Recensione: Reverse

Di Vladimir Sajin - 19 Marzo 2018 - 0:01
Reverse
Band: Eagleheart
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2017
Nazione:
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65

Una realtà dell’est Europa quella degli Eagleheart, una band Ceca che dopo sei anni di silenzio dall’ultimo lavoro “Dreamtherapy” torna a farsi sentire con questo ”Reverse” prodotto niente meno che dal mitico Roland Grapow. Negli anni che separano gli ultimi due album è avvenuto anche un significativo cambio di line-up, con l’arrivo di Filip Smetana alla batteria, Vojtech Simonich al basso e Roman Sacek alla voce. Una curiosità che accomuna due dei tre new entry è che oltre a suonare i propri strumenti sono anche dotati di ottime doti canore. La band sfrutta a pieno questa possibilità, utilizzando, in pratica, tre cantanti differenti, dando maggior spessore al comparto lirico dell’album. Ma tutto ciò è anche un preambolo a creare un risultato molto sfarzoso e pomposo, tipico del Power Metal. Talmente tipico, che già dalle prime note, l’elenco delle band a cui assomigliano cresce al pari del minutaggio del brano ascoltato: cominciando con i Kamelot, Helloween e Stratovarius, per poi finire con Masterplan e Symphony X. Anticipo il nostro ragguaglio dicendo che nonostante la poca originalità, il lavoro degli Eagleheart è fatto bene, suonato abilmente, la qualità c’è, ma in alcuni passaggi però, sembra effettivamente di sentire una delle band citate sopra. Fatta questa premessa, andiamo ad analizzare nel dettaglio questa nuova proposta degli Eagleheart.

 

Ci accoglie la classica intro ‘Awekening‘, una breve introduzione strumentale tipica di ogni album Power, molto pomposa e cinematografica, che crea la sensazione di attesa di qualcosa di eccezionale, che successivamente arriverà solo in parte, però. Il primo “vero” brano dell’album è ‘Until Fear Is Gone‘ un perfetto biglietto da visita, un pezzo d’impatto molto immediato dove troviamo la ricetta completa di questa band: un sound pomposo, melodie catchy, cori e assoli molto raffinati e accompagnati dalle percussioni che vanno a mille. Con la successiva ‘Healing The Scars‘ troviamo una lunga intro ma sopratutto un ritornello accattivante, dove viene messo in atto il cooperare dei tre singer, tirando fuori un risultato corale più che discreto. Se prima, per un motivo o per un altro, i nostri riuscivano sapientemente a distrarre l’ascoltatore, scacciando più o meno quella sensazione di già sentito, con ‘All I Am‘ ciò non avviene affatto. Un brano anonimo, che scorre quasi inosservato, lasciando presto spazio alla parte più riuscita del disco: ‘Palace Of Thoughts‘, che si apre in un perfetto mix tra aggressività e raffinatezza, un riff veloce, accompagnato da assoli e tastiere a tutto spiano, e a metà brano troviamo inserti riflessivi e teatrali, il tutto accompagnato da un’orchestrazione e produzione di tutto rispetto. Sulla stessa strada procede anche la tittle track ‘Reverse‘, aggiungendo ancora più assoli e cambi di ritmi, proponendo sonorità più variegate. Ma nonostante questo, giunti a metà album, la sensazione che prevale è quella di un buon lavoro, ottima tecnica esecutiva e buona produzione, ma il tutto risulta poco incisivo, freddo e scarsamente innovativo, passando spesso, senza che ce ne accorgiamo, in secondo piano durante l’ascolto, creando quella spiacevole sensazione di musica da sottofondo. Continuando l’ascolto, nella seconda parte di ”Reverse” si percepisce la voglia della band di cambiare le carte in tavola, proponendo brani più articolati tra loro e cercando di introdurre elementi nuovi nel sound complessivo. L’apertura di questa seconda parte è affidata a ‘Erased From Existence‘, un tempo medio intriso di assoli tecnici e veloci, creando una canzone volutamente a doppia velocità, dove si apprezza la volontà di sperimentare e dare un sapore complessivamente progressive a questo brano. Con ‘Mind To Deciphere‘ il sound viene cambiato ulteriormente. L’incipit, dal sapore arabo, precede una sezione ritmica che progressivamente aumenta di velocità fino a risultare quasi al limite del Death Melodico. Il tutto viene evidenziato da un cantato più aggressivo e sporco, con lievi accenni a un fievole growl in sottofondo. Un brano coraggioso e interessante. Questi episodi di varietà vengono abbandonati da una fiacca e poco ispirata ‘Endless‘, l’ennesimo brano anonimo e scialbo. ‘Enemy Within‘ solleva un po’ i toni, regalando un brano poco originale ma ricco di assoli e virtuosismi tecnici, chiamando in causa tutta la band. Un tipico brano Power, fatto bene, senza infamia e senza lode. In chiusura troviamo ‘Painting The Shadows By Light‘, probabilmente il brano meglio riuscito insieme alla già citato ‘Palace Of Thoughts‘. Qui troviamo tutti gli elementi di un perfetto brano Power, con la sua struttura complessa e variegata che non annoia mai, assoli neoclassici, sezione ritmica di una precisione maniacale, ritornello ispirato e mai monotono, ma sopratutto una parte tecnica che finalmente sposa alla perfezione quella melodica, ottima prova. Chiude il disco un’immancabile ballad, ‘Erased‘, che non aggiunge nulla a questo full length pieno di alti e bassi.

 

La conclusione finale non può che promuovere questo ”Reverse” con una sufficienza piena, guarnita da qualche elemento più che buono qua e là, ma nulla di più. È doveroso sottolineare il balzo qualitativo in avanti fatto dagli Eagleheart rispetto ai loro lavori precedenti, sia dal punto di vista produttivo che compositivo. In un mondo senza la concorrenza, oppure senza altre infinite realtà di questo genere, probabilmente ”Reverse” avrebbe potuto essere apprezzato maggiormente. Sappiamo che, purtroppo, non è così e gli interpreti devono fare i loro conti con un universo di realtà e proposte più o meno simili tra loro. Ed è proprio in questo universo che il nostro ”Reverse” si perde tra milioni di stelle, senza arrivare ad accumulare abbastanza calore da poter aspirare ad essere un sole. Un lavoro che illumina l’ascoltatore con la sua luce, ma senza riuscire a scaldarlo del tutto. Rimanendo in tema con la nostra metafora, questo lavoro piacerà sicuramente a chi trae godimento nel guardare un cielo stellato per scorgere, in lontananza, una stella qualunque che prima gli era sfuggita e ora, per qualche ragione, l’ha incuriosito e attratto la sua attenzione. Deluderà, invece, chi cerca un nuovo sistema solare. Potrebbe essere che tale sole, per un nuovo sistema solare, si è già acceso nei meandri sinaptici del collettivo ceco e dobbiamo solo attendere che si realizzi e che la sua luce ci raggiunga per illuminarci, ma soprattutto per scaldarci con il suo bagliore.

 

Vladimir Sajin

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