Recensione: Sonic Station

Di Luca Corsi - 24 Febbraio 2012 - 0:00
Sonic Station
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Anno: 2012
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84

Sono oramai diversi anni che noi appassionati di rock melodico ripetiamo insistentemente come i paesi scandinavi rappresentino la nuova frontiera dell’Adult Oriented Rock. Per merito di compagini del calibro di Last Autumn’s Dream, Work Of Art, H.E.A.T., W.E.T. e Houston, i territori del nord Europa, Svezia in primis, hanno saputo conferire una ventata di freschezza ad un genere comunque sempre vivo e ben presente nonostante l’inesorabile trascorrere del tempo.

Se nel corso del 2011 a ricordarci come la Svezia fosse una terra fertile per certe sonorità – tale che qualcuno l’ha addirittura definita, non senza esagerare, “La nuova America” – ci hanno pensato l’omonimo debutto degli Houston e “In Progress” (lo stupendo ritorno dei Work Of Art), il neonato 2012 ci regala nella sua prima parte un inedito ed interessantissimo “promemoria”. 

Il nuovo progetto che va ulteriormente ad impreziosire la grande quantità e qualità del rock svedese – non a caso tempestivamente finito nelle saggi mani della nostrana Frontiers – prende il nome di Sonic Station, partorito dalla brillante mente e tradotto in realtà dalle talentuose mani del chitarrista/compositore/produttore Alexander Kronbrink con l’aiuto degli amici Jonathan Fritzén (tastiere), Henrik Linder (basso, Dirty Loops/Work Of Art) e Aron Mellergårdh (batteria, Dirty Loops).

Dopo aver imparato a suonare la chitarra da giovanissimo, ed aver mostrato con gli anni tutta l’abilità acquisita spaziando dal jazz al country, passando per il pop e l’hard rock, Kronbrink si è avvicinato sempre di più al magico mondo dell’AOR, e in particolare al suo versante più Westcoast, territorio dominato da giganti come Toto e Chicago. È infatti studiando accuratamente gli stili di vere e proprie leggende come Steve Lukather, Michael Landau e Dan Huff che il chitarrista svedese ha saputo trovare finalmente la sua strada, e percorrere fedelmente la retta via da loro profeticamente tracciata.

Non stupisce quindi se “Sonic Station” si rivela immediatamente all’orecchio come un forte richiamo alle sonorità brevettate almeno un paio di decenni fa dalle band di Lukather e Champlin, senza mai dimenticare il grande insegnamento impartito dai “solisti” Jay Graydon, David Foster e Kenny Loggins.

L’opener “Love’s Gonna Show The Way” – la quale esplode subito dopo un’invitante introduzione, molto atmosferica e con la chitarra che va a ricamare un gustoso assolo –  sembra quasi fuoriuscire direttamente dall’armoniosa poesia ottantiana. Come fosse scritta e interpretata con un David Roberts a fare da musa ispiratrice e la calda voce di Magnus Bäcklund – già all’opera con la pop band Fame – a tramutare in musica i suoi dolci sospiri, risulta vincente nel tentativo di ripescare quelle sensazioni scaturite dal debutto dei Work Of Art, ma anche da quello dei nostri Lionville. Emozioni, oggi potremmo dire, di un’altra epoca, come quelle che si respirano grazie al celestiale cantato della bella singer – e tastierista, scoperta grazie al programma televisivo “Så ska det låta” – Marika Willstedt, alla quale Bäcklund passa il testimone nella suadente “I Wish I Could Lie”, prima di riprenderlo, come i grandi campioni della staffetta olimpica, nella romantica “The Most Beautiful Fear”. Il talento della Willstedt è talmente evidente che non stupisce affatto l’onore a lei conferito di prestare voce a molti episodi di questo meraviglioso libro sonoro. Se l’energica “Running Through The Night”, “My Last Refrain”e la conclusiva “Reasons” le permettono di destreggiarsi e sfogarsi nella più totale libertà, è il duetto con Kristoffer Fogelmark in “Love You More” a simboleggiare la perfetta ripartizione, per merito di un ispirato coinvolgimento l’uno dell’altra, nell’utilizzo di voci maschili e femminili. Una gustosa compartecipazione che non si evidenzia, però, per l’essere l’unico apporto delle doti vocali di Fogelmark: “Never Let The Sunshine Die”, ma soprattutto “Hold On To Me”, sono infatti l’irresistibile biglietto da visita di questo, ennesimo, eccellente cantante svedese. L’intraprendenza dei vari Bäcklund, Willstedt e Fogelmark, già ampiamente sufficiente ad innalzare il comunque elevato valore dell’opera, viene replicata da un’altra figura femminile, anch’essa proveniente dalla musica pop: si tratta di Tove Lo, la quale vive il suo personale momento di gloria – nonché uno dei più “hard” dell’intero disco – in “You Have To Let Me Go”.

L’omonimo debutto dei Sonic Station è, a conti fatti, quanto di meglio si possa chiedere in questa nuova era al rock melodico. Dotati di una grande vena compositiva, musicisti talentuosi e con tanta voglia di mettersi in mostra, senza dimenticare una produzione degna dei nomi più illustri, questi giovani ragazzi svedesi si dimostrano essere tutt’altro che dei novellini, ma piuttosto gli ideali continuatori di quel grande filone Westcoast/AOR nato e proliferato con successo negli anni ’80.

Una piacevole sorpresa.

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Tracklist:

01. Intro (Strumentale)
02. Love’s Gonna Show The Way
03. I Wish I Could Lie
04. Hold On To Me
05. You Have To Let Me Go
06. The Most Beautiful Fear
07. Running Through The Night
08. Never Let The Sunshine Die
09. My Last Refrain
10. Love You More
11. Reasons

Line Up:

Alexander Kronbrink – Chitarre / Tastiere / Cori
Magnus Bäcklund, Marika Willstedt, Kristoffer Fogelmark , Tove Lo – Voce / Cori
Henrik Linder – Basso
Jonathan Fritzén – Tastiere
Aron Mellergårdh – Batteria

Additional Musicians:

Oskar Nilsson, Matilda Bådagård – Cori
Johan Hansén-Larson, Erik Metall, Kristofer Sundström, Johan Ivansson – Basso
David Larson – Tastiere
Thern Pettersson, Niklas Almgren – Batteria
Andreas Ekstedt – Percussioni
Conny Lindgren – Sassofono
Erik Palmberg – Tromba

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