Recensione: Rust in Peace

Di Matteo Lavazza - 4 Ottobre 2002 - 0:00
Rust in Peace
Band: Megadeth
Etichetta:
Genere:
Anno: 1990
Nazione:
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100

Questo è un disco praticamente perfetto.
La recensione di “Rust in Peace” potrebbe finire qui, perfetto è l’unico modo per descrivere la musica contenuta in questo vero e proprio capolavoro.
“Holy Wars…The Punishment Due” apre le danze facendo subito capire il livello incredibile del disco; riff pazzeschi, un tasso tecnico pazzesco e un lavoro di songwriting splendido fanno di questa canzone un vero è proprio classico. Le chitarre di Mustaine  e Friedman pennellano dei passaggi da brivido, sempre supportate alla grande alla coppia ritmica Ellefson-Menza. Parti tirate si alternano a passaggi più lenti in modo incredibilmente fluido, creando dei cambi di tempo mozzafiato.
Anche la voce di Dave è su livelli altissimi, in perfetta sintonia con il feeling del brano.
La seguente “Hangar 18” è un’altra perla di questo lp, altro riff memorabile, altra prestazione da urlo del gruppo. La tecnica dei 4 musicisti è veramente pazzesca, sia in fase solista che in quella ritmica. Anche in questo caso, come d’altronde in tutto l’album, il livello compositivo e su standard altissimi.
Si prosegue con “Take no Prisoner”, brano che si sviluppa su ritmi più elevati, mantenendo però sempre una certa melodia.
“Five Magics” è l’ennesimo capolavoro del platter, un inizio cupo che fa da preludio ad una canzone cattiva, a suo modo violenta. Ancora una volta Mustaine stupisce per la facilità con cui riesce a comporre canzoni allo stesso tempo originali ma anche con il marchio Megadeth impresso a fuoco.
Il lato “b” viene aperto da “Poison was the Cure” che, dopo un inizio oscuro ad opera del basso di Dave Ellefson, parte in quarta con dei riff vagamente punk. In un disco pazzesco come questo un a canzone del genere sembra quasi sotto tono, ma rimane comunque un gran pezzo.
Con “Lucretia”si ritorna su picchi qualitativi impressionanti, con ritmiche spaventose e assoli incredibili, sia per feeling che per tasso tecnico.
“Tornado of Soul” è una canzone spettacolare, uno di quei pezzi da far  ascoltare a chiunque osa dire che il metal è solo rumore. Riff di chitarra mostruosi, ritmiche da infarto è una melodia tanto orecchiabile quanto originale.
Con “Dawn Patrol”  i Megadeth danno un ulteriore riprova della loro grandezza in fase compositiva, se mai ce ne fosse stato bisogno. Un giro di basso malato ed ipnotico accompagna la voce allucinata di MegaDave in un pezzo stranissimo, che lascia una sensazione di inquietudine, come se dovesse succedere qualcosa di assurdo da un momento all’altro.
Il finale e degnamente lasciato a “Rust in Peace…Polaris”, altra gemma di un disco che è un simbolo del Thrash americano. In questo pezzo ci sono tutti i Megadeth del tempo, chitarre splendide, sezione ritmica che dà ad ogni singolo passaggio una potenza devastante e, soprattutto, la voce del grande Mustaine, personaggio a volte discutibile, ma dotato di un carisma e di una voce assolutamente unici.
I suoni di “Rust in Peace” sono da considerare ottimi, anche prendendo come termine di paragone gli standard odierni.
Per concludere dico che questo disco non dovrebbe mancare nella discografia di nessuno, qualunque sia il vostro genere preferito.

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