprio compito con una precisione che ha del maniacale: le chitarre di Isaac e Frank risultano pulite sia nel riffing sia nei molti assoli. Stesso dicasi per la sezione ritmica: Thesseling, come suo solito, sfodera virtuosismi a non finire, pur senza scadere nell’autocompiacimento. Il suo fretless a sei corde dona la giusta corposità alle composizioni, arricchendole notevolmente. Ariën alla batteria si diverte a scandire tempi in costante cambiamento, ma, se proprio dobbiamo muovere una critica all’operato del batterista, forse ci saremmo aspettati una maggiore veemenza, che, invece, purtroppo è venuta a mancare.
Nulla da eccepire per quel che riguarda le voci: i cinque cantanti coinvolti non prestano mai il fianco a critiche, sia sotto il profilo prettamente esecutivo che sotto quello interpretativo.

Ottima anche la produzione curata niente meno che dalla Nuclear Blast. L’album gode di suoni pressoché perfetti, equalizzati con grande equilibrio, al fine di poter rendere ben udibile ogni strumento e ogni piccola sfumatura musicale.
Anche il packing si attesta su livelli più che soddisfacenti. La grafica è gradevole, con disegni ben realizzati e con splendide tonalità di colori, che vanno dal grigio al rosso.

Siamo quindi giunti alle conclusioni. I Mayan riescono nell’impresa difficile di far convivere in armonia orchestrazioni pompose e imponenti e il death metal più complesso ed elegante. Trovare oggi un gruppo così ispirato e capace è diventato un’impresa. I ragazzi ci offrono un’ora di musica di classe, capace di appassionare anche l’ascoltatore più smaliziato e navigato, nonostante le leggerissime imperfezioni rintracciabili qua e là.
Alla luce di quanto abbiamo potuto ascoltare, dunque, non ci resta che promuovere a pieni voti questo “Quarterpast”, sperando che sia solo il primo cd di una lunga serie. Consigliatissimo a tutti.

Emanuele Calderone

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Tracklist:
01- Symphony of Aggression
02- Mainstay of Society (In the Eyes of the Law: Corruption)
03- Quarterpast
04- Course of Life
05- The Savage Massacre (In the Eyes of the Law: Pizzo)
06- Essenza di te
07- Bite the Bullet
08- Drown the Demon
09- Celibate Aphrodite
10- War on Terror (In the Eyes of the Law: Pentagon Papers)
11- Tithe
12- Sinner’s Last Retreat (Deed of Awakening) (bonus track)

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