Recensione: Sect of Faceless

Di Andrea Bacigalupo - 27 Giugno 2020 - 15:18
Sect of Faceless
Band: Reverber
Genere: Thrash 
Anno: 2020
Nazione:
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82

Continua la folle corsa dei Reverber, Thrash Metal band romana nata nel 2007 e con già all’attivo due album: ‘Serial Metal Killer’, del 2009, e ‘Immortalis’, del 2016.

Ora è la volta di ‘Sect of Faceless’, reso disponibile via Punishment 18 Records da maggio 2020 solo digitalmente e poi, da settembre, anche su dischetto ottico. L’infausto motivo di questo intervallo di tempo è l’emergenza causata dal diffondersi del coronavirus.

Con questo nuovo lavoro la band, con ormai tredici anni di esperienza sulle spalle, alza pericolosamente l’asticella, sfoderando un Thrash figlio della vecchia scuola ma portato prepotentemente ai giorni nostri per mezzo di un sound molto compatto e furioso.

Se l’energia sprigionata da ‘Immortalis’ inchioda al muro, mettendo in luce una band dalle buone qualità e dalle ottime potenzialità, la mazzata esplosiva di ‘Sect of Faceless’ sfracella proprio, senza mezzi termini.

Non si fanno prigionieri, l’espressione artistica del feroce quartetto capitolino è sempre più personale, anche se non viene mai meno il richiamo al loro bagaglio culturale e fonte d’ispirazione, che mette assieme le sonorità tipiche della Bay Area con quelle provenienti dal Nord Europa.

Ritmiche serrate allo spasimo, rese ancora più massicce da una doppia cassa che è l’equivalente di un mitra, producono un attacco sonico devastante, comandato da una voce decisa ed imperiosa.

Il songwriting è essenzialmente diretto ed incisivo e gronda parecchia cattiveria, emanata da riff abrasivi uniti da linee melodiche taglienti e sezioni soliste parecchio coinvolgenti. E’ inoltre reso ancora più massiccio grazie ad una produzione che ben esalta le capacità tecnico compositive dei musicisti (l’album è stato registrato al 16th Cellar Studio di Stefano Morabito).

L’elemento essenziale è la velocità d’esecuzione: lo spostamento d’aria creato dall’attacco violento di ‘Gods of Illusion’, brano che riassume un po’ tutto quello che è lo stile Reverber, frantuma le ossa. Il pezzo è un bombardamento di strofe aggressive e refrain potenti che lasciano senza fiato.

Anche la Title-Track, ‘Sect of Faceless’ è una bella sfuriata, costituita da cambi di tempo martellanti e continui, preceduta da un’introduzione scura e malvagia che tiene viva l’attesa nella migliore tradizione Old School.

Furia che continua imperterrita in ‘My Name is Destruction (Alboin the Conqueror)’, un pezzo indemoniato con una granitica sezione marziale a metà che rievoca, con buona intensità emotiva, le imprese del re longobardo che conquistò l’Italia, regnando dal 569 al 572, le cui gesta sono state amplificate dai racconti del popolo, nonostante i massacri compiuti, facendolo diventare un personaggio leggendario.

Passando per la durissima ‘Channel 666’, titolo che al sottoscritto ricorda il N. 15 di Dylan Dog, personaggio bonelliano che ha molto  in comune con il mondo metallico, si arriva alla coinvolgente ‘Nightmareland’, altro episodio significativo dell’album che dimostra quanto i Reverber siano intenzionati ad emergere: refrain con un tocco epico ma durissimo, rallentamento improvviso e intermezzo melodico che spiazza … descriverlo è difficile, bisogna ascoltarlo.

Energia e grinta vengono fuori nelle tracce successive, aggressive e mordaci quanto trascinanti, fino alla feroce ‘Vlad’, pezzo spietato quanto il personaggio da cui trae il nome, il crudele Dracula, l’impalatore.

Chiude la cover di ‘Angel Witch’, dell’omonimo terzetto albionico che fu tra i fautori principali della NWOBHM, sparata a mille secondo lo stile Reverber. Un degno finale, direi.

Tirando le somme, ‘Sect of Faceless’ mostra una band coesa, che sa il fatto suo e che ha tutti i numeri per andare lontano. Teniamoli sempre sotto osservazione, non ci deluderanno. Ottimo lavoro!

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