Recensione: Songs Of Battle

Di Alessandro Zaccarini - 11 Maggio 2004 - 0:00
Songs Of Battle
Band: Hin Onde
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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64

Nel 2000 la Aftermath Music di Trondheim, città che dovrebbe essere una garanzia in campo viking, butta sul mercato gli Hin Onde. La band viene annunciata come fautrice di un metal a cavallo tra il viking e il folk e, per questo, smuove abbastanza le acque nelle attese dei fan del genere. La formazione in questione è composta da tre membri: Wircki (sintetizzatore), VRTX (percussioni), e NRQ ad occuparsi delle linee vocali, delle chitarre e ancora dei synths. Fino a questo punto nulla di così singolare (se non i nomi dei componenti…), ma c’è una sorpresa: la band annovera tra i musicisti guest dell’album, oltre ad un bassista, anche un cantante che si occupa delle “clean vocals”, parti che nell’album non hanno certamente un ruolo marginale.

Songs of Battle si presenta con un artwork discreto e un booklet ben fatto, capace di essere abbastanza ricercato e gradevole senza scadere nel pacchiano. È proprio la title-track, Songs of Battle, ad aprire in maniera piuttosto ispirata l’album, lasciando ben sperare in un proseguimento su livelli medio-alti. Si tratta di un buon pezzo, sicuramente tra le cose meglio riuscite dell’intero lavoro. L’epico riff d’apertura (che ricorda molto i Thyrfing) è affidato alla tastiera, mentre la strofa è sostenuta da un uso di chitarre dalla distorsione notevolmente grezza. È ancora la tastiera ad occuparsi di un break centrale e della conduzione delle melodie del brano. La seguente House Of Hel blocca però subito gli entusiasmi. In meno di tre minuti che sembrano provenire da un demo, chitarra e voce, registrate in maniera fin troppo rozza si mischiano in maniera confusionaria. La batteria è bassa e questo non fa altro che mutilare un pezzo che presenterebbe anche tratti discreti. L’unica parte che riesce ad emergere distintamente dal caos compositivo è il riff di chitarra nel break sul finale. The Rune – Singer’s Path non fa altro che ripercorrere, in maniera meno brillante, quanto già avuto modo di sentire nell’opener. Protagonista della successiva e più rilassata Soulswan è invece un buon riff. Peccato che la maggior parte delle linee vocali siano affidate alla voce pulita che rovina abbastanza aggressività e atmosfera, abbassando le potenzialità del pezzo. Da segnalare invece, come spunto positivo, la presenza di un assolo melodico e gradevole. Twelve Valiant Men ha un impatto decisamente più tetro delle tracce precedenti. Atmosfera che gli Hin Onde riescono a gestire abbastanza bene senza creare una forte dissonanza con le tastiere che passano dal cupo accompagnamento a melodie di stampo quasi medio-orientale (vedi la dottrina dei maestri Amorphis) fino a cambiare quasi totalmente natura nella seconda parte del pezzo che rallenta e, guidato da un piano, si trasforma quasi in una cadenzata semi-ballad. Burning The Lake Alve è semplice e aggressiva.. Il cantato è sporco e roco e si abbina bene alle parti strumentali con la chitarra distorta che finalmente cavalca tra cambi di tempo fino a ritmi abbastanza elevati anche se sempre schematici. Sicuramente una ventata di freschezza. Fimbulwinter e Through Sinister Landscapes non aggiungono nulla di nuovo. Con la loro natura piuttosto melodica e, ancora una volta, una sostanziosa parte di cantato pulito spesso portato quasi forzatamente alla stonatura, i due brani battono sentieri già noti. Language Of The Woods, uno dei momenti più piacevoli di Songs Of Battle, è una lenta ballata di poco più di due minuti a base di scarni e minimali partiture di tastiera, timpani e tamburello. Il cantato, una voce sussurrata, ricorda il vento che carico d’eco attraversa gli alberi millenari. Siamo all’apice delle contaminazioni folk che la band ha messo in questo Songs Of Battle. 24th Of September è costruita su quelle ossature che a questo punto dell’album conosciamo fin troppo bene ed ancora una volta la sensazione è quella del “già sentito”, eccezion fatta soltanto per un brevissimo inserto pseudo-folk che a tratti pare rianimare la canzone. Paganheart racchiude quello che di buono gli Hin Onde hanno fatto sentire su questo lavoro, muovendosi sui livelli della title-track. Velocità sostenuta, cantato sporco, riff non disorganizzati come in altri momenti, tastiera meno invadente del solito, stacco folkeggiante e ritornello piuttosto epico e orecchiabile. Songs Of Battle presenta anche tre bonus tracks, le quali ripropongono il trittico 2-3-4 dell’album (ovvero House Of Hel, The Rune e Soulswan) in chiave alternativa, risultando a volte meglio delle originali. Questo avviene quando il cantato al sporco è finalmente affidata la sostanziosa parte delle linee vocali.

L’album non presenta grossi spunti personali e si muove su melodie e schemi piuttosto monotoni. Unico tocco singolare lo si ha quando la band cerca di fondere sonorità e canoni più heavy con altri più black: combinazione non sempre completamente riuscita, ma che a volte risulta efficace. Ciò che lascia davvero perplessi è la scelta delle varie produzioni che passano da parti grezze ed essenziali ad altre pulite e gonfie. Il sintetizzatore e la voce (in particolar modo quella pulita) rimangono sempre in primo piano rispetto ai riff di chitarra e alla batteria, con la conclusione ovvia che questi ultimi due passano in sordina divenendo una base a volte addirittura caotica (nell’accezione negativa del termine). Fondamentalmente il problema principale è che manca quella ponderazione che è necessaria per fare questo genere in maniera brillante. Manca nel songwriting, manca nel missaggio, manca nella scelta della voce. È infatti da archiviare immediatamente sotto la voce “esperimento fallito” l’idea di affidare alla voce pulita parti così consistenti delle linee vocali. Jani Hytonen non è Quorthon e certe stonature quasi forzate e lamentose risultano il più delle volte fuori luogo. Non a caso i frangenti migliori dell’album risultano essere quelli col cantato sporco. Inoltre, al di là qualche minuta contaminazione, la vena folk di questo lavoro si esaurisce in fretta, fin troppo per poter definire questo album pagan-folk come è stato fatto più volte.

Per quanto riguarda le liriche invece il panorama è molto più vario di quanto offra la proposta musicale. I testi di Songs Of Battle si muovono tra la mitologia finnica, al pantheon pagano classico, fino alla storia vera e propria; anche se mai supportati a dovere da una componente “sentimentale” e di atmosfera che nel disco fatica tremendamente ad emergere. Riepilogando: ci sono alcuni pezzi buoni, alcune idee non male, mentre per quanto riguarda il resto si tratta davvero di materiale noioso e presto stancante. Il consiglio spassionato è quello di dare un ascolto attento prima dell’acquisto, perché quest’album non va oltre la semplice sufficienza e rischia quindi di nauseare molto più velocemente di quanto non si creda.

Alessandro “Zac” Zaccarini

Tracklist:
01. Songs Of Battle
02. House Of Hel
03. The Rune – Singer’s Path
04. Soulswan
05. Twelve Valiant Men
06. Burning The Lake Alue
07. Fimbulwinter
08. Trough Sinister Landscapes
09. Language Of The Woods
10. 24th of September 1155
11. Paganhearth
Bonus Tracks:
12. House Of Hel (Alternative)
13. The Rune – Singer’s Path (Alternative)
14. Soulswan (Alternative)

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