Recensione: Starchaser

Di Carlo Passa - 17 Maggio 2022 - 22:22
Starchaser
Band: Starchaser
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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69

Noto per avere suonato su tre dischi dei prog metaller Tad Morose tra il 2012 e il 2019, il chitarrista svedese Kenneth Jonsson è il motore immobile dietro agli Starchaser, che annoverano nelle proprie file alcuni bei nomi della scena metallica scandinava, tra i quali l’eccellente cantante Ulrich Carlsson (già nei M.ILL.ION), autore con Jonsson dei pezzi di Starchaser, il noto batterista Johan Koleberg (Wolf, Therion, Hammerfall, tra gli altri) e il tastierista Kay Backlund (Lions Share, Nils Patrik Johansson, Impera). Il contributo di quest’ultimo è particolarmente essenziale alla riuscita del disco, dato il ruolo centrale recitato dalle tastiere nella proposta degli Starchaser, che consiste in un power/heavy dalle melodie ariose e dal riffing pesante, che non disdegna atmosfere progressive e teatrali.

Se l’opener Starchaser è un classico pezzo power dal ritornello accattivante, Tokyo è forse il brano migliore del lotto, capace di assommare alcune delle caratteristiche della creatura di Kenneth Jonsson: una bella melodia sorretta alla grande da un tappetone di tastiere e ben interpretata da una voce che più adatta al contesto non si potrebbe.
Bringer Of Evil è un cadenzato mid-tempo molto pesante che richiama da vicino i Threshold, senza sfigurare nel confronto, grazie soprattutto alla prova di Ulrich Carlsson, che fa letteralmente volare un refrain altrimenti banale.
Dead Man Walking gode di una piacevole varietà grazie all’alternanza di pesantezza e melodia tra strofa e ritornello: e qui i Tad Morose si fanno sentire. Angel Of Fear non cambia le carte in tavola e scorre senza lasciare traccia di sé, mentre I’ll Find A Way è un pezzo tastierosissimo e pieno di malinconia, in cui gli Starchaser dimostrano tutta la propria sapienza compositiva, che tuttavia continua a limitarsi a sfiorare il bersaglio dell’incisività.
Pomposo è l’avvio della successiva Day Of Judgement: teatrale, drammatica, pesante, melodica, epicheggiante, corale, si tratta di un pezzo dove la band accumula i tratti distintivi che formano la sua idea di heavy/power, in vero qui declinata in salsa più heavy che non power. Il brano è bello e sciorina tutta la qualità dei musicisti e compositori coinvolti.

Killer Of Lies è ancora una volta molto Threshold: ma questa volta la distanza di spessore compositivo dalla band britannica si fa più marcata. Battleship è power metal tanto pesante quanto inane, mentre una buona apertura melodica non salva For A Dying World da un certo grado di noia. Homeground, infine, ricorda un poco i Lords Of Black più epici e lo fa risultando credibile, in virtù di un riffing ispirato che ben si amalgama con la melodia sia del cantato che dell’assolo di chitarra.

Nel complesso, Starchaser è un buon prodotto, ben suonato da un gruppo di musicisti di tutto rispetto. Il genere proposto si discosta un poco dalla recente ortodossia metallica in campo heavy/power, insistendo particolarmente sulla presenza delle tastiere e su un approccio tra il progressivo e l’epico. Il rischio è che il disco, pur valido, passi in fretta nel dimenticatoio, andando a fare compagnia a tante altre tante uscite dai diversi gradi di qualità: sarebbe un peccato, perché Starchaser, pur non sorprendendo, regala dei piacevoli momenti di heavy/power. Potrebbe esservi un bel compagno fino al prossimo disco dei Lords Of Black o dei Threshold.

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