Recensione: Quinta essentia

Di Tiziano Marasco - 9 Febbraio 2021 - 0:33
Quinta essentia
Band: Dismal
Etichetta: Aural Music
Genere: Avantgarde 
Anno: 2020
Nazione:
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60

I Dismal, ormai 20 anni orsono, ci avevano colpito con due splendidi album (“Fiaba lacrimevole” e “Rubino liquido“) in grado di mischiare con grande maestria gothic, black e musica classica, il tutto condito dall’innegabile stile che sempre contraddistingue i gruppi nostrani che mischiano musica pesante e di conservatorio.

Dopodiché vennero due album (“Miele dal salice” e “Giostra di Vapore”) che avevano dato nettamente la precedenza alla parte neoclassica. Prove in cui l’incredibile talento dei torinesi veniva messo al servizio di composizioni un po’ fini a sé stesse e un po’ insipide, con poco metal e poco mordente.

E siamo ai giorni nostri. Eh già, perché i Dismal – probabilmente anche a causa di un sound tanto complesso quanto stratificato, nonché di un’intuibile tendenza al perfezionismo formale – non sono un gruppo esattamente prolifico. Solo cinque full length in 22 anni, con l’intervallo più breve tra una release e l’altra che si attesta a tre e il più lungo a sette.

Ora, dal penultimo “Giostra di Vapore” di anni ne sono trascorsi sei e siamo qui a parlare di “Quinta essentia”, album promosso anche con un certo dispiegamento di forza dalla Aural.

Album ambizioso? Ovvio, come lascia intendere anche la presentazione che parla di “musica sinfonica mischiata a doom metal, darkwave, neofolk, valzer e tango”. Una sparata? Tutt’altro. Tutti sti generi, in “Quinta essentia” li trovate. E trovate in effetti anche un po’ di metal (che in passato era venuto meno). Forse anche un bel po’ di metal, non fosse che bassi e chitarre sono quasi costantemente schiacciate da orchestrazioni che definire ampollosissime è un eufemismo.

Qui abbiamo il primo punto a favore dei torinesi: il mischiare moltissime influenze e stili fa di “Quinta essentia”, come di tutti i loro dischi passati, un lavoro estremamente peculiare e di difficile catalogazzione.

Al momento dell’ascolto, però, in effetti ci si staglia davanti uno strano moloch, un album che vive soprattutto di atmosfere delicate ed eteree e tuttavia si dipana attraverso la sua quasi ora di durata con una macchinosità rara, dovuta sostanzialmente alla complessità delle trame e al perfezionismo di cui sopra. Ogni secondo di quest’album è studiato nei minimi dettagli con uno scopo ben preciso, ovvero far capire al mondo quanto i Dismal siano estremamente dotati dal punto di vista tecnico.

Va da sé che il primo ascolto del disco suscita sensazioni al limite dell’irritante. Che è una buona cosa, si badi bene, perché di solito i dischi fatti al fine di dimostrare la propria perizia tecnica solitamente suscitano gran sbadigli e nulla più.

Ed è anche vero che i dischi non si giudicano al primo ascolto e in effetti “Quinta essentia” cresce con il tempo. Ne son un buon esempio le composizioni “Turin Black Light Act I, II, III” (credo il titolo faccia un po’ capire quanto sia pretenziosa la proposta dei nostri) e la successiva “Alma mater (alchimia della natura)”. Irritanti all’inizio, coi loro archi onnipresenti e i voli pindarici vocali di Rossana Landi, ma alla fine della fiera due pezzi che stanno molto bene in piedi e dotati di un discreto fascino. Soprattutto viene da lodare la penultima traccia, “Pale blue dot”. Il più contenuto degli episodi in scaletta (appena quattro minuti e mezzo) ma anche quello in cui la matrice metal è ben abbinata (ovvero non soffocata) da quella neoclassicistica. Risultato: finalmente un brano in cui i Dismal si fanno apprezzare per trasmettere la loro arzigogolata proposta con semplicità; un brano dinamico, un brano vivo. Un brano con soluzioni che ci piacerebbe sentire in futuro.

Per il resto, inquadrare questo lavoro in maniera unilaterale è impossibile. La nostra sensazione è che qui l’incredibile talento dei Dismal e la loro smania di mostrarlo all’ascoltatore riescano bene o male a controbilanciarsi – cosa che nelle due uscite precedenti non era, purtroppo, accaduto.

È innegabile che ci sono concretissime possibilità per chiunque ascolti di trovare quest’album un capolavoro avanguardistico o un pretenzioso esercizio di stile. Con conseguente aumento o abbassamento del voto di 20 punti (a voler essere diplomatici).

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