Recensione: Runes Of Power
Non avevo mai seguito con attenzione i serbi Númenor, trovandoli un po’ troppo lontani dai miei gusti, soprattutto per via di un cantato in growling troppo vicino al black metal e troppo distante, a mio parere, dal power metal che veniva spesso suonato. Quando poi mi hanno proposto questo “Runes Of Power”, uscito a novembre per Elevate Records, mi è stato detto che Marko Miranović aveva ridimensionato parecchio il suo modo di cantare, relegando il growl in poche occasioni; mi sono poi incuriosito ancora di più quando ho letto che, tra gli ospiti presenti nei vari brani, c’erano anche Thomas Vikstrom (Therion), il mitico Hansi Kursch e l’ex-Twilight Force Christian Eriksson. Il sesto album da studio del gruppo di Belgrado (comprendendo anche quello di cover dei Blind Guardian) è composto da 11 brani, per la durata totale di quasi 41 minuti ed ha un piacevole artwork, in stile epic metal, con il classico guerriero medievale. Diciamo subito che il full-length soffre di una certa alternanza tra pezzi davvero eccellenti, accanto ai quali ce ne sono altri di livello qualitativo inferiore o comunque alquanto lontani dal punto di vista stilistico; assieme al classico power metal, infatti troviamo brani che si rifanno all’epic dei Manowar, o al doom o altri che ricordano gli esordi su lidi black/death. E questa mancanza di compattezza, alla lunga, ascolto dopo ascolto, finisce per non convincere e non conquistare del tutto. Se il terzetto iniziale, infatti, permette di ascoltare un power metal ben fatto, con il rifacimento di “Make The Stand” che vede la partecipazione di Hansi Kursch, arrivano poi “Stealer Of Soul” che sembra un tributo ai Manowar che non c’entra letteralmente nulla con il disco, oltre alla durissima “The Nine”, con un growl di matrice black metal che finisce per infastidire alquanto. Il punto più alto lo troviamo nella meravigliosa “Stormbringer” (in cui è ospite Aleksandar Celtic Petrovic degli Orthodox Celts), canzone martellante, vera e propria cavalcata power, con la batteria di Marko Milojević che sembra una mitragliatrice (ascoltate la doppia-cassa ad esempio!); se tutto il disco fosse su questo livello avremmo una bomba di disco tra le mani che finirebbe tra le migliori uscite dell’anno!
Purtroppo non è così e già dalla successiva “Fight And Die” possiamo rendercene conto, con una canzone che sfiora spesso il melodic death, per via del cantato, ma anche di una batteria sparata a mille. Ma se quest’ultima potrebbe anche essere piacevole (in alcuni passaggi fa pensare ai Grave Digger più cattivi), è con “Bewitched Seas” che si sfiora il black, grazie anche ad un drumming che sfiora il blast-beat, mentre “Morgana Le Fay”, al contrario, ha un incedere quasi da doom metal per un brano che non decolla e rischia di annoiare. In “Stronghold” ritroviamo il growling ad indurire un pezzo che ritengo starebbe stato molto meglio con clean vocals, mentre l’album si chiude con il rifacimento di “Dragon Of Erebor”, brano quasi Rhapsodyano, la cui versione originale risale all’album “Sword And Sorcery” del 2015. Anche su quest’ultimo troviamo l’alternarsi dei due stili canori, uno pulito e l’altro in growl, che però su un sound del genere ci sta davvero bene! Ritengo che sia proprio su queste sonorità (presenti anche in “Arioch”, scelta per la realizzazione di un video) che la band serba debba insistere ed investire per farsi notare in positivo in futuro.
I Númenor, infatti, devono definitivamente decidere cosa fare, quale strada seguire, se vogliono dirottarsi definitivamente sul power (avrebbero tutte le capacità per farlo alla grande!), devono relegare ulteriormente il growl in secondo piano, ma soprattutto devono puntare ad una maggiore compattezza del songwriting perché alcuni pezzi spiazzano alquanto e sono anche un po’ fuori contesto (“Stealer Of Soul”, “Bewitched Seas” e “Morgana Le Fay” su tutti). Bisogna comunque dire che il nuovo percorso intrapreso con questo “Runes Of Power” può essere sicuramente interessante e può consentire ai Númenor di ottenere ancor più consensi.
