Recensione: Rise of the Empire

Di Marco Donè - 11 Dicembre 2019 - 12:56
Rise of the Empire
Band: Ade
Etichetta: Extreme Metal Music
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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75

È ormai da un decennio abbondante che il death metal made in Italy gode di ottima salute, grazie a band in grado di sfornare dischi di assoluto livello e capaci di togliersi più di qualche soddisfazione, soprattutto all’estero. Basti pensare ai Fleshgod Apocalypse, uno dei nomi di riferimento dell’attuale scena estrema internazionale, o agli Hideous Divinity, freschi di contratto con la prestigiosa Century Media Records. Senza dimenticare, ovviamente, formazioni come Antropofagus e Hour of Penance, che vanno a suggellare la qualità del death tricolore. Ma queste sono solo le punte di diamante di un movimento che può vantare un sottobosco floridissimo, composto da band dall’elevato valore, a cui il destino non sempre ha dato quanto dovuto. Tra queste formazioni rientrano sicuramente gli Ade, combo capitolino che da anni sforna dischi di pregevole fattura, portando avanti un concept incentrato sull’antica Roma, sia dal punto di vista dell’immagine, che dei testi. I Nostri hanno sviluppato una proposta personale, fatta di death metal e atmosfere cinematografiche (passatemi il termine), che ci rimandano a ritroso nel tempo, come dovrebbe fare una band che parla dell’Impero romano.

Rise of the Empire”, disco che ci troviamo a curare in queste righe, è il quarto album degli Ade e arriva a tre anni di distanza dal precedente “Carthago Delenda Est”. I Nostri si presentano con una line-up completamente rivoluzionata, di cui il solo Fabivs – il mastermind della band – rimane a dare continuità con il passato. Va subito detto che rispetto a “Carthago Delenda Est”, lavoro che aveva dato ampio spazio a quelle atmosfere cinematografiche citate in precedenza, il nuovo “Rise of the Empire” ci restituisce gli Ade in una dimensione più death oriented, senza scordare, ovviamente, quelle atmosfere pompose che ne hanno sempre contraddistinto la proposta. Ci troviamo così al cospetto di un album roccioso e feroce, suonato con grande perizia tecnica da una band che appare affiatata e ispirata. Il disco è incentrato sulla figura di Cesare, una delle personalità più affascinanti dell’antica Roma, e le canzoni sono la perfetta trasposizione del temperamento di Cesare o, perlomeno, di come ci è stata tramandata la sua figura: maestose, epiche, brutali, dirette. Basta la doppietta iniziale, ‘Empire’ e ‘The Gallic Hourglass’, per comprendere quanto abbiamo appena scritto. Il biglietto da visita del disco sta proprio in queste due tracce: i riff abrasivi di Fabivs sono il fulcro attorno cui “Rise of the Empire” si sviluppa, valorizzati da una sezione ritmica al fulmicotone, in cui spicca la prestazione alle pelli di Decivs che, per restare fedeli al tema dell’antica Roma, si rivela un autentico ariete, capace di abbattere qualsiasi cosa. Il valore aggiunto del disco è però la prova del nuovo cantante, Diocletianvs, perfetto interprete delle atmosfere dell’album. Una prestazione fatta in funzione delle canzoni, della storia narrata nei testi.  Così, all’occorrenza, risulta brutale, marziale quando necessario, per trasformarsi poi in un perfetto narratore. Una prova maiuscola, realizzata con personalità e una potenza vocale fuori dal comune.
Il disco ci regala una serie di tracce che si rivelano dinamite pura, canzoni in grado di combinare alla perfezione violenza, eleganza ed epicità. Oltre alle già citate ‘Empire’ e ‘The Gallic Hourglass’, spiccano infatti la cadenzata ‘Once the Die Is Cast’, con una prestazione da urlo di Diocletianvs al microfono, l’inno ‘Veni, Vidi, Vici’, già entrata di diritto tra i classici della band, e le massacranti ‘Imperator’ e ‘Suppress the Riot’. Certo, va detto che durante l’ascolto dell’album compaiono alcuni passaggi meno ispirati, in particolare nella parte centrale di “Rise of the Empire”, ma la nuova fatica griffata Ade si rivela convincente nel suo complesso, un lavoro dotato di un gran tiro, che saprà far scapocciare più di qualche metalhead. Da segnalare, inoltre, l’ottimo lavoro svolto da Stefano Morabito in cabina di regia, che ha messo a segno una produzione moderna, in grado di valorizzare l’impatto delle composizioni, ma anche di curare quelle atmosfere cinematografiche insite nell’Ade sound.

Gli Ade ci regalano così un altro disco di livello, confermandosi come uno degli act più in forma di quel sottobosco death metal di cui avevamo accennato all’inizio di queste righe. I Nostri continuano imperterriti per la propria strada, portando avanti una proposta personale e affascinante, le cui atmosfere pompose, a un primo ascolto, potrebbero forse far storcere il naso ai death metaller più intransigenti. “Rise of the Empire” è però un album che necessita di ripetuti ascolti per poter essere compreso, va vissuto con i testi sotto mano, cercando di immergersi appieno in quel viaggio a ritroso nel tempo, alla riscoperta dell’Impero romano, che sta alla base del concept degli Ade. Solo in questo modo potremo apprezzare tutte le sfaccettature del sound di Fabivs e compagni, rimanendone affascinati. La speranza è che con “Rise of the Empire” gli Ade abbiano raggiunto la tanto agognata stabilità in line-up, in modo che possa crearsi quell’amalgama in grado di trasmettere stimoli nuovi, che possa far crescere ulteriormente la band. Poc’altro da aggiungere: avanti così Ade, la strada è quella giusta.

 

Marco Donè

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