Recensione: Songs of Last Resort

Alla consolle, Mimmo Amere…No. Marco Aro. Bastano un nome e un cognome per sapere alla perfezione cosa andremo ad ascoltare. I The Haunted, per chi non li conoscesse, hanno sempre avuto una carriera caratterizzata da un duopolio al microfono che ha sempre portato a ben precise scelte artistiche. Gli album con Peter Dolving erano thrash death agli albori per poi raggiungere risultati più sperimentali e interlocutori con dischi come The Dead Eye, Versus o Unseen; quelli con Marco Aro, invece, hanno sempre sfoggiato un’indole più diretta e battagliera, con un thrash death più puro, senza fronzoli, aggressivo e legato maggiormente a un certo Slaughter Of The Soul e altri titani della Svezia che conta, che non passano mai di moda.
Songs of Last Resort è quindi il decimo album in studio della band e il quinto con Marco al microfono, ed esce ben otto anni dopo il poco riuscito Strength in Numbers. Quello che ci troviamo di fronte fin dai primi ascolti è un ottimo lavoro confezionato da vecchie volpi, che si sono prese tutto il tempo necessario per tornare sul mercato con qualcosa di veramente valido e non una becera scusa per andare in tour e fare cassa.
Si parte in quinta con Warhead, che è anche il primo singolo estrapolato dal lotto, e per quaranta minuti si procede dritti sparati e senza compromessi, radendo al suolo qualsiasi cosa. Nulla più, nulla meno. Questa volta però il songwtriting è di buon livello e regala anche delle perle inaspettate come la bellissima To Bleed Out o la devastante Collateral Carnage, contornate da brani che fanno sempre il loro dovere senza mai venire a noia. All killer, no filler quindi, ed headbanging garantito nella maniera più sana e salutare.
La produzione dell’opera è di alto livello e con un pacca micidiale ma senza scadere nella plastica e la prestazione offerta è quella di una band che ancora si diverte e riesce a trasmetterlo; la voce di Marco è sempre un naufragar m’è dolce in questo mare e col tempo si è incupita, arrivando a somigliare tantissimo a Johan dei The Crown. In alcuni passaggi sembra proprio lui e l’effetto è piuttosto strano, ma sono dettagli.
Songs of Last Resort è un ottimo ed inaspettato ritorno, che riporta i The Haunted in carreggiata in maniera prepotente e con canzoni che dal vivo scateneranno l’inferno. Chiaro, non stiamo parlando di un capolavoro e i livelli di Revolver non è neanche giusto pretenderli; il gradiente di legnata però è di quelli importanti e vissero tutti felici e contenti. Bentornati.