Recensione: Surge of Cruelty

Torna in campo Darren Cesca, batterista di Goratory, Eschaton, Pillory e Serpent Of Gnosis, per dare alle stampe, con il moniker Cytolysis, il suo secondo album in studio, “Surge of Cruelty“. Album testimone di un’attività frenetica, giacché nel caso in esame Cesca, non contento degli impegni assunti con le suddette formazioni e tante altre, si occupa di tutti gli strumenti, voce compresa, per un progetto da solista a tutti gli effetti.
Il genere, nemmeno a dirlo, è il brutal death metal. E questo poiché Cesca, da un lungo periodo, bazzica il metal estremo avendo partecipato a una lista, quasi senza fine, di band dedite anima e corpo nella suddetta foggia musicale. Con che, la crescita esponenziale di un retroterra culturale elevatissimo, punto di partenza, appunto, per la gestione di una concezione solistica.
Gestione che al Nostro appare del tutto naturale e spontanea, supportata, però, da una buona se non ottima dose di preparazione tecnica, derivante anch’essa dalla lunga militanza nel campo del ridetto brutal death metal. Con il risultato che il sound di “Surge of Cruelty” è assolutamente privo di difetti dal punto di vista professionale, pulito, percepibile in ogni sua espressione. Grazie, nondimeno, al supporto di un’etichetta specializzata come la Comatose Music.
Passando alla parte meramente artistica, il primo fatto che emerge è quello di uno stile teoricamente senza difetti, preciso nel rispettare i dettami di base del brutal senza allontanarsi da essi nemmeno di un millimetro. Quindi, growling rabbioso, soffocato da se stesso, alternato a inhale ma non troppo per una prestazione vocale adeguata alla musica, tenuto in tal caso conto dei cantanti ospiti a sostegno delle linee vocali.
Queste piuttosto complessa nel songwriting. Nel senso che i brani presentano un andamento non lineare rispetto alla classica forma-canzone. Malgrado ciò, la percezione del suono disco rimanda a numerosissime situazioni analoghe, si potrebbe dire addirittura trite e ritrite. Nel percorso, malgrado privo di nei, da “Your Slow Demise” a “Hung from the Rafters“, cioè, c’è poco che rimanga in testa, anche dopo reiterati ascolti. Sintomo di un approccio scolastico alla questione, senza che sia presente il famigerato quid in più tale da rendere il disco stesso accattivante.
L’essenza del brutal nella sua forma più pura si respira altresì nel lavoro della strumentazione. Drumming in primis. Del resto Cesca pesta le pelli per guadagnarsi da vivere per cui i pattern fungono da lievito fecondante per la citata complessità delle song. Bisogna anche dire che Darren se la cava bene pure con la chitarra, restituendo un riffing compatto, vario, che in principio dovrebbe essere la linfa vitale che scorre nel platter. E così è.
Ma, come già accennato, la volontà di aderire al brutal senza provare a inserire qualcosa di nuovo, personale, vivo, determina l’apparizione del tanto temuto tedio, il quale s’infila con relativa facilità nelle maglie dell’LP. Che, tirando le somme, non regala nulla di che agli appassionati del genere. I brani sono piatti, benché realizzati con cura, facendo sì che “Surge of Cruelty” abbia un’anima assai fine, che non possiede quello spessore necessario a rendere se non memorabile almeno interessante l’opera del tuttofare di Boston.
La menzionata scolasticità che ammorba il full-length diviene, in sostanza, la principale caratteristica peculiare di una foggia artistica come tante, che non si differenzia dalla massa. Con che, alla fin fine, la domanda che sorge spontanea è: «Perché?» Perché un artista dalla carriera soddisfacente e dal nome assai noto nell’ambiente, debba proseguire con un costrutto solista che non possiede niente di interessante, musicalmente parlando?
La risposta non si può sapere, se non altro, magari, esaminando un terzo passo, in futuro. La sensazione, però, è che “Surge of Cruelty” sia il massimo che i Cytolysis riescano a dare in pasto ai fan più accaniti del brutal death metal.
Daniele “dani66” D’Adamo
