Recensione: Shreds Of Humanity

Di Daniele D'Adamo - 25 Luglio 2014 - 18:45
Shreds Of Humanity
Band: Irreverence
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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77

 

Band si può dire ormai storica nel panorama musicale del metal estremo nazionale, gli Irreverence – nati a Milano nel 1995 – giungono quest’anno al traguardo del quarto full-length in carriera, intitolato “Shreds Of Humanity”.

Una carriera funestata da numerosi cambi di formazione, i quali avranno magari rallentato il loro processo produttivo (quattro full-length: “Totally Negative Thoughts”, 2001; “War Was Won”, 2005; “Upon These Ashes”, 2011; “Shreds Of Humanity”, 2014 – un EP: “Target: Hate”, 2003 – una compilation: “Into The Battle Since 1995”, 2006) ma che senz’altro non hanno intaccato nel modo più assoluto la determinazione dei due membri fondatori, Riccardo Paioro (chitarra e voce) e Davide Firinu (batteria). Sempre decisi sino in fondo a fondare e rifondare l’ensemble per spargerne il verbo alle genti.

Così, con una solida esperienza alle spalle e l’innesto, nel 2012, del chitarrista solista (Eros Melis) e del bassista (Stefano Trulla), l’irriducibile duo ha affinato ulteriormente le armi nella definizione di uno stile assai vicino al groove metal (o post-thrash) ma, allo stesso tempo, ben distaccato dal medesimo. A volte non sono solo e soltanto i dettami oggettivi di uno stile a far sì che il sound di un gruppo possa o meno essere assimilabile allo stesso. Più di essi può essere una sensazione a pelle, una percezione istintiva, un’immagine mentale, a far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. Ed è proprio il caso degli Irreverence, questo. Sarà l’harsh aggressivo e corrosivo di Paioro, sarà il drumming impetuoso e possente di Firinu – che, comunque, anche nei momenti più intensi non sfora praticamente mai nei territori dei blast-beats – , sarà il tempestoso e iper-tecnico lavoro al basso da parte di Trulla, saranno i laceranti soli di Melis, ma riesce naturale accumunare il combo lombardo più al death che al thrash. Per definire, allora, un sottogenere che potrebbe chiamarsi ‘groove death’, per dare – con la massima sintesi – un’idea ben precisa del suono partorito dalle menti e dalle mani dei Nostri.   

I quali, per inciso, si rivelano anche dei buoni songwriter. Canzoni innanzitutto compatte e piene zeppe di note, dall’alto peso specifico, immutabili da quella fisionomia che richiama il marchio di fabbrica della band stampato su “Shreds Of Humanity”. Già questo è un talento non da poco, che si possiede tirandolo fuori con naturalezza, oppure che non si ha. Inoltre, seppur la melodia non sia una peculiarità certamente primaria del platter, i brani si rivelano incisivi e accattivanti. Anche se, occorre rimarcarlo, ci vogliono davvero tanti passaggi sotto il laser perché tale caratterista salti fuori. Un po’ di macchinosità nell’imbastire le composizioni, forse, anche se probabilmente si tratta solo di una sensazione soggettiva.

Ecco quindi che all’ottima “React, Reborn”, durissima e travolgente, si possono accumunare altri episodi particolarmente riusciti. Come “Discordianism”, manifesto di grande tecnica non fine a se stessa, oppure “Fear”, da considerarsi quasi una hit per via del suo chorus semplice, immediato e da mandare immediatamente a memoria. Tuttavia, almeno a parere di chi scrive, gli Irreverence danno il meglio quando compare qualche armonizzazione tale da addolcire un po’ il sound. Lo dimostra “Endeavour To Live”, certamente granitica come tutte le compagne del lotto, ma impreziosita da un refrain di chitarra che mette in pace l’oreccchio. Una grande song, che sicuramente segnerà il cuore dei deathster.     

Molto bravi, allora, gli Irreverence. Onore a loro e a “Shreds Of Humanity”. Al metal estremo italiano e alla determinazione di chi non molla mai.

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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