Recensione: Rabbit don’t come Easy

Di Matteo Lavazza - 8 Maggio 2003 - 0:00
Rabbit don’t Come Easy
Band: Helloween
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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88

Ritornano sulle scene gli Helloween dopo il controverso “The Dark Ride” uscito 3 anni fa, e lo fanno tornando a quelle che sono le loro radici musicali, fatte di melodie a volte “facili” ma sempre dannatamente coinvolgenti.
Sono proprio le melodie la carta vincente di questo album, è infatti quasi impossibile non ritrovarsi a canticchiare in continuazione canzoni come il singolo “Just a Little Sign”, “Open your Life”, che tra l’altro dimostra come anche sotto l’aspetto del songwriting gli Helloween abbiano fatto la scelta giusta prendendo nelle loro fila Sascha Gerstner ( ex chitarrista dei Freedom Call), “Never be a Star”, che sembra una canzone ripescata dalle sessioni di registrazione di “Master of the Ring” oppure “Hell was Made in Heaven”, decisamente più aggressiva musicalmente delle altre canzoni che ho citato ma dotata di un refrain davvero irresistibile, che dal vivo farà sicuramente faville.
Un altro punto di forza di questo “Rabbit don’t come Easy” è sicuramente la varietà, infatti di fianco a canzone dal flavour melodico trovano posto pezzi decisamente arrabbiati come “Liar”, che a tratti sembra un pezzo quasi Thrash, oppure “Back Against the Wall”, che con i suoi riff oscuri e cattivi colpisce decisamente nel segno.
La pecca del disco risiede secondo me in brani come “The Tune” oppure  “Do you Feel Good”, a mio parere abbastanza banali e scontati, senza quella scintilla che permetta loro di mettersi in evidenza all’interno di un album di alto livello come questo.
Un discorso a parte lo merita la conclusiva “Nothing to Say”, il pezzo sicuramente più originale del disco, con il suo riff di chiara matrice Hard Rock ed i suoi inserti Reggae (sì avete letto bene) riesce alla perfezione in quello che è il suo chiaro intento, cioè divertire l’ascoltatore.
Altro Highlights del disco è rappresentato da “Sun 4 the World”, davvero una canzone splendida, che,dopo il  riff  iniziale dal sapore orientale, riesce a coinvolgere grazie agli splendidi arrangiamenti che fanno da contorno a delle melodie vocali azzeccattissime ed ad un lavoro della coppia di chitarristi Weikath-Gerstner davvero di prim’ordine.
Non male nemmeno la ballad “Don’t Stop Being Crazy”, che riesce ad evitare il tranello del già sentito soprattutto grazie alla buona linea vocale di Andi Deris, decisamente azzeccata.
Come ho già avuto modo di dire il nuovo arrivato Gerstner risulta essere davvero un ottimo acquisto per la band, così come azzeccata è risultata la scelta di Mikkey Dee alla batteria, chiamato a registrare l’album dopo che lo sfortunato Mark Cross ha dovuto abbandonare per motivi di salute, così come sicuramente risulterà vincente l’entrata nella band di Stefan Schwarzmann, nuovo drummer ufficiale delle zucche nonché ex membro di band come Running Wild ed Accept; il resto della band conferma le proprie indiscutibile qualità tecniche che tutti già conoscevano, con una nota di merito in particolare per Andi Deris, che, per la prima volta da quando è entrato nella band, è riuscito a convicermi pienamente, grazie ad una prova aggressiva ed espressiva come mai, almeno a mio parere.
Secondo me questo “Rabbit Don’t come Easy” è il miglior album degli Helloween dai gloriosi tempi dei due “Keeper of the Seven Keys”, e scusate se è poco……

 

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