Recensione: Second to None
Ultra melodici, orecchiabili, facili da ascoltare. Magari un po’ leggerini, ma certamente gradevoli.
Gli svedesi Grand con il secondo capitolo discografico della loro breve carriera non danno l’impressione di voler percorrere strade troppo distanti da quella che è la tradizione del genere a loro congeniale.
Un light AOR che riverbera molte delle cose che negli anni abbiamo ascoltato da Bad Habit, Street Talk, Talk of the Town e primi Radioactive.
Con minimi riferimenti pure a Bryan Adams ed ai padrini primigeni Abba.
Sensibilità accentuata per la melodia radiofonica con moltissime concessioni all’easy listening che palesa un carattere estremamente solare e ad ampio respiro.
Ne deriva un disco che, esattamente come il suo predecessore, non presenta nulla di troppo incisivo in termini di personalità, preferendo basare tutta la propria attrattiva sull’immediatezza di canzoni piacevoli e ben arrangiante.
Seppur carico di cliché e trame sperimentate ed ascoltate più volte, “Second to None” scivola con discreta scioltezza, mostrandosi come affidabile compagno di momenti “spazzacervello“.
Quelli che, dopo magari una pesante giornata di lavoro, permettono di riconciliarsi con un po’ di sensazioni rilassanti in compagnia di musica di buona fattura, ancorché lontanissima da velleità memorabili.
Come facile da intuire, il secondo album dei Grand non è materiale destinato a segnare apici da leggenda. Ma è piuttosto, un discreto album di musica accattivante che potrà piacere agli appassionati del versante più lineare e “garbato” del melodic rock di radice nord-europea.
“Crash and Burn”, “Kryptonite”, “Out of the Blue” sono canzoni da suoni molto ben torniti, con ritornelli facili da ricordare e dall’impronta molto anni ottanta.
Aggressività poca, tanto rock radiofonico ed un taglio decisamente morbido ed accomodante.
Qualche buon momento di AOR leggero in un complesso che, va comunque rimarcato ancora con onestà, non è destinato a rimanere inciso negli annali del settore.
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