Recensione: Raging Steel

Di Orso Comellini - 27 Febbraio 2011 - 0:00
Raging Steel
Band: Deathrow
Etichetta:
Genere:
Anno: 1987
Nazione:
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86

È passato solo un anno dal debut album “Satan’s Gift” (1986), durante il quale il popolo di famelici thrasher sparsi per il globo è stato letteralmente travolto dal susseguirsi a valanga di uscite memorabili. Tuttavia, i teutonici Deathrow sono di nuovo pronti a gettarsi nella mischia con il secondo full-length: “Raging Steel”.

La tendenza generale degli act del tempo era d’andare verso una maggiore velocità ed efferatezza possibili (senza trascurare la preparazione tecnica), con culmine in dischi terremotanti come “Reign In Blood” degli Slayer e “Darkness Descends” dei Dark Angel. Tuttavia, molti gruppi mantenevano ancora stretto il legame con sonorità più ariose, di matrice heavy. Come nel caso del combo della North Rhine-Westphalia. Musicisti che ascoltavano la musica metal del periodo a 360 gradi – dai Riot ai Venom passando dai Discharge – avendo pure alle spalle esperienze con altre band e che, inoltre, leggevano assiduamente le fanzine in circolazione. Musicisti così appassionati da riunirsi in sala prove anche quattro volte la settimana. Oltretutto era molto diffuso il fenomeno del tape-trading anche tra le stesse band con cui gli artisti stessi venivano in contatto, sia on stage sia perché compagni di etichetta o conterranei.

Reduci da un’esaltante – ma di certo non priva di episodi burrascosi – tournée con Voivod e Possessed, i Deathrow si erano subito rimessi al lavoro su del materiale completamente inedito, a differenza di quanto era accaduto per “Satan’s Gift” dove buona parte delle tracce risaliva al periodo-Samhain. Ma, quando quasi tutto è pronto, in maniera similare alla precedente release, l’artwork, realizzato dal batterista Markus Hahn, non viene neanche preso in considerazione dalla solita Noise Records. Che, quasi sistematicamente, si rivolge al grande – anche se come tutti i comuni mortali, non sempre in stato di grazia – Phil Lawvere per realizzare le copertine degli ensemble scritturati. Una piccola curiosità al riguardo: in seguito la band realizzerà autofinanziando la t-shirt con il teschio disegnato da Hahn e il titolo “Scattered By The Wind”, pensati in origine per l’album, che sarà la maglietta più venduta nel genere.

Come avverrà in occasione del successivo “Deception Ignored”, la base di lavoro dei Nostri coincide con i Music-Lab Studio di Berlino, dove contano sull’ausilio delle sapienti mani del produttore Harris Johns.
Si parte con un intro battagliero (“The Dawn”), una specie di chiamata alle armi per il furioso attacco della title-track, e i Deathrow mettono subito in bella mostra l’arma in più rispetto ad esempio ai Tre Grandi della scena tedesca, almeno fino a quel momento: le due chitarre soliste. Il livello d’intesa e di affiatamento del duo Flugge/Priebe – già riscontrabile nel primo LP – é invidiabile, con ripetuti fraseggi suonati all’unisono e scambi di soli sulle variazioni della sezione ritmica. La successiva “Scattered By The Wind” è un veloce brano thrash più articolato del precedente, con una sezione centrale trascinante: difficile rimanere immobili senza ‘scapocciarsi’. Come suggerisce il titolo, “Dragon’s Blood” affronta temi fantasy, ispirati al mito di Sigfrido e il suo bagno nel sangue di drago. Il ritmo rallenta, assestandosi su un coinvolgente mid-tempo, che sfocia poi in un bel refrain dove il cantato pulito e melodico di Milo concede una tregua dopo l’assalto delle prime tracce.
È solo un «breve momento di quiete prima della tempesta», per citare una celebre battuta di Gary Oldman nel film “Leon”. In arrivo c’è un tris di canzoni da brivido: “The Thing Within”, “Pledge To Die” e “Mortal Dread”. Il song-writing è notevolmente ispirato e vario, mantenendo sempre una certa coerenza fondamentale e senza mai trascurare il concetto-canzone. Nonostante emergano le capacità tecniche del quartetto, compreso il lavoro al basso di Milo, non si deve pensare alle intricate composizioni di “Deception Ignored”. Si passa poi a “The Undead Cry”, un adrenalinico strumentale dal piglio speed/thrash aperto e chiuso dall’avvolgente suono del basso. L’album si chiude con la lunga “Beyond The Light” e di nuovo salgono in cattedra le due asce, autrici di una prestazione maiuscola. Molto evocativo il break centrale, con la parte recitata di Milo che racconta gli ultimi istanti di vita di un condannato a morte, che si lega al crescendo finale.

“Raging Steel” é un album veramente solido e consistente, di metallo forgiato nelle acciaierie della Ruhr che, in un certo senso, visto anche il seguente abbandono del chitarrista Thomas Priebe, chiude in modo esemplare una fase della carriera dei Deathrow.

Orso “Orso80” Comellini

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Track-list:
1. The Dawn 1:24
2. Raging Steel 4:13
3. Scattered By The Wind 5:12
4. Dragon’s Blood 5:57
5. The Thing Within 5:58
6. Pledge To Die 4:07
7. Mortal Dread 4:49
8. The Undead Cry 4:06
9. Beyond The Light 6:25

All tracks 42 min. ca.

Line-up:
Milo – Vocals, Bass
Sven Flugge – Guitar
Thomas Priebe – Guitar
Markus Hahn – Drums
 

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