Recensione: Stab Wounds

Di Giorgio Vicentini - 22 Luglio 2004 - 0:00
Stab Wounds
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Genere:
Anno: 2004
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80

Dopo gli Officium Triste, gioia e tripudio mi avvolgono ancora una volta ascoltando questo nuovo episodio della saga Dark Fortress, altro gruppo iscritto a propria insaputa nel mio personalissimo “roster dei preferiti”. Come per i sopraccitati olandesi, anche il combo black dimostra di aver trovato la ricetta per dare un giro di vite rispetto alle precedenti uscite e sfornare un disco molto valido ed ispirato.

Le caratteristiche di base non sono cambiate di molto: black metal melodico, tecnico ed articolato; influenzato dalla tradizione nordica svedese (aleggia velato lo spirito Dissection), per la ricerca della melodia, e norvegese per alcune partiture e sonorità più sporche e grezze; pezzi come sempre molto strutturati ed elaborati, sviscerati e costruiti senza lasciare che nessuno spiffero creativo sfugga e non venga utilizzato; songwriting articolato e di alto livello a dimostrare che la band non suona un black metal monodimensionale; tecnica individuale ragguardevole per via dei numerosi cambi di tempo e di tema all’interno di ogni pezzo; velocità di crociera notevoli interpretate con ordine e scioltezza senza dimenticare la melodia (onnipresenti le tastiere) o sconfinare oltre i lidi imposti dal genere.

Sostanzialmente, di fronte ad un lavoro dei Dark Fortress, alla domanda: “ritieni che il disco sia dotato di competenza esecutiva e capacità compositiva pura e semplice?” si è sempre potuto barrare la casella “sì”.

Purtroppo, esclusi gli aficionados della causa tedesca, per gli altri non posso giurare che l’asino non cascasse alla domanda successiva sul feeling e sulle impressioni emotive: ciò che mancava era il coinvolgimento e l’atmosfera generale accattivante ad intermittenza, stranamente vuota e poco comunicativa in certi spezzoni, che lasciava sempre con quel retrogusto di insoddisfazione e con punte di noia a causa della lunghezza delle tracks. Uso il passato poichè finalmente viene sedata buona parte dei vecchi dubbi sul feeling dei componimenti che, in “Stab Wounds”, hanno acquisito espressività senza snaturarsi e senza rinunciare alla proverbiale durata, toccando la quota finale di 60 min totali.

Il motivo in più

che stimola l’interesse e lo aiuta a restare vigile, è la produzione di lusso che toglie quel velo che annebbiava il suono del precedente “Profane Genocidal Creations”, (soluzione che avevo inteso come un tentativo non riuscito di dare un tocco di marciume black molto più adatto ad altri che allo stile dei Dark Fortress), e che mette in evidenza la pulizia tecnica e la notevole scorrevolezza senza impastare gli spezzoni più lanciati o quelli più squisitamente atmosferici. Una caratteristica tale, unita ad una maggiore maturità musicale, permette di gustare appieno un pezzo heavy e “thrasheggiante” come “Self Mutilation”, oppure gli stacchi di tastiera della title track. Altri episodi sarebbero degni di nota, come “Despise The Living” decisamente Dissection oriented, oppurre “A midnight Poem” dai toni disperati, ma sarebbe un far nomi a discapito di altri, visto che ogni passo dell’album ha un suo profilo base ben riconoscibile a caratterizzante.

Per non farsi mancare niente, non difettano le guest star che nella fattispecie sono il nostro connazionale Herr Morbid dei Forgotten Tomb, Adimiron degli Angst e Jens Ryden dei Naglfar. Visto che un pò di campanilismo non fa mai male, soprattutto perché giustificato dal risultato positivo della sua partecipazione, mi soffermo in particolare sull’apporto del leader degli italiani che dà un pesante contributo stilistico alla track “Like A Somnambulist…” , aumentando molto la propensione all’attitudine “suicidal” già di per sé marcata di “Stab Wounds”, che ne costituisce la spina dorsale per i testi e l’atmosfera.

La forza sostanziale di questo lavoro è l’ordinata miscela tra tematiche negative ed autolesionistiche, passaggi black velocissimi, stacchi melodici cupi o malinconici e la produzione; tutti elementi l’uno al servizio dell’altro a creare un album ricco di spunti interessanti. E’ abbastanza chiaro che i tempi di “Tales From Eternal Dusk” sono passati in maniera costruttiva consegnandoci una band in salute che ha trovato il giusto compromesso tra le sue caratteristiche peculiari.

Tracklist:

01. Iconoclasm Omega
02. Self Mutilation
03. Stab Wounds
04. When 1000 Crypts Awake 
05. Despise The Living
06. A Midnight Poem
07. Rest In Oblivion
08. Vanitas…No Horizons
09. Like A Somnambulist…
10. Sleep
11. Endtime

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