Recensione: Svn Eater

Di Matteo Concu - 4 Febbraio 2014 - 0:42
Svn Eater
Band: Lvcifyre
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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80

 

Circa due anni fa, nella mia ultima visita all’Inferno girovagando per il castello di Belzebù, trovai qualche ritratto che lo ritraeva da giovane, con indosso una maglietta dei Deicide (l’epoca di “Legion”). Interrogato sulla faccenda, Satana rispose: «bei tempi, quel disco inconsapevolmente era una dedica alle mie gesta. Erano dei ragazzotti di cattive speranze, spezzate da quella cagata chiamata “Insineratehymn”. Ora anche gli altri miei beniamini, i Belphegor, si sono rincoglioniti tra dischi svedesi senza anima a video orripilanti con della gente che prende il volo con una scopa, muniti di schifose maschere dalle fattezze suine. I tempi gloriosi e lussuriosi di “Lucifer Incestus” sono ormai lontanissimi».

Io, allora, memore dell’ascolto fulminante di “The Calling Dephts” dei Lvcifyre uscito qualche mese prima, prendo e consiglio quest’abominevole creatura volta a rinverdire le gesta del death metal diabolico anni ‘90. Qualche settimana fa ho quindi ricevuto una mail con finale “666”, inviata sempre da lui, il mio amico Belzebù, che m’informava che l’apprezzamento per il disco consigliato. Oltre a questo mi ha fatto sapere che aveva invitato i Lvcifyre per registrare il loro secondo disco direttamente all’Inferno, una cui parte è finita sulla copertina (il suo castello in pieno inverno). Per ultima, ma non per importanza, mi ha fatto un’ultima rivelazione: quella di aver fatto da ospite in alcune tracce, oltre ad aver registrato qualche festicciola fatta nel castello da introdurre come intro per i brani. Allegato alla mail c’era presente un file *.rar da estrarre: era il promo dell’album, pronto per esser ascoltato. Dopo giorni e notte insonni di ascolti, sono pronto a parlare.

“Svn Eater” riparte, come il suo illustre predecessore, da un’invocazione, stavolta in versione dilatata e non come semplice intro. Il brano acquista uno spleen dal sapore doom rituale mischiato al brodo death metal, che ci viene sbattuto in faccia nella parte finale. Questo è solo l’inizio poiché arrivati a “Chalice Of Doom” inizia il massacro vero e proprio, tra urla indemoniate e growl ultraterreni e il continuo blastare a velocità supersoniche da parte di Menthor (sentite cosa combina in “Abstract Satan” dei Necrosadist…), capace di spingere venti infernali in ogni dove. La mattanza non sembra avere fine. Continuando l’ascolto sulla track-list, intervallata da continue invocazioni al nostro amico in comune, urla provenienti dalla bara delle streghe o da Lilith in persona, riportata in vita per l’evento, pronta a terrorizzare l’intera Umanità.

“The Sinister Calling”, brano posto in chiusura, chiude il cerchio in linea con l’opener con un canto infernale dedicato al padrone, per poi esplodere in una carneficina nucleare che piace a tutti noi adepti del sacro cvlto. Con questo tormentato finale si chiude questo secondo violentissimo e dannato disco dei Lvcifyre, che continuano a correre la giusta via che diede i (veri) natali alla musica indiavolata che tanto andava in voga in florida tra il finire degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90.

Un plauso alla Dark Descent Records, che pare sempre di più ricordare quello che combinava la Roadrunner agli albori del nostro genere preferito. Belzebù e Lvcifyre vi salutano e vi aspettano al prossimo capitolo, sempre se il sole non tornerà a sorgere.

Amen.

Matteo Concu

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