Recensione: Second Skin

Di Daniele D'Adamo - 12 Maggio 2017 - 0:00
Second Skin
Band: Snakecharmer
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2017
Nazione:
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85

Quando musicisti del calibro di Chris Ousey (voce – exMonroe, exVirginia Wolf, exNewman, exMessage, Heartland), Laurie Wisfield (chitarra – exWhisbone Ash, exHome), Micky Moody (chitarra – exWhitesnake), Neil Murray (basso – exWhitesnake, exGary Moore, exBlack Sabbath, Empire), Harry James (batteria – exThunder) e Adam Wakeman (tastiere, voce – exOzzy Osbourne, exBlack Sabbath), decidono di mettersi assieme, il risultato complessivo non può che essere eccellente.

Non è un’equazione matematica, questa, ma nel caso degli Snakecharmer – altro clamoroso acquisto da parte della nostrana Frontiers Music – , è impossibile pensare a un risultato diverso talmente è elevata la classe e l’esperienza in gioco. Bene o male, si tratta di un pezzetto di storia del rock che aggiunge alla storia stessa un altro capitolo, un altro tassello.

Il secondo, per l’esattezza, poiché “Second Skin” segue a distanza di quattro anni il debut-album, omonimo.

In certe occasioni si potrebbe pensare che ci sia solo e soltanto un intento meramente commerciale, quando si riuniscono i grossi nomi. Bene chiarire subito: non è il caso dei Nostri. I quali, in cinquantadue minuti di musica da urlo, danno forse il meglio di sé con la closing-track ‘Where Do We Go from Here’, semi-ballata ammantata da immensa bravura compositiva. Da brividi gelati sulla pelle, scritta sicuramente con tutto il cuore, con un breve solo finale dalla genialità inversamente proporzionale alla durata.

Tuttavia, la ridetta bravura compositiva è assolutamente presente in tutto il disco. Una bravura rara, poiché gli Snakecharmer uniscono perfettamente due generi sentimentalmente opposti, almeno a parere di chi scrive: l’hard rock e il blues. Soprattutto il blues, specie per nulla semplice da interpretare, da sentire dentro, per gli europei. Culturalmente distante anni luce dalle luccicanti melodie dell’hard rock. Intimo e introspettivo, il blues ha armonie ed empatie tutte sue, ostiche da digerire se non si ha la pelle… ambrata. Quasi due opposti, insomma. Un’antitesi difficilissima da realizzare proprio per questo, per la complessa diversità delle radici primigenie.

Occorre ascoltare, per rendersi appieno conto dello sterminato talento del combo inglese. Ascoltare e ascoltare. ‘Are You Ready to Fly’, capolavoro da mandare a memoria per sempre, nobilitato – anch’esso – da uno straordinario guitar-solo dal flavour à la AC/DC, un po’ come l’arcigno riff di ‘Dress It Up’.

Però, a essere onesti, citare delle song pare quasi una mancanza di rispetto a cotanta nobiltà: una per l’altra, le canzoni di “Second Skin” fanno storia a sé, legate dal meraviglioso filo conduttore che è l’inconfondibile Snakecharmer-sound. Impossibile replicare una simile accuratezza esecutiva – da enciclopedia del suono perfetto – , impossibile che ci siano altri Snakecharmer.

Attenzione, tuttavia. La dolce melodiosità dell’hard rock riesce a sciogliere la durezza del blues, sì, ma “Second Skin” non è un full-length d’immediata assimilazione. Occorre parecchia pazienza per sciogliere il nodo rappresentato da brani assai difficili come ‘Forgive & Forget’. Una volta completato il processo digestivo, ci si accorgerà di cantare sotto la doccia tutto il platter! Il che riporta al punto focale: gli Snakecharmer sono riusciti a rendere fruibile uno stile dannatamente adulto, dannatamente caleidoscopico. Uno stile esigente, aspro, dalle mille e mille sfumature timbriche.

Fantastici! 

Daniele “dani66” D’Adamo

 

 

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