Recensione: Rock ‘N’ Roll Love Affair

Di Fabio Vellata - 22 Aprile 2020 - 0:05
Rock ‘N’ Roll Love Affair
Band: Crosson
Etichetta: Galaxy Records
Genere: Hard Rock 
Anno: 2020
Nazione:
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76

Iconografia fumettosa ed uno stile decisamente sopra le righe.
Ingredienti che sin dal debutto datato 2016 familiarizzano brillantemente con Jason Crosson e la sua band, simpatico esempio di glam metal dai contorni pompati all’eccesso che fa dell’ironia goliardica uno dei tratti maggiormente riconoscibili del proprio modo d’essere.

Giocherellone e stravagante ma non per questo sprovvisto di argomenti utili a farlo prendere sul serio. Con “Invisibile”, secondo capitolo in carriera uscito nel 2018, il rocker australiano ha, infatti, dimostrato di possedere, oltre all’immagine colorata, anche interessanti valori artistici. Ed i risultati non si sono fatti attendere: classifiche tedesche alla mano, il disco è stato un successo notevole di vendite e popolarità.

Come da convenzione, è tuttavia il terzo album quello determinante nel collocare al meglio la statura qualitativa di una proposta musicale.
Il debutto è un test esplorativo. Il secondo disco vive solitamente di riflesso e si muove sulla scia del primo, perfezionandone gli aspetti.
Con il terzo arriva la prova del nove: non c’è più effetto sorpresa e solo se esistono basi un po’ solide in termini di creatività e songwriting il progetto lievita senza avvitarsi sterilmente su se stesso per poi spegnersi. Lo abbiamo visto parecchie volte.
Crosson, all’apparenza uno smargiasso con la passione per la cioccolata e le ragazze more (parole sue), è in realtà un marpione “di tre cotte” e pare esserne a conoscenza molto bene. Lo dimostra il reclutamento di alcune sicurezze in tema di missaggio e masterizzazione come Duan Baron e Dave Donnelly, attivi negli anni con una fiumana infinita di grandissime personalità degli ambienti glam e hard rock (Poison, Alice Cooper, Ozzy, Motley Crue, Whtesnake, Aerosmith…). E lo certifica, conseguentemente, il taglio delle canzoni che con pervicace costanza vanno alla ricerca di hookline sornione e furbescamente confezionate per coinvolgere un’audience possibilmente ampia.

Le armi sono quelle utilizzate sinora: una presentazione teatrale e pomposa dei brani, l’insolito vocione di Crosson (una inconsueta via di mezzo tra Jirky 69 dei 69 Eyes ed il vecchio Ozzy) ed un bel tiro hard glam che vada dritto al punto e riesca, prima di tutto e sopra ad ogni altra cosa, a divertire l’uditorio.
Succede realmente. E pur senza toccare livelli eccelsi, con “Everyone’s a Star”, “Rest in Piece”, “Weak at the Knees (For a Hot Brunette)” e “Possessed” si riconoscono tutti i tratti e gli echi proprio di Alice Cooper, Poison, Ratt e Kiss.
Impossibile poi non menzionare “Merry Go Round”, un pezzo che anche ai sordi ricorderà un famosissimo brano di Bon Jovi
Incentivo fondamentale alle nostre orecchie, i suoni. Questo è un disco da ascoltare senza possibilità di replica in cuffia per capire, una volta per tutte, ciò che sosteniamo da tempo. Se dotato di una qualità audio davvero degna, anche un prodotto di media levatura può acquisire molti punti in più in gradimento e piacere d’ascolto.
Accadeva nei “big eighties”, peccato ora sia un’opzione considerata sempre più di rado…

Non c’è, come in effetti non c’è mai stato, da gridare al miracolo: che Crosson sia un po’ “paraculo” (ci sia consentito il termine) è facile da sospettare. Ed ovviamente i grandi “antichi” sono ben distanti dall’essere raggiunti o guardati da vicino.
Ma occorre esser altrettanto sinceri: dal suo nuovo album ci aspettavamo null’altro che un po’ di goliardia e divertimento.

Siamo stati abbondantemente accontentati anche stavolta.

 

 

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